L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
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sabato 21 marzo 2015

Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. VIII Il Concilio Vaticano I e la presa di Roma

VIII.Il Concilio Vaticano I e la presa di Roma

Intanto la Francia aveva dichiarato la guerra alla Prussia il 19 luglio 1870. Fin dai primi rovesci, il Governò richiamò il Corpo Francese che era di stanza a Roma e l’imbarco cominciò il 4 agosto a Civitavecchia. Aroma nei primi giorni di settembre giunse la notizia stupefacente del disastro dell’armata francese a Sedan, la capitolazione dell’imperatore Napoleone III, che si era consegnato prigioniero nelle mani di Guglielmo I Re di Prussia, della caduta dell’Impero e della proclamazione della Repubblica a Parigi il 4 settembre 1870.
La catastrofe del regime imperiale stava per trascinare con la sua, la caduta del potere temporale del Papa. Le modeste forze pontificie, non potendo più contare sull’appoggio dell’armata francesem avrebbero ben presto trovato a constrastarle non già le bande garibaldine, ma l’esercito regolare italiano.
L’11 settembre le truppe sarde invadono gli stati della Chiesa: 70 mila uomini, appoggiati da 114 cannoni e dalla flotta reale vengono lanciati contro l’armata pontificia che contava 10.700 uomini e 40 cannoni.
Le truppe di stanza nelle province ricevono l’ordine di riunirsi a Roma.
Il tenente colonnello Charette, che era  a comando della guarnigione di Viterbo, riesce a svincolarsi dalla  morsa. Di notte, con l’aiuto di una guida sicura, esce dalla piazza con uomini, cannoni e carriagi le cui ruote erano state coscienziosamente avvolte con panni di lana. Riesce a far defilare il suo battaglione per sentieri di montagna nel più assoluto silenzio, attraverso i bivacchi dell’armata italiana. Attraversando Vetralla e Monte Romano con una marcia di 60 chilometri riesce a raggiungere Civitavecchia.
Il 14 settembre i Sardi sono in vista del porto. La sera dello stesso giorno Charette riceve l’ordine di ripiegare su Roma: fa salire il treno sette compagnie di zuavi e lui parte con la prima compagnia di deposito. Lascia a  Civitavecchia quattro copagnie agli ordini del d’Albioisse.
La piazza è attaccata il 15 mattina e capitola l’indomani.
A partire dall11 settembre era stato dichiarato lo stato d’assedio a Roma.
Il 16 il generale Cadorna chiede che gli vengano aperte le porte della città, ma la risposta è un rifiuto categorico e Cadorna prepara l’attacco.
Il gen. Kanzler aveva organizzato la difesa della città appoggiandola sulle mira aureliane e su alcune postazioni distaccate. Il tenente colonnello Charette riceve il compito di difendere la porta San Giovanni, dove prende posizione con la quinta compagnia del terzo battaglione zuavi, con i carabinieri svizzeri, con gli squadriglieri, ed una mitragliatrice e quattro pezzi da 12.
Il 20 settembre alle1,15 del mattino, l’artiglieria dell’armata italiana apre il fuoco. Ci furono scontri mortali e infine le mura Aureliane furono sfondate nei pressi di Porta Pia. Non appena si diffuse la notizia dell’attacco, i membri del corpo diplomatico, così come era stato convenuto, si radunarono in Vaticano. Pio IX li ringraziò e protestò contro l’attacco sacrilego che era stato perpetuato contro la sede Apostolica, poi fece alzare la bandiera bianca sulla cupola di San Pietro e proibì alle sue truppe di prolungare un combattimento ormai inutile.
Alle 10 del mattino, Charette e gli altri comandanti ricevettero l’ordine di cessare il fuoco. La capitolazione firmata qualche ora più tardi dai generali Cadorna e Kanzler prevedeva, fra l’altro, lo scioglimento dei Corpi stranieri, i quali sarebbero stato  al più presto rimpatriati.
Le truppe passarono la notte sotto il colonnato del Bernini in piazza San Pietro e l’indomani, 21 settembre,si incamminarono verso Civitavecchia. Nel porto i soldati si fermarono qualche giorno, divisi per nazionalità e sistemati in parte al Lazzaretto e in parte nelle prigioni.
A roma, intanto, di fronte ai problemi posti dalla conquista della città e davanti all’impossibilità per il Papa di esercitare liberamente il suo ministero, molti membri della curia avevano pensato alla partenza del Santo padre. La Spagna aveva offerto la sua ospitalità, la Gran Bretagna aveva proposto l’isola di Malta, la Francia aveva offerto la Corsica ed aveva ordinato alla fregata Orinoco comandata dal Briot, di tenersi a disposizione del Papa.
Pio IX rifiutò queste offerte e preferì considerarsi prigioniero in Vaticano. Fu così che nella rada di Civitavecchia, in mezzo alla flotta italiana, si trovava la fregata Orinoco battente bandiera francese.
Il 23 settembre 1870, il Comandante accompagnato da M. de Tallenay, console di Francia e del suo secondo, il guardiamarina Juhel, si portò al lazzaretto dove erano tenuti i pontifici di nazionalità francese. Tagliò corto alle obiezioni degli ufficiali italiani e fece salire gli zuavi ed i soldati della Legione di Antibes sulla sua fregata. Ma i 1200 passeggeri a bordo dell’Orinoco,oltre all’equipaggio, costituivano un peso considerevole, poiché la fregata non era abilita al trasporto truppe.
Briot domandò con un telegramma che il vapore postale Ilissus delle Messaggerie marittime, che copriva la rotta delle Indie a Marsiglia, fosse dirottato a Civitavecchia. Il 25settembre, domenica, dopo la messa celebrata dal cappellano sul ponte della fregata, gli zuavi si riunirono intorno al loro colonnello. Il capitano Fumel spiegò la bandiera del reggimento che aveva portato con se nascondendola fra le pieghe della cintura e gli zuavi se la divisero “ ciascuno voleva portare un frammento e conservare sul cuore questa reliquia, talismano di fede, di coraggio di onore”.
Il 27 settembre le truppe sbarcarono a Tolone e, secondo gli ordini del ministero della guerra, furono dirette su Tarascona.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)


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