L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
II Edizione - Accademia di Oplologia e Militaria
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sabato 21 marzo 2015

Una ricerca avviata: notizie e dati sulle consorti di Atanasio de Charette

Nelle ricerche in corso per il volume Palazzo Salviati.La Storia, sono state rintracciate interessanti notizie riguardanti "Miss Polk americana che abitava con la madre ed una sorella a palazzo Salviati e sposa poi il de Charette, già tenete colonnello degli Zuavi pontifici, vedovo di una Fitz-James sorella della duchessa Salviati."
Queste notizie sono state tratte da Ugo Pesci, I primi anni di Roma Capitale", Firenze, 1907, pag. 245.
A titolo di contributo per la conoscenza e l'approfondimento di Atanasio de Charette, con i post a seguito, si pubblicato lo studio del 1995 dal titolo "Atanasio de Charette, l'ultimo crociato di Pio IX", edito dalla Postulazione per la causa di beatificazione di Pio IX.
Il testo così come riprodotto è inserito nel volume, in preparazione "Cialdini era in Osimo. riflessioni tecnico-tattiche della campagna del 1860 nelle Marche", sintesi delle lezioni di Storia Militare tenute dal sottoscritto nei vari corsi all'Istituto Superiore di Stato Maggiore interforze.

Tutto questo per venire al punto che interessa:
Si stanno facendo ricerche sulla figura di Fitz-James, sorella della duchessa Salviati, prima moglie di Atanasio de Charette, e di Miss Polk, seconda moglie del medesimo. Chi vuole partecipare alla ricerca fornendo ulteriori notizie e dati può contattare il sottoscritto (massimo.coltrinari@libero.it).
Massimo Coltrinari.



Athanase de Charette, L'ultimo crociato di Pio IX. I La famigia, i natali

I. La famiglia, i natali

La famiglia, Charette , faceva risalire le sue origine a un Jean Charette armato cavaliere da du Gueselin sul campo di battaglia di Chisey nel 1370.

Athanase Charles Maria nacque a Saint Reine, vicino Nates, il 18 settembre 1832. Suo padre col. Charette e sua madre, fedeli partigiani della duchessa di Berry, erano in fuga ed avevano alle costole la polizia di Luigi  Ferdinando. Essi avevano infatti preso parte ai disordini verificatesi  in Vandea ed avevano poi trovato rifugio presso la signora Terrien de la Haye. E’ qui che il 3 settembre 1832 madame Charette mise al mondo il figlio Athanase. Per non dare una pista alla polizia, un amico trovò per loro una nutrice  ed un ufficiale di stato civile compiacenti ed il sindaco di Sainte Reine lo dichiarò nato il 18 settembre a Sainte Reine.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

Atanasio de Charette, L'ultimo crociato di Pio IX. Il Padre col. Athanase, barone de Charette de la Contrie

II. Il padre, col. Athanase, barone de Charette de La Contrie.

Athanase, barone de Charette de la Contrie era nato il 14 gennaio 1769 nel castello della Tremissinière vicino a San Donatien. Brillante ufficiale degno in tutto e per tutto della tradizione familiare, al momento della restaurazione era entrato nelle Guardie del Corpo del re. Al ritorno al potere dell’Imperatore Napoleone , il 20 marzo 1815, egli lascia Parigi, rientra a Nantes e prende parte alle sommosse realiste dell’ovest. Dopo i “100 giorni” rientra in servizio ed il 14 gennaio 1817 è nominato capo squadrone dei cacciatori della Vandea. Il Re Luigi XVIII lo creerà barone con una lettera patente del 23 gennaio 1823 e lo nominerà “Pari del Regno”
In quello stesso 1823 era stato promosso colonnello del IV Reggimento dei Corazzieri del Berry. Con la caduta di Carlo X, il col. Charette diede le dimissioni e seguì la famiglia reale in esilio in Inghilterra. Rientrato in Francia partecipa alle lotte per la restaurazione. Sconfitta questa, Charette fu condannato a morte in contumacia e costretto all’esilio. Nel
1838 ,tuttavia, egli fu autorizzato a rientrare in Francia dove visse oramai in ritiro nel suo castello de La Contrie; qui pubblicò numerose ed interessanti opere sugli avvenimenti ai quali aveva partecipato. Morì nel castello del La Contrie il 16 marzo 1848.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)


Atanasio de Charette, L'ultimo crociato di Pio IX. III La Giovinezza


III. La Giovinezza.

Il giovane Athanase visse i suoi primi anni in esilio con i genitori e poi con loro rientrò in Francia. Da adolescente manifestò il desiderio di abbracciare la carriera delle armi. Fu il conte di Chambord a farlo iscrivere all’Ecole Militaire di Torino, che allora si ciamava Accademia Militare e che a quell’epoca era la più rinomata in Europa. Entrato nella scuola militare nel 1846, ne esce due anni più tardi con il grado di sottotenente di fanteria, ma rifiuta di prendere servizio in Piemonte.
Athanase di Charette era il nipote “putativo” del conte di Chambord questi lo raccomandò a Francesco IV che fece nominare, nel 1852, Athanase di Caharette sottotenente di un reggimento austriaco di guarnigione nel Ducato e nel 1853 lo assunse come ufficiale d’ordinanza.
Il 15 maggio 1858, alla vigilia della campagna d’Italia, Athanase de Cahrette si dimette dal servizio presso il Duca di Modena. Non voleva portare l’uniforme austriaca nel momento in cui le truppe francesi sarebbero entrate in conflitto. Il rpincipe comprese molto bene le ragioni ed colmo di attenzioni il giovane ufficiale e suo fratello Urbano che era suo ufficiale di ordinanza.

Dopo gli avvenimenti del 1859 la Santa Sede affidò a Mons. De Merode l’incarico di mettere in campo una Armata. Un appello fu lanciato a tutti i cattolici d’Europa. Athanase de Charette decise di rispondere all’appello del Papa, ma prima di aderirvi ci tenne ad avere il consenso del duca di Chambord. Questi esitò un momento a separarsi di un uomo che avrebbe potuto essergli utile, tuttavia il Principe accordò la sua piena approvazione.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

Atanasio de Charette, L'ultimo crociato di Pio IX. IV Al servizio della Santa Sede nei tiragliatori franco-belgi


