sabato 21 marzo 2015
Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. VIII Il Concilio Vaticano I e la presa di Roma
VIII.Il Concilio Vaticano I e la presa di Roma
Intanto la Francia aveva
dichiarato la guerra alla Prussia il 19 luglio 1870. Fin dai primi rovesci, il
Governò richiamò il Corpo Francese che era di stanza a Roma e l’imbarco cominciò il 4
agosto a Civitavecchia. Aroma nei primi giorni di settembre giunse la notizia
stupefacente del disastro dell’armata francese a Sedan, la capitolazione
dell’imperatore Napoleone III, che si era consegnato prigioniero nelle mani di
Guglielmo I Re di Prussia, della caduta dell’Impero e della proclamazione della
Repubblica a Parigi il 4 settembre 1870.
La catastrofe del regime
imperiale stava per trascinare con la sua, la caduta del potere temporale del
Papa. Le modeste forze pontificie, non potendo più contare sull’appoggio
dell’armata francesem avrebbero ben presto trovato a constrastarle non già le
bande garibaldine, ma l’esercito regolare italiano.
L’11 settembre le truppe
sarde invadono gli stati della Chiesa: 70 mila uomini, appoggiati da 114
cannoni e dalla flotta reale vengono lanciati contro l’armata pontificia che
contava 10.700 uomini e 40 cannoni.
Le truppe di stanza nelle
province ricevono l’ordine di riunirsi a Roma.
Il tenente colonnello
Charette, che era a comando della guarnigione
di Viterbo, riesce a svincolarsi dalla
morsa. Di notte, con l’aiuto di una guida sicura, esce dalla piazza con
uomini, cannoni e carriagi le cui ruote erano state coscienziosamente avvolte
con panni di lana. Riesce a far defilare il suo battaglione per sentieri di
montagna nel più assoluto silenzio, attraverso i bivacchi dell’armata italiana.
Attraversando Vetralla e Monte Romano con una marcia di 60 chilometri riesce
a raggiungere Civitavecchia.
Il 14 settembre i Sardi
sono in vista del porto. La sera dello stesso giorno Charette riceve l’ordine
di ripiegare su Roma: fa salire il treno sette compagnie di zuavi e lui parte
con la prima compagnia di deposito. Lascia a
Civitavecchia quattro copagnie agli ordini del d’Albioisse.
La piazza è attaccata il
15 mattina e capitola l’indomani.
A partire dall11
settembre era stato dichiarato lo stato d’assedio a Roma.
Il 16 il generale Cadorna
chiede che gli vengano aperte le porte della città, ma la risposta è un rifiuto
categorico e Cadorna prepara l’attacco.
Il gen. Kanzler aveva
organizzato la difesa della città appoggiandola sulle mira aureliane e su
alcune postazioni distaccate. Il tenente colonnello Charette riceve il compito
di difendere la
porta San Giovanni , dove prende posizione con la quinta
compagnia del terzo battaglione zuavi, con i carabinieri svizzeri, con gli
squadriglieri, ed una mitragliatrice e quattro pezzi da 12.
Il 20 settembre alle1,15
del mattino, l’artiglieria dell’armata italiana apre il fuoco. Ci furono
scontri mortali e infine le mura Aureliane furono sfondate nei pressi di Porta
Pia. Non appena si diffuse la notizia dell’attacco, i membri del corpo
diplomatico, così come era stato convenuto, si radunarono in Vaticano. Pio IX
li ringraziò e protestò contro l’attacco sacrilego che era stato perpetuato
contro la sede
Apostolica , poi fece alzare la bandiera bianca sulla cupola
di San Pietro e proibì alle sue truppe di prolungare un combattimento ormai
inutile.
Alle 10 del mattino,
Charette e gli altri comandanti ricevettero l’ordine di cessare il fuoco. La
capitolazione firmata qualche ora più tardi dai generali Cadorna e Kanzler prevedeva,
fra l’altro, lo scioglimento dei Corpi stranieri, i quali sarebbero stato al più presto rimpatriati.
Le truppe passarono la
notte sotto il colonnato del Bernini in piazza San Pietro e l’indomani, 21
settembre,si incamminarono verso Civitavecchia. Nel porto i soldati si fermarono
qualche giorno, divisi per nazionalità e sistemati in parte al Lazzaretto e in
parte nelle prigioni.
Pio IX rifiutò queste
offerte e preferì considerarsi prigioniero in Vaticano. Fu così che nella rada
di Civitavecchia, in mezzo alla flotta italiana, si trovava la fregata Orinoco battente bandiera francese.
Il 23 settembre 1870, il
Comandante accompagnato da M. de Tallenay, console di Francia e del suo
secondo, il guardiamarina Juhel, si portò al lazzaretto dove erano tenuti i
pontifici di nazionalità francese. Tagliò corto alle obiezioni degli ufficiali
italiani e fece salire gli zuavi ed i soldati della Legione di Antibes sulla
sua fregata. Ma i 1200 passeggeri a bordo dell’Orinoco,oltre all’equipaggio, costituivano un peso considerevole,
poiché la fregata non era abilita al trasporto truppe.
Briot domandò con un
telegramma che il vapore postale Ilissus
delle Messaggerie marittime, che copriva la rotta delle Indie a Marsiglia,
fosse dirottato a Civitavecchia. Il 25settembre, domenica, dopo la messa celebrata
dal cappellano sul ponte della fregata, gli zuavi si riunirono intorno al loro
colonnello. Il capitano Fumel spiegò la bandiera del reggimento che aveva
portato con se nascondendola fra le pieghe della cintura e gli zuavi se la
divisero “ ciascuno voleva portare un
frammento e conservare sul cuore questa reliquia, talismano di fede, di
coraggio di onore”.
Il 27 settembre le truppe
sbarcarono a Tolone e, secondo gli ordini del ministero della guerra, furono
dirette su Tarascona.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
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