martedì 31 marzo 2015
sabato 21 marzo 2015
Una ricerca avviata: notizie e dati sulle consorti di Atanasio de Charette
Nelle ricerche in corso per il volume Palazzo Salviati.La Storia, sono state rintracciate interessanti notizie riguardanti "Miss Polk americana che abitava con la madre ed una sorella a palazzo Salviati e sposa poi il de Charette, già tenete colonnello degli Zuavi pontifici, vedovo di una Fitz-James sorella della duchessa Salviati."
Queste notizie sono state tratte da Ugo Pesci, I primi anni di Roma Capitale", Firenze, 1907, pag. 245.
A titolo di contributo per la conoscenza e l'approfondimento di Atanasio de Charette, con i post a seguito, si pubblicato lo studio del 1995 dal titolo "Atanasio de Charette, l'ultimo crociato di Pio IX", edito dalla Postulazione per la causa di beatificazione di Pio IX.
Il testo così come riprodotto è inserito nel volume, in preparazione "Cialdini era in Osimo. riflessioni tecnico-tattiche della campagna del 1860 nelle Marche", sintesi delle lezioni di Storia Militare tenute dal sottoscritto nei vari corsi all'Istituto Superiore di Stato Maggiore interforze.
Tutto questo per venire al punto che interessa:
Si stanno facendo ricerche sulla figura di Fitz-James, sorella della duchessa Salviati, prima moglie di Atanasio de Charette, e di Miss Polk, seconda moglie del medesimo. Chi vuole partecipare alla ricerca fornendo ulteriori notizie e dati può contattare il sottoscritto (massimo.coltrinari@libero.it).
Massimo Coltrinari.
Queste notizie sono state tratte da Ugo Pesci, I primi anni di Roma Capitale", Firenze, 1907, pag. 245.
A titolo di contributo per la conoscenza e l'approfondimento di Atanasio de Charette, con i post a seguito, si pubblicato lo studio del 1995 dal titolo "Atanasio de Charette, l'ultimo crociato di Pio IX", edito dalla Postulazione per la causa di beatificazione di Pio IX.
Il testo così come riprodotto è inserito nel volume, in preparazione "Cialdini era in Osimo. riflessioni tecnico-tattiche della campagna del 1860 nelle Marche", sintesi delle lezioni di Storia Militare tenute dal sottoscritto nei vari corsi all'Istituto Superiore di Stato Maggiore interforze.
Tutto questo per venire al punto che interessa:
Si stanno facendo ricerche sulla figura di Fitz-James, sorella della duchessa Salviati, prima moglie di Atanasio de Charette, e di Miss Polk, seconda moglie del medesimo. Chi vuole partecipare alla ricerca fornendo ulteriori notizie e dati può contattare il sottoscritto (massimo.coltrinari@libero.it).
Massimo Coltrinari.
Athanase de Charette, L'ultimo crociato di Pio IX. I La famigia, i natali
I. La famiglia, i natali
La
famiglia, Charette , faceva risalire le sue origine a un
Jean Charette armato cavaliere da du Gueselin sul campo di battaglia di Chisey
nel 1370.
Athanase Charles Maria nacque a
Saint Reine, vicino Nates, il 18 settembre 1832. Suo padre col. Charette e sua madre, fedeli partigiani della duchessa di
Berry, erano in fuga ed avevano alle costole la polizia di Luigi Ferdinando. Essi avevano infatti preso parte
ai disordini verificatesi in Vandea ed
avevano poi trovato rifugio presso la signora Terrien de
la Haye. E ’
qui che il 3 settembre 1832 madame Charette mise al mondo il figlio Athanase.
Per non dare una pista alla polizia, un amico trovò per loro una nutrice ed un ufficiale di stato civile compiacenti ed
il sindaco di Sainte Reine lo dichiarò nato il 18 settembre a Sainte Reine.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette, L'ultimo crociato di Pio IX. Il Padre col. Athanase, barone de Charette de la Contrie
II. Il padre, col. Athanase, barone de Charette de La Contrie.
Athanase, barone de
Charette de la Contrie era nato il 14 gennaio 1769 nel castello della
Tremissinière vicino a San Donatien. Brillante ufficiale degno in tutto e per
tutto della tradizione familiare, al momento della restaurazione era entrato
nelle Guardie del Corpo del re. Al ritorno al potere dell’Imperatore Napoleone
, il 20 marzo 1815, egli lascia Parigi, rientra a Nantes e prende parte alle
sommosse realiste dell’ovest. Dopo i “100 giorni” rientra in servizio ed il 14
gennaio 1817 è nominato capo squadrone dei cacciatori della Vandea. Il Re Luigi
XVIII lo creerà barone con una lettera patente del 23 gennaio 1823 e lo
nominerà “Pari del Regno”
In quello stesso 1823 era
stato promosso colonnello del IV Reggimento dei Corazzieri del Berry. Con la
caduta di Carlo X, il col. Charette diede le dimissioni e seguì la famiglia
reale in esilio in Inghilterra. Rientrato in Francia partecipa alle lotte per la restaurazione. Sconfitta
questa, Charette fu condannato a morte in contumacia e costretto all’esilio.