V. Al servizio della Santa Sede nei tiragliatori franco-belgi

Athanase de Charette entra al servizio della Santa io 1860. In quel mese fervevano le iniziative per ampliare le unità dell’esercito Pontificio; i reclutamenti erano aperti a tutti i cattolici d’Europa, ed ogni nobile che si presentava significava avere degli Ufficiali fedeli e motivati. La prima dozzina di volontari furono raggruppati in un plotone comandato dal tenente de Charette incaricato dal gen. de La Moriciére di formare dei tiragliatori, posti al seguito del primo reggimento di stanza a Perugia. Già dal 1 giugno 1860 si era formata una compagnia forte di 70 volontari, la seconda compagnia fu pronta una settimana dopo. Ben presto il numero degli effettivi permise di formare un corpo a parte che porterà il nome di “Tiragliatori franco-belgi” Questo corpo, a se stante nella struttura ordinativa dell’Esercito pontificio del 1860 avrà il suo battesimo del fuoco il 18 settembre, inquadrato nella colonna d’attacco posto al comando del gen. de Pimodan. Riuscirà brillantemente a passare il Musone, conquistare Casa Andreani-Catena e raggiungere il piede  della collina di Monte Oro. Da qui inizio, fronte ad ovest, l’azione di risalita scontrandosi con le forze del 10° fanteria sardo. Il comportamento dei tiragliatori franco-belgi fu encomiabile  fino a qui. Ricostituitosi nel 1861, diede vita al celeberrimo corpo degli Zuavi Pontifici.
In quello stesso anno 1860 Athanase di Charette fu promosso capitano e nominato comandante della prima compagnia tiragliatori franco-belgi. Il 1 giugno 1860 Luois, conte di Becdelieve, vecchi capitano dei cacciatori a piedi dell’esercito francese, fu promosso comandante del corpo e vi impresse una rigorosa disciplina. Le prime reclute furono vestite con vecchie uniformi, le più disparate,svizzere, di fanti italiani e di cacciatori a piedi francesi. Il comandante Becdelieve, che desiderava dare ai suoi una uniforme comoda fece eseguire dei modelli. Dopo aver scritto al gen. de La Moricière, invio il cap. Charette a Roma per presentarsi a de Merode e discutere con lui l’uniforme da adottare. Il capitano tornò con una uniforme  di colore blu-azzurro splendida, che metteva in risalto il ripo biondo. De La Moricière trovò la sfumatura del colore troppo chiara e fece adottare il colore grigio  meno vistoso ma, nell’attesa, autorizzò Charette a conservare l’uniforme che aveva recato  con se. Ecco perché  Charette si battè a Castelfidardo nell’uniforme blu-azzurra  e la conserverà fino al suo ritorno a Roma, dopo essere guarito dalle sue ferite. Charette diventerà uno dei più brillanti combattenti dei tiragliatori franco-belgi, nucleo dei futuri Zuavi, truppe celeri, specializzate, che erano la risposta ai Bersaglieri, Zuavi che spesso saranno poi chiamati gli Zuavi di Charette
Nel 1860 il governo sardo forte del tacito accordo con Napoleone III aveva deciso di agire; agenti sardi furono inviati in Umbria e nelle Marche per fomentare disordini. Furono repressi a Charette fu citato all’ordine del giorno per avere, nell’agosto 1860, disperso i partigiani a Civitacastellana.
Il governo sardo, perfettamente al corrente dell’azione dei suoi agenti e molto deluso per i risultati ottenuti, protestò ufficialmente contro i “massacri commessi dai mercenari del gen. de La Moricière”  e ne chiese l’immediato licenziamento. Il segretario di Stato, Antonelli, rispose aspramente, ma
Cavour ormai aveva deciso di attaccare e non aspettò nemmeno la risposta. L’11 settembre 1860 le truppe piemontesi, agli ordini del gen. Fanti, attraversarono le frontiere dagli Stati Pontifici. E’ la campagna nelle Marche e nell’Umbria che si risolse con la conquista di Ancona il 29 settembre 1860, ovvero si attuò il passaggio delle marche dallo Stato preunitario, allo Stato nazionale.
La partecipazione del de Charette allo scontro di Castelfidardo è eroica, come vedremo più avanti. Ferito e prigionieri viene condotto prima a Genova po a Marsiglia dove viene lasciato il libertà.
Massimo Coltrinari
 (massimo.coltrinari@libero.it)

Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. VI Il ritonro a Roma e gli Zuavi Pontifici


VI. Il ritorno a Roma. Gli Zuavi pontifici

Dopo qualche settimana di cure e riposo in seno alle famiglie, la maggior parte dei franco-belgi si affrettarono a tornare a Roma; nuovi arrivati affluirono a Roma ed alla fine di dicembre 1860 l’effettivo dei franco-belgi era di 600 uomini . Il corpo dei Tiragliatori divenne, con decreto del Ministero delle Armi del 1 gennaio 1861 “Battaglioni degli Zuavi pontifici”
A seguito delle dimissione che il gen. Becdeliève presentò il 23 marzo,il comando sarebbe spettato al più anziano dei capitani e segnatamente ad Athanase de Charette. Tenendo però conto dell’età di Charette, aveva solo 28 anni, mons. De Merode nominò il maggiore Eugenie-Joseph Allet, ufficiale svizzero, comandante del battaglione. Athanase sposa a Parigi, il 19 luglio 1862, Antonietta di Fitz James, figlia del sesto duca di Fitz James, una delle famiglie più prestigliose di Francia.
De Charetteandò a presentare la sua giovane sposa al conte di Chambord, e quindi si stabilì a Roma. La felicità fu di breve durata. La baronessa de Charette morì a Roma il 22 gennaio 1865. Il servizio funebre ebbe luogo il giorno 25 nella Chiesa dei Santi Cosma e Damiano e fu officiata dallo stesso mons. De Merode, tutta l’ambasciata di Francia nonché numerosissimi zuavi presero parte ai funerali. La baronessa de Charette fu seppellita al Verano, cimitero situato sopra le catacombe di San Lorenzo, i cui scavi erano stati intrapresi da mons. De Merode con la partecipazione degli Zuavi pontifici.
Il 15 settembre 186, l’Imperatore Napoleone III concluse con il Governo Italiano un accordo conosciuto sotto il nome di “Convenzione di settembre”, con il quale il Governo si impegnava a rispettare quel che rimaneva dello Stato pontificio e a rinunciare a Roma Capitale. In cambio, le truppe francesi avrebbero lasciato Roma nel termine di due anni.
Il Governo italiano trasferì la capitale da Torino a Firenze e l’evacuazione delle truppe francesi cominciò nell’autunno del 1865. Il 25 ottobre si apprese che a Roma mons. De Merode era stato pregato dal Papa di dare le dimissioni dalla carica di Pro Ministro per le Armi e che d’ora in avanti avrebbe dovuto limitarsi a funzioni puramente ecclesiastiche. Il 27 ottobre di quello stesso anno 1865, il gen Herman Kanzler fu nominato Ministro delle Armi e comandante in capo dell’Esercito pontificio. Questo ufficiale, originario del bade, era entrato al servizio della Santa Sede nel 185; si era distinto nella difesa di Ancona nel 1860.
Il gen. Kanzler, oltre ad avere spirito combattivo, fu anche un eccellente organizzatore. Nel febbraio 1867 il battaglione  Zuavi contava 1045 uomini, vi era un plotone fuori rango di 100 ed una compagnia di deposito di 140 soldati.
Il 1 dicembre 1867 un decreto pontificio raddoppiò il Battaglione e gli diede il nome di reggimento. Eugène-Joseph Allet, promosso colonnello, ne conservò il comando, mentre Athanase de Charette fu nominato tenente colonnello, il 12  dicembre 1866. Il Governo  francese decise di potenziare l’armata pontificia prima di aver completato l’evacuazione delle sue truppe. Con decreto imperiale del 30 gennaio 1866, stabilì di costituire una legione che doveva contare 1200 uomini, volontari reclutati fra i soldati francesi. Il generale d’Aurellles de Paladines, organizzò la legione di Antibo e da questa località prenderà  successivamente il nome.
Il comando fu assunto dal colonnello d’Argy. L’organizzazione fu un lavoro lungo e paziente e, quando fu portato a termine, la legione contava tre battaglioni di tre compagnie, per un totale di 33 ufficiali e 105 uomini.

Il 9 settembre dello stesso anno, la legione fu data ufficialmente al generale pontificio Raphael de Courten. Questi legionari si comportarono ben diversamente degli Zuavi pontifici, tanto che alla data del 6 novembre 1866, 120 uomini, un decimo degli effettivi, avevano già disertato. L’evacuazione delle truppe francesi fu portata a termine il 13 dicembre 1866.

Massimo Coltrinari
 (massimo.coltrinari@libero.it)

Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. VII. L'anno di Mentana

VII.L’anno di Mentana

L’anno 1867 doveva lasciare un’impronta negli annali pontifici. Giuseppe Garibaldi, che andava predicando il suo “O Roma o Morte” aveva reclutato nuovi volontari e voleva tentare un colpo di mano su Roma. Alle frontiere degli Stati Pontifici le bande andavano organizzandosi: il 18 ottobre, in Sabina, Menotti Garibaldi figlio primogenito del generale, ed Achille Fazzari, comandante dei volontari garibaldini, ebbero modo di misurarsi tra Nerola e Montelibretti con gli zuavi pontifici comandanti dal tenente colonnello Charette. La battaglia fu violenta, Fazzari fatto prigioniero ed i garibaldini dispersi non poterono proseguire il loro cammino. Tuttavia il concentramento di volontari garibaldini proseguiva alacremente. Garibaldi riprese il comando delle forze volontarie, il 23 ottobre 1867 arriva a Passo Corese ed il giorno successivo a Monterotondo, dove occupa la stazione ferroviaria.
Il col, Charette era arrivato da Roma con i suoi Zuavi, ma prima ancora di potersi misurare in combattimento, dovette riguadagnare Roma in tutta fretta richiamato dai tragici avvenimenti accaduti nel frattempo. Lasciò a Monterotondo una piccola guarnigione agli ordini del capitano Cortes, il quale riuscì ad organizzare un’energica resistenza che ritardò di due giorni l’avanzata di Garibaldi.
A Roma, un comitato rivoluzionario, fedele a Mazzini, era riuscito ad introdurre armi e a fomentare attentati in diversi punti della città. Il 22 ottobre 1867, alle 7 di sera, una terribile esplosione fece trattenere il fiato a tutta la città. Un giovane, Giuseppe Monti, aveva dato fuoco ad un barile di polvere deposto nelle cantine della Caserma Serristori, vicino al Vaticano.
Quei terribili avvenimenti ebbero immediata ripercussione a Firenze ed a Parigi. Malgrado i rischi di un conflitto armato con il Governo Italiano, l’Imperatore Napoleone III decise, il 24 ottobre, di inviare un corpo di spedizione forte di 25.000 uomini agli ordini del gen. de Failly.
Il 29 ottobre le truppe francesi facevano la loro entrata a Roma. Garibaldi dà ordine ai suoi di concentrarsi su Tivoli e di ripiegare verso il confine. Le truppe, forti di circa 10.000 uomini, furono sorprese il 3 novembre quando la testa della colonna giunse a Mentana.
Garibaldi, accorso a Mentana, non si rese contro di avere di fronte l’armata pontificia, sostenuta dal contingente francese. I Garibaldini si fortificarono nel borgo di Mentana e nelle proprietà vicine. L’attacco fu sferrato nella tarda mattinata. Uno degli episodi più salienti della battaglia doveva essere l’assalto alla vigna Santucci, proprietà situata sulle alture di fronte a Mentana.
Gli Zuavi vanno all’assalto trascinati da Charette. Il combattimento è aspro, i Garibaldini si difendono strenuamente. La battaglia continua dentro le case della cittadina e di piano in piano. Dopo duri scontri l’occupazione della proprietà è portata a termine ed il gen. Kanzler vi stabilisce il suo quartier generale.
A quel punto il grosso delle truppe si dirige su Mentana dove i Garibaldini si erano nel frattempo attestati dietro barricate alzate nelle stradine del borgo, nelle case e nell’antica roccaforte.
Gli Zuavi, comandati da Allet e da Charette si impadroniscono delle prime case. Garibaldi decide di ritirarsi e dà il comando al figlio Menotti, il quale tenta un’ultima carta: fa uscire dalla piazza due colonne di tremila uomini ciscuna, una ai suoi ordini e l’altra agli ordini del col. Cantoni, con l’intento di intraprendere una manovra di aggiramento sulle ali. A questo punto il gen. Kanzler fa appello al gen. Polhes che, avendo ricevuto l’ordine di dar sostegno all’armata pontificia senza portare alcun attacco, si era tenuto nelle retrovie. Polhes che, avendo ricevuto l’ordine di dar sostegno all’armata pontificia senza portare alcun attacco, si era tenuto nelle retrovie. Pohles invia contro le colonne garibaldine due battaglioni, l’uno, da destra, al comando del colonnello Fremont, l’altro da sinistra al comando del tenente colonnello Saussier. Queste truppe erano armate con i nuovi fucili Chassepot che sparavamo dodici colpi al minuto.
Davanti a questo contrattacco e soprattutto alla potenza di fuoco delle armi, i Garibaldini dovettero ripiegare, lasciando sul terreno numerosi morti e feriti. Tuttavia a Mentana il castello resisteva ancora e solo l’indomani, 4 novembre 1867, la guarnigione del castello si arrese.
I garibaldini avevano perduto molti uomini tra monti e feriti, e 1500 erano stati fatti prigionieri. I Pontifici ebbero 30 morti e 103 feriti.
Era questa per la Santa Sede una vittoria incontestabile, ma fu anche l’ultima. Le truppe che avevano combattuto a Mentana fecero il loro ingresso a Roma il 6 novembre, attraverso Porta Pia. Due giorni dopo fu celebrato nella Cappella Sistina un ufficio funebre alla memoria dei soldati uccisi a Mentana. Il giorno succesivo il col. Allet indirizzava agli Zuavi un ordine del giorno che, dopo aver ricordato le fasi più drammatiche della campagna, terminava con queste parole
Tutto quello che era umanamente lecito attendersi dai cuori più energici, voi l’avete dato! E nell’ultima ora di una lotta durata 45 giorni, sul campo di battaglia che aveva cosparso di cadaveri l’armata francese, giudici incorruttibile, si è trovata lì per applaudire al vostro valore e rendervi di questo incontestabile testimonianza! Perdite dolorose hanno accompagnato il successo: il capitano de Veaux e 23 vostri compagni sono morti a Mentana, i nostri feriti riempono gli ospedali; ma il loro sangue è stato versato è stato versato per la più nobile delle cause. Questi sacrifici costituiscono il ricordo più prezioso di ogni corpo militare e avranno come conseguenza certa quella di portare alla causa papale le simpatie ed il rispetto che potranno assicurale l’avvenire!
Soldait! Nulla è ancora risolto e grandi pericoli si addensano sull’orizzonte della Chiesa. Ricordatevi! Voi non siete soltanto qualche migliaio di uomini riuniti in un reggimento:voi rappresentate nel mondo un principio, la difesa volontaria e disinteressata della Santa Sede! Voi siete il nerbo attorno al quale, nel momento del pericolo, faranno quadrato le preghiere, gli aiuti, le speranze del mondo cattolico!
Siamo dunque dei veri soldati di Dio! Il vostro non è solo un dovere; è una missione e non perverrete ad ottemperarle che attraverso l’unità, la disciplina, la condotta e l’istruzione.
Un terzo battaglione sta per essere formato, cosicchè i vostri quadri potenziandosi, assicureranno una più larga azione nelle a venire. Vi marceremo insieme al grido di Viva Pio IX”

I feriti dell’una e dell’altra parte erano stati trasportati a Roma dove medici, infermieri e cappellani militari si prodigarono nella cure del caso. Pio IX tenne a visitare i feriti d’ambo le parti: “visitare i prigionieri” ecco un’opera di carità che ilPapa amava praticare. E il suo augusto esempio fu seguito. Il col. Charette rendeva visita giornaliera sia ai feriti d’ambo le parti che ai prigionieri garibaldini. Si trattava di una vecchia abitudine. Un giorno un giovanissimo garibaldino gli disse:
Signor colonnello, io stò per morire, do che voi siete buono e vorrei domandarvi un favore.
-         Parla, lo sollecitò Charette
-         Vorrei che dopo morto la mia famiglia potesse avere almeno  il mio corpo da far riposare vicino ai miei cari.
-         E’ promesso
Charette non mancò di ottemperare alla promessa fatta al morente e questo fece gran rumore al paese del giovane garibaldino. 

Un giorno Charette ricevette una lettera del conte di Chambord che egli doveva considerare come la più preziosa delle ricompense:
Nel momento in cui, mio caro Charette, voi, i vostri confratelli e un numeroso stuolo dei nostri amici hanno combattuto e vinto per la più santa delle cause, provo il bisogno di dirvi come il mio cuore ed il mio pensiero fossero con voi, poiché, con mio gran dispiacere, non ero in grado di esservi di presenza. Grazie alla meravigliosa devozione e al coraggio sublime, la rivoluzione, per la prima volta dopo lunghi anni, è stata obbligata ad indietreggiare e, fino a questo momento, la sovranità del Santo Padre è salva. Gloria a voi e ai vostri compagni d’arme!
Coloro che sono caduti in questa eroica lotta non dovranno essere pianti: stanno ricevendo in Cielo la ricompensa per il loro generoso sacrificio; ma noi sì, li piangeremo, ricolmi di ammirazione per loro! Dite in questa occasione a tutti i valorosi accorsi a Roma da tutti gli angoli del mondo nell’ora del pericolo, che io onoro la loro eroica condotta e che li invidio. Quando a voi, avete dato prova una volta ancora di quanto degnamente portate il vostro nome. Crediate come non mai alla mia viva gratitudine ed alla mia imperitura amicizia”

Gli avvenimenti d’Italia erano seguiti giorno dopo giorno sulla stampa d’opinione. La difficile situazione e la necessità della Santa Sede, nonché il reclutamento e l’armamento degli Zuavi vi erano abbondantemente commentati. Si formarono comitati nazionali e regionali; collette per il “Dernier de Sant Pierre” e per le “Etrennes pontificiales” raccolsero somme considerevoli.
I cattolici francesi, che avevano stabilito di rinnovare l’artiglieria pontificia, diedero mandato alla frontiera di connoni di Liegi di approntare se cannoni-obici rigati. Il 19 novembre 1868, in piazza San Pietro, il tenente colonnello Charette, assistito dal signor Mollat  di Nantes e da mons. Daniel, cappellano degli zuavi, si avvicinò al Pontefice e gli consegnò ufficialmente la batteria d’artiglieria e un convoglio di ambulanze offerti dalla “Bretagna e dalla Vandea da lungo tempo sorelle, in fede e devozione.”
A Parigi il 5 dicembre 1867, il ministro Eugène Rouher dalla tribuna del Corpo legislativo , per sollecitare gli applausi della maggioranza, dice:
Noi qui dichiariamo, a nome del Governo francesi, che l’Italia non si impadronirà mai di Roma. Mai la Francia sopporterà questa violenza al suo onore ed alla sua cattolicità.”

Frattanto a Roma, Giuseppe Monti ed il suo complice Gaetano Tognetti, con un gruppo di persone che avevano avuto a che fare con esplosione della caserma Sirristori, furono arrestati. Il processo, istruito nel 1868, condannò a morte per ghigliottina Monti e Tognetti. La sentenza venne eseguita il 2 novembre di quello stesso anno.
La sera della vigilia, il col. Charette fu avvertito che bisognava predisporre il servizio per prendere il comando del distaccamento militare che doveva assistere all’esecuzione. Monti, prima della esecuzione, chiese come estremo favore di poter conferire con il col. Charette, richiesta che venne accordata. Entrato il col. Charette bella cella del condannato, questi si rivolse dicendo:
Prima di comparire davanti al tribuna ledi io, tengo a domandar eperdono agli uomini del crimine abominevole che ho commesso. Poiché voi siete il colonnello del Reggimento, vi prego di partecipare alle famiglie delle vittime il mio pentimento. Io morirò; ma non per colpa mia diretta, bensì per colpa della setta che, mio malgrado, mi ha trascinatoa questo. Povero me.”
Ad un gesto del confessore, riprese:
So bene di essere colpevole, ma voglio che il colonnello mi rassicuri che egli non me ne vuole e tanto meno il suo reggimento.”
Charette fece un gesto di diniego
Vi prego di informare tutti che la colpa è della setta! Ah, se tutti gli amici potessero sapere dove questa setta trascina! Poveretto me. E ciò che mi riempe veramente di dolore è il pensiero di quelle anime che ho trascinato davanti al tribunale del giudice supremo, senza che io abbia avuto il tempo di preparasi. Voi non me ne vorrete veramente? Allora volete abbracciarmi.”
E Charette lo abbracciò-
Pio IX con un brev del 14 novembre istituì la Croce di Mentana, detta medaglia “Fidei et Vrtuiti” per ricompensare le truppe che avevano preso parte alla battaglia. Le truppe francesi che avevano fatto sostegno all’azione dell’esercito pontificio a Mentana, avevano avuto modo di ammirare il coraggio degli zuavi e dei loro capi. Il gen. de Failly e il gen. de Polhes, così come il col. Saussir, si erano pubblicamente felicitati con gli zuavi pontifici, con i loro ufficiali ed in modo particolare con Charette. I resoconti erano unanimi ed arrivarono a Parigi. L’imperatore Napoleone III ne prese conoscenza e decise di conferire la Croce della Legion d’Onore ad alcuni ufficiali degli zuavi, cominciando proprio da Charette.
Costui fu dunque chiaato presso l’ambasciata di Francia, dove il conte Armand, primo segretario che reggeva ad interim l’ambasciata, gli domandò se era disposto ad accettare la Legion d’Onore conferitagli dall’Imperatore, assegnatagli però cone ufficiale straniero.
Charette si alzò e malgrado intuisse che stava per privare molti camerati di questo onore, non esitò a rispondere:
“In questo caso rifiuto. Sono francese e penso di essere un buon francese, se accettasi questo onore con la condizione che lei mi propone. Sarebbe un mio disonore, poiché sarebbe omologate la radiazione del mio status di francese.”
La notizia che Charette aveva rifiutato la Croce offerta dall’Imperatore si diffuse a Parigi e fu una levata di scudi nei salotti buonapartisti: nel rifiuto si volle soltanto vedere il rifiuto di una decorazione francese.
Un giorno Charette viene chiamato alla Consulta ed introdotto alla presenza di tre gesuiti che cercarono di convincerlo della necessità di accettare questa decorazione concessa ad ufficiali stranieri.
Reverendi padri- rispondeva Charette – avete certamente degli argomenti meravigliosi, ma io sono un bretone e non riuscirete certamente a farmi uscir di testa l’idea che io ho di restare francese malgrado voi,malgrado il governo imperiale e malgrado il mondo intero, se fosse necessario.”
Così come aveva annunciato il col. Allet, nel mese di novembre il reggimento degli zuavi pontifici, in seguito all’affluenza di nuove leve, fu portato a tre battaglioni di otto compagnie, pi quattro compagnie di deposito.
Il 18 dicembre 1868 con decreto pontificio il reggimento fu portato a cinque battaglioni, di cui uno di deposito. Il cap. de Saisy fu posto al comando del nuovo battaglione.
A questa data, dunque, il Corpo contava 4500 uomini ma poco dopo l’effettivo si riduceva a 3050. Da questo momento, eccenzion fatta per alcune promozioni, non vi sarano più modifiche.

Nel settembre 1870 il Corpo degli Zuavi contava 5 battaglioni, 4attivi di sei compagnie ed un deposito di 4 compagnie, in tutto 3050 uomini.

Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. VIII Il Concilio Vaticano I e la presa di Roma

VIII.Il Concilio Vaticano I e la presa di Roma

Intanto la Francia aveva dichiarato la guerra alla Prussia il 19 luglio 1870. Fin dai primi rovesci, il Governò richiamò il Corpo Francese che era di stanza a Roma e l’imbarco cominciò il 4 agosto a Civitavecchia. Aroma nei primi giorni di settembre giunse la notizia stupefacente del disastro dell’armata francese a Sedan, la capitolazione dell’imperatore Napoleone III, che si era consegnato prigioniero nelle mani di Guglielmo I Re di Prussia, della caduta dell’Impero e della proclamazione della Repubblica a Parigi il 4 settembre 1870.
La catastrofe del regime imperiale stava per trascinare con la sua, la caduta del potere temporale del Papa. Le modeste forze pontificie, non potendo più contare sull’appoggio dell’armata francesem avrebbero ben presto trovato a constrastarle non già le bande garibaldine, ma l’esercito regolare italiano.
L’11 settembre le truppe sarde invadono gli stati della Chiesa: 70 mila uomini, appoggiati da 114 cannoni e dalla flotta reale vengono lanciati contro l’armata pontificia che contava 10.700 uomini e 40 cannoni.
Le truppe di stanza nelle province ricevono l’ordine di riunirsi a Roma.
Il tenente colonnello Charette, che era  a comando della guarnigione di Viterbo, riesce a svincolarsi dalla  morsa. Di notte, con l’aiuto di una guida sicura, esce dalla piazza con uomini, cannoni e carriagi le cui ruote erano state coscienziosamente avvolte con panni di lana. Riesce a far defilare il suo battaglione per sentieri di montagna nel più assoluto silenzio, attraverso i bivacchi dell’armata italiana. Attraversando Vetralla e Monte Romano con una marcia di 60 chilometri riesce a raggiungere Civitavecchia.
Il 14 settembre i Sardi sono in vista del porto. La sera dello stesso giorno Charette riceve l’ordine di ripiegare su Roma: fa salire il treno sette compagnie di zuavi e lui parte con la prima compagnia di deposito. Lascia a  Civitavecchia quattro copagnie agli ordini del d’Albioisse.
La piazza è attaccata il 15 mattina e capitola l’indomani.
A partire dall11 settembre era stato dichiarato lo stato d’assedio a Roma.
Il 16 il generale Cadorna chiede che gli vengano aperte le porte della città, ma la risposta è un rifiuto categorico e Cadorna prepara l’attacco.
Il gen. Kanzler aveva organizzato la difesa della città appoggiandola sulle mira aureliane e su alcune postazioni distaccate. Il tenente colonnello Charette riceve il compito di difendere la porta San Giovanni, dove prende posizione con la quinta compagnia del terzo battaglione zuavi, con i carabinieri svizzeri, con gli squadriglieri, ed una mitragliatrice e quattro pezzi da 12.
Il 20 settembre alle1,15 del mattino, l’artiglieria dell’armata italiana apre il fuoco. Ci furono scontri mortali e infine le mura Aureliane furono sfondate nei pressi di Porta Pia. Non appena si diffuse la notizia dell’attacco, i membri del corpo diplomatico, così come era stato convenuto, si radunarono in Vaticano. Pio IX li ringraziò e protestò contro l’attacco sacrilego che era stato perpetuato contro la sede Apostolica, poi fece alzare la bandiera bianca sulla cupola di San Pietro e proibì alle sue truppe di prolungare un combattimento ormai inutile.
Alle 10 del mattino, Charette e gli altri comandanti ricevettero l’ordine di cessare il fuoco. La capitolazione firmata qualche ora più tardi dai generali Cadorna e Kanzler prevedeva, fra l’altro, lo scioglimento dei Corpi stranieri, i quali sarebbero stato  al più presto rimpatriati.
Le truppe passarono la notte sotto il colonnato del Bernini in piazza San Pietro e l’indomani, 21 settembre,si incamminarono verso Civitavecchia. Nel porto i soldati si fermarono qualche giorno, divisi per nazionalità e sistemati in parte al Lazzaretto e in parte nelle prigioni.
A roma, intanto, di fronte ai problemi posti dalla conquista della città e davanti all’impossibilità per il Papa di esercitare liberamente il suo ministero, molti membri della curia avevano pensato alla partenza del Santo padre. La Spagna aveva offerto la sua ospitalità, la Gran Bretagna aveva proposto l’isola di Malta, la Francia aveva offerto la Corsica ed aveva ordinato alla fregata Orinoco comandata dal Briot, di tenersi a disposizione del Papa.
Pio IX rifiutò queste offerte e preferì considerarsi prigioniero in Vaticano. Fu così che nella rada di Civitavecchia, in mezzo alla flotta italiana, si trovava la fregata Orinoco battente bandiera francese.
Il 23 settembre 1870, il Comandante accompagnato da M. de Tallenay, console di Francia e del suo secondo, il guardiamarina Juhel, si portò al lazzaretto dove erano tenuti i pontifici di nazionalità francese. Tagliò corto alle obiezioni degli ufficiali italiani e fece salire gli zuavi ed i soldati della Legione di Antibes sulla sua fregata. Ma i 1200 passeggeri a bordo dell’Orinoco,oltre all’equipaggio, costituivano un peso considerevole, poiché la fregata non era abilita al trasporto truppe.
Briot domandò con un telegramma che il vapore postale Ilissus delle Messaggerie marittime, che copriva la rotta delle Indie a Marsiglia, fosse dirottato a Civitavecchia. Il 25settembre, domenica, dopo la messa celebrata dal cappellano sul ponte della fregata, gli zuavi si riunirono intorno al loro colonnello. Il capitano Fumel spiegò la bandiera del reggimento che aveva portato con se nascondendola fra le pieghe della cintura e gli zuavi se la divisero “ ciascuno voleva portare un frammento e conservare sul cuore questa reliquia, talismano di fede, di coraggio di onore”.
Il 27 settembre le truppe sbarcarono a Tolone e, secondo gli ordini del ministero della guerra, furono dirette su Tarascona.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)


Atanasio de Charette. L'ultimo corciato di Pio IX. IX La Legione dei Volontari dell'Ovest

IX. La Legione dei Volontari dell’Ovest

A Parigi, dopo la caduta dell’Impero, i deputati repubblicani avevano fatto proclamare la repubblica e la costituzione di un “governo di difesa nazionale” sotto la presidenza del gen. Louis Trochu.
L’on. Gabetta fu incaricato dei ministeri degli interni e della guerra. Lasciò in pallone Parigi, già cinta d’assedio, per organizzare a Tours dei nuovi contingenti armati.
Il 30 settembre Charette arriva a Tours e prende contatto con Adolphe Cremieeux ed Alessandro Glais-Bison, membri del governo, per mettere a loro disposizione gli Zuavi Pontifici.
Il gen. Lefort che aveva ricevuto i pieni poteri da Gabetta, accettò l’offerta: ciascun ufficiale avrebbe ricevuto un brevetto corrispondente al suo grado, gi zuavi avrebbero mantenuto la loro uniforme ed avrebbero formato un corpo franco che, per motivi di opportunità, avrebbe portato il nome di “Legione dei Volontari dell’Ovest”.
Charette ne ricevette il comando con il grado di tenente colonnello il 7 ottobre 1870. Partecipa alle operazioni contro i tedeschi rimanendo ferito ad una gamba. Per non essere fatto prigioniero si porta a Vauve dove sarà curato e nascosto in casa di amici.
Dopo qualche settimana d cure e riposto, il col. Charette riuscì a riprendere la sua strada, rasò barba e baffi, s’acconciò con un ampia sottana nera e con amici, in carrozza ed ancora sofferente per la ferita, con un breviario in mano riuscì ad attraversare le linee prussiane. A Bourges indossò abiti civili ed il 9 gennaio arrivò a Poitiers dove ritrovò i suoi uomini al comando del capitano più anziano, Numa d’Albiousse. Questo stava riorganizzando la legione con nuove reclute e doveva condurla alla micidiale battaglia di Mans, che ebbe luogo l’11 gennaio 1871.
Il 10 gennaio Charette apprende di essere stato nominato Cavaliere della Legione d’Onore in data 9 dicembre 1870. Il 14 gennaio 1871 è promosso generale di brigata dell’armata ausiliaria e lo stesso giorno lascia Poitiers con il seconod battaglione i cui effettivi erano stati ricostituiti. Si porta a Nantes dove vengono ben presto a raggiungerlo gli altri due battaglioni ed il 24 gennaio riceve il comando di una divisione di mobilitati bretoni.
La capitolazione di Parigi e armistizio firmato il 28 gennaio 1871 vennero a sospendere le operazioni di guerra. Il ministro della guerra gen. de Cissay invio la Legione dei Volontari dell’Ovest a Rennes.
Avendo il cancelliere Bismarck preteso che la pace fosse firmata dai rappresentanti di un potere legale, il governò si trovò costretto ad indire in tutta fretta le elezioni per costituire la Assemblea nazionale.
Il gen. Charette,sollecitato da cinque dipartimenti bretoni, rifiuta; tuttavia il 2 febbraio egli fu ugualmente eletto nel dipartimento di Bouches-du-Rhone con più di 49 mila suffragi. Charette diede le dimissioni due giorni dopo, senza nemmeno coparire all’Assemblea.
Dopo la firma dei preliminari di pace il 26 febbraio 1871 tutti i Corpi Volonari furono disciolti per lasciare in vita soltanto l’armata regolare. Tuttavia al momento della insurrezione di Parigi del 18 marzo 1871 il Governo aveva domandato a Charette di ricostituire la Legione a Rennes e di dirigerla su Rambouillet. Ma il generale gli zuavi non furono più chiamati a marciare su Parigi essendo riuscita l’Armata di Versailles, dopo una settimana di duri scontri, ad abbattere la Comune il 28 maggio.
Dopo la disfatta della Comune, Thiers contattò il gen. Charette a Versailles per proporgli di entrare con il suo reggimento nell’armata francese, onde costituire un quarto reggimento di zuavi in Africa. Il generale ringraziò, anche a nome del suo reggimento,per l’onore fattogli, ma quasi tutti gli zuavi volevano restar liberi di rispondere, se fosse stato necessario, all’appello delPapa del quale indossavano ancora l’uniforme.ùIl generale desiderava consacrare la sua Legione al Sacro Cuore. Il21 maggio 1871 chiamati gli zuavi a rapporto li mette a parte del suo progetto, precisando che questa consacrazione non era obbligatoria per alcuno.
LA domenica 28 maggio, giorno di Pentecoste, tutto il reggimento riempiva la vasta cappella e perfino il cortile del seminario di Reims.
Charette che aveva indossato la sua uniforme di zuavo, con i segni distintivi del grado: un gallone in più e le stellette, stava ai piedi dell’altare, circondato dal luogotenente col.d’Albiousse e dai comandanti. Anche mons Daniel “prelato romano” era al segutio del generale in veste di sottoufficiale portabandiera.
Mons. Daniel, in ginocchio, legge la consacrazione al Sacro Cuore redatta dal gen.de Sonis; dopo si rivolse al gen. Charette.
Se i sentimenti del gen. de Sonis sono i vostri e se voi pensate che essi siano ugualmente quelli del vostro reggimento, nostro Signore nel Santo sacramento esposto sull’altare vi autorizza a parlare per dire il vostro pensiero”
Il generale rispose subito con voce forte e chiara.
“All’ombra di questa bandiera macchiata del sangue delle nostre vittime più care, io generale barone de Charette che ho il grande onore di comandarvi, consacro la Legione dei Volontari dell’Ovest, gli zuavi pontifici, al Sacro Cuore di Gesù e con la mia fede di soldato dico con tutto il cuore e vi domando di ripetere come Cuore di Gesù salvate la Francia!”
Un grido formidabile, unanime, scosse le volte della cappella facendo eco a quello di Charette “Cuore di Gesù salvate la Francia”
Il mese successivo gli ultimi corpi volontari furono sciolti. Il proscioglimento della Legione ebbe luogo a Rennes il 15 agosto 1871 con un ordine del gionro del Ministro della Guerra gen. de Cissay, che rendeva omaggio al valore degli zuavi e chiedeva loro di rimanere pronti a combattere “ i nemici di fuori e quelli interni”. Il gen. Charette diede le dimissioni quello stesso giorno.
Il generale abitava nella sua residenza della BasseMotte, con un semplice casino di caccia situato a qualche chilometro da Saint Suliac, piccolo porto sulla Rance, a due passi da Saint Servant in Bretagna. Il generale aveva preso in affitto questa proprietà.
Gli zuavi si misero d’accordo in segreto, riunirono i fondi necessari ed offrirono in dono la proprietà al loro capo. La Basse Motte divenne  “La Commanderie”: è qui che la fiamma del ricordo avrebbe bruciato, qui sarebbe stabilitolo Stato Maggiore del reggimento, sempre vivo, e qui sarebbero stati redatti i rapporti pubblicati nel bollettino l’Avan-garde stampato a Lille, presso Vicotr Ducoulombier e poi presso Henri Morel, ex zuavi.

 Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

Atanasio de Charette. L'Ultimo crociato di Pio IX. X Il Ritiro

X. Il Ritiro

Il gen. Athanase de Cahrette aveva sposato in secondo nozze a Parigi il 12 settembre 1877 Maria Antonietta Wayne van Leer Polk, giovanissima americana che aveva conosciuto a Roma Charette abbellì la Basse Motte che univa il confort di un cottage alla semplicità un po’ austera di una residenza signorle di campagna bretone. Il generale vi fece erigere una cappella le cui mura furono ricoperti dai nomi dei morti del suo reggimenti.
La moglie gli diede due figli: una femmina, Andree, nata nel castello de La Contrie il 10 marzo 1879 e qui deceduta due giorni dopo e Charles Antoine nato a Parigi il 3 luglio 1880 che prese il titolo di marchese de Charette.
Il generale e la baronessa de Charette erano molto cari alla corte pontificia. Il giovane Charles-Antoine fece la sua prima comunione a Roma nel corso di una messa celebrata proprio per lui dal Papa Leone XIII.
La situazione del successore di Pio IX di fronte ad un Governo italiano anticlericale era molto difficile. Fin dai primi mesi del suo pontificato dovette considerare le possibilità più estreme: lasciare Roma o resistere con le armi in Vaticano.
Il 25 novembre 1881 il gen. Charette scrive una circolare segreta riservata ai suoi fedeli zuavi “mi sono messo a disposizione di Sua Santità Leone XIII nel caso in cui il Papa fosse obbligato a lasciare Roma. Sua Santità ha preso atto della nostra offerta di servizio.”
Nel gennaio successivo il Papa, ricevendo in udienza un parente di Charette gli confidò “dite al generale che si tenga pronto a venirmi a difendere!”
Il 5febbraio, Raymond du Paget, vecchio tenente degli zuavi, assiste alla messa del Papa il quale conferma davanti a 40 persone “Il reggimento non è disciolto. Che si tenga pronto”
Poi i mesi passarono e cessarono gli allarmi. Leone XIII manifestava agli amici francesi ed al lor paese un vivo affetto senza dare una particolare importanza al sistema di governo. Il quel momento il Papa pensava che gli interessi della Chiesa in Francia non si rafforzassero con l’astensione politica vantata dal conte di Chambord, ma piuttoto con l’apporto delle forze cattoliche realiste al governo della repubblica.
Un giorno nel corso  di una udienza privata, che gli Charette avevano sollecitato al Papa, la baronessa domandò al Santo Padre il titolo di “conte romano” per uno dei più vecchi ufficiali del reggimento degli zuavi. Leone XIII  si nformò se il candidato fosse nobile alla qual cosa il generale scavalcando le regole del protocollo rispose:
Santo padre, penso che tutti gli zuavi che si sono battuti per la Santa Sede abbiano dato prova di nobiltà”
Bravo Charette,- rispose Leone XIII  ed accordò il titolo.

Con un Breve pontificio del 10 marzo 1891 istituì la medaglia Bene Merenti in favore degli zuavi che avevano servito per dieci anni.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. La Morte. XI

XI: La morte del gen. Charette

Il 6 agosto 1911 il generale assistette alla inaugurazione della Croix de Charette alla Chabotterie, in ricordo di Francesco Atanasio de Charette, il suo celebre antenato. Si trattò dell’ultima sua comparsa in pubblico.
Il 6 ottobre, primo venerdì del mese, assistette alla messa nella cappella della Commanderie e si comunicò. La domenica fu sul punto di morte e chiese i sacramenti. Delirò per qualche tempo, poi riprese conoscenza. Il suo sguardo che aveva guidato gli zuavi in combattimento si rianimò. Gli tornò la lucidità e gridò: “Ecco, il momento è arrivato, è il gran giorno che comincia, datemi la mia uniforme e le mie armi”
Poi ricadde ed il lunedì 9 ottobre, all’una del pomeriggio rese l’anima a Do.
I funerali furono celebrati sabato 14 ottobre nella chiesa di Chatouauneuf, parrocchia della Bassa Motte, ed il 21 fu inumato nella cripta della Chiesa di Loigny vicino al suo amico de Sonis.
 Le qualità che durante tutto il corso della sua vita Charette aveva mostrato di possedere, gli valsero l’appellativo di “Ultimo crociato”[1]



[1] Coltrinari M., Trogu A., Atanasio de Charette, l’ultimo crociato di Pio IX, estratto, Rivista Pio IX, Studi e ricerche sulla vita della Chiesa dal ‘700 ad oggi, Anno XXIV, N. 1 Gennaio-Aprile 1995, 1995

venerdì 6 marzo 2015

Il Tricolore italiano: tracciato di ricerca

da Roesle Franz, presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati riceviamo e volentieri mettiamo a disposizione

Luigi Zamboni,
 l'inventore del tricolore italiano, fu strangolato in carcere.

Cliccare su: http://www.europeana1914-1918.eu/da/europeana/record/9200203/BibliographicResource_3000093837839_source#prettyPhoto/0/




Per ulteriori approfondimenti sulle origini della bandiera tricolore:

Scheda 1
In memoriam Zamboni : l'inventore del tricolore italiano fu strangolato in carcere / G. P
Pubblicazione  [Livorno] : tip. del Corriere di Livorno, 1918
Descrizione fisica  1 foglio : b/n ; 40x31 cm
· Iniziali dell'autore in calce
· Data in testa: 23 agosto 1918
· Precede il titolo: Comitato di Propaganda Patriottica Cantiere Orlando & C. Livorno
Codice identificativo  IT\ICCU\IEI\0360363
Dove si trova
RM0255  IEI02  Biblioteca di storia moderna e contemporanea - Roma - RM

Scheda 2  
La bandiera tricolore e i primi martiri della libertà italiana / per Felice Venosta  
Pubblicazione  Milano : Nuova società editrice A. Maglia, 1869
Descrizione fisica  211 p. ; 17 cm.
Collezione 
· Biblioteca del popolo italiano ; 11
Codice identificativo  IT\ICCU\LO1\0151301 
Dove si trova 
LE0004   LEKS3   Biblioteca comunale - Alessano - LE
MI0339   LO111   Biblioteca e archivio. Civiche raccolte storiche - Milano - MI
MO0059   MODPO   Biblioteca civica d'arte Luigi Poletti - Modena - MO
PR0013   PARLE   Biblioteca comunale Michele Leoni - Fidenza - PR
PV0356   LO153   Archivio storico comunale. Fondo antico Roncalli - Vigevano - PV
RM0255   IEI02   Biblioteca di storia moderna e contemporanea - Roma - RM 


Scheda 3
I primi martiri della libertà italiana e l'origine della bandiera tricolore, o Congiura e morte di Luigi Zamboni e G. B. De Rolandis in Bologna, tratta da documenti autentici / narrata da Augusto Aglebert 

Edizione  Nuova edizione riveduta, corretta ed ampliata di note ed aggiunte dall'autore
Pubblicazione  Bologna : presso l'editore G. Mattiuzzi, stampa 1880
Descrizione fisica  141 p. ; 24 cm
Codice identificativo  IT\ICCU\TO0\0431613 
Dove si trova 
AT0004   TO044   Fondazione Biblioteca Astense - Asti - AT
BO0304   UBOGA   Biblioteca comunale dell'Archiginnasio - Bologna - BO
BO0305   UBOIR   Biblioteca dell'Istituto storico Parri Emilia-Romagna - Bologna - BO
FI0611   CFIFT   Biblioteche dell'Associazione nazionale S. Pertini e della Fondazione di studi storici F. Turati - Firenze - FI
PD0172   PUV40   Biblioteca dell'Istituto teologico S. Antonio Dottore - Padova - PD 


Codice identificativo  IT\ICCU\UBO\2168805 
Dove si trova 
BO0283   UBOGC   Biblioteca di Casa Carducci - Bologna - BO
BO0304   UBOGA   Biblioteca comunale dell'Archiginnasio - Bologna - BO
BO0311   UBORS   Biblioteca del Museo civico del Risorgimento - Bologna - BO
BO0376   UBOPG   Biblioteca d'arte e di storia di San Giorgio in Poggiale - Bologna - BO
MI0270   LO105   Biblioteca della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli - Milano - MI
TO0240   BCT01   Biblioteca civica centrale - Torino - TO
TO0328   TO086   Biblioteca del Museo nazionale del Risorgimento italiano - Torino - TO 


Scheda 4
I primi martiri della libertà italiana e l'origine della bandiera tricolore o Congiura e morte di Luigi Zamboni di Bologna e Gio. Battista De Rolandis ... / tratta da documenti autentici e narrata da Augusto Aglebert  
Pubblicazione  Bologna : stab. tip. di G. Monti, 1862
Descrizione fisica  181 p. ; 19 cm
Variante del titolo 
· Congiura e morte di Luigi Zamboni di Bologna e Gio. Battista De Rolandis.

· I primi martiri della liberta italiana.
Codice identificativo  IT\ICCU\IEI\0159787
Dove si trova 
BO0220   UBOGP   Biblioteca comunale Giulio Cesare Croce - San Giovanni in Persiceto - BO
BO0304   UBOGA   Biblioteca comunale dell'Archiginnasio - Bologna - BO
BO0311   UBORS   Biblioteca del Museo civico del Risorgimento - Bologna - BO
BO0376   UBOPG   Biblioteca d'arte e di storia di San Giorgio in Poggiale - Bologna - BO
BO0409   UBOHT   Biblioteca dell' Archivio di Stato di Bologna - Bologna - BO
BO0420   UBOSG   Biblioteca del Dipartimento di Storia Culture Civiltà - DISCI - Archivio Storico - Bologna - BO
FC0011   RAVCS   Biblioteca Malatestiana - Cesena - FC
MI0162   LO101   Biblioteca comunale centrale - Milano - MI
RM0255   IEI02   Biblioteca di storia moderna e contemporanea - Roma - RM
RM0459   RML12   Biblioteca dell'Archivio di Stato di Roma - Roma - RM
TO0280   TO009   Biblioteca della Fondazione Luigi Einaudi - Torino - TO