Nel
1838 ,tuttavia, egli fu
autorizzato a rientrare in Francia dove visse oramai in ritiro nel suo castello
de La Contrie; qui pubblicò numerose ed interessanti opere sugli avvenimenti ai
quali aveva partecipato. Morì nel castello del La Contrie il 16 marzo 1848.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette, L'ultimo crociato di Pio IX. III La Giovinezza
III. La Giovinezza.
Il giovane Athanase visse
i suoi primi anni in esilio con i genitori e poi con loro rientrò in Francia.
Da adolescente manifestò il desiderio di abbracciare la carriera delle armi. Fu
il conte di Chambord a farlo iscrivere all’Ecole Militaire di Torino, che
allora si ciamava Accademia Militare e che a quell’epoca era la più rinomata in
Europa. Entrato nella scuola militare nel 1846, ne esce due anni più tardi con
il grado di sottotenente di fanteria, ma rifiuta di prendere servizio in
Piemonte.
Athanase di Charette era
il nipote “putativo” del conte di Chambord questi lo raccomandò a Francesco IV che fece
nominare, nel 1852, Athanase di Caharette sottotenente di un reggimento
austriaco di guarnigione nel Ducato e nel 1853 lo assunse come ufficiale
d’ordinanza.
Il 15 maggio 1858, alla
vigilia della campagna d’Italia, Athanase de Cahrette si dimette dal servizio
presso il Duca di Modena. Non voleva portare l’uniforme austriaca nel momento
in cui le truppe francesi sarebbero entrate in conflitto. Il rpincipe comprese
molto bene le ragioni ed colmo di attenzioni il giovane ufficiale e suo
fratello Urbano che era suo ufficiale di ordinanza.
Dopo gli avvenimenti del
1859 la Santa Sede
affidò a Mons. De Merode l’incarico di mettere in campo una Armata. Un appello
fu lanciato a tutti i cattolici d’Europa. Athanase de Charette decise di
rispondere all’appello del Papa, ma prima di aderirvi ci tenne ad avere il
consenso del duca di Chambord. Questi esitò un momento a separarsi di un uomo
che avrebbe potuto essergli utile, tuttavia il Principe accordò la sua piena
approvazione.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette, L'ultimo crociato di Pio IX. IV Al servizio della Santa Sede nei tiragliatori franco-belgi
V. Al servizio della Santa Sede nei tiragliatori
franco-belgi
Athanase de Charette
entra al servizio della Santa io 1860. In quel mese fervevano le iniziative per
ampliare le unità dell’esercito Pontificio; i reclutamenti erano aperti a tutti
i cattolici d’Europa, ed ogni nobile che si presentava significava avere degli
Ufficiali fedeli e motivati. La prima dozzina di volontari furono raggruppati
in un plotone comandato dal tenente de Charette incaricato dal gen. de La Moriciére
di formare dei tiragliatori, posti al seguito del primo reggimento di stanza a
Perugia. Già dal 1 giugno 1860 si era formata una compagnia forte di 70 volontari,
la seconda compagnia fu pronta una settimana dopo. Ben presto il numero degli
effettivi permise di formare un corpo a parte che porterà il nome di
“Tiragliatori franco-belgi” Questo corpo, a se stante nella struttura
ordinativa dell’Esercito pontificio del 1860 avrà il suo battesimo del fuoco il
18 settembre, inquadrato nella colonna d’attacco posto al comando del gen. de
Pimodan. Riuscirà brillantemente a passare il Musone, conquistare Casa
Andreani-Catena e raggiungere il piede
della collina di Monte Oro. Da qui inizio, fronte ad ovest, l’azione di
risalita scontrandosi con le forze del 10° fanteria sardo. Il comportamento dei
tiragliatori franco-belgi fu encomiabile
fino a qui. Ricostituitosi nel 1861, diede vita al celeberrimo corpo
degli Zuavi Pontifici.
In quello stesso anno
1860 Athanase di Charette fu promosso capitano e nominato comandante della
prima compagnia tiragliatori franco-belgi. Il 1 giugno 1860 Luois, conte di
Becdelieve, vecchi capitano dei cacciatori a piedi dell’esercito francese, fu
promosso comandante del corpo e vi impresse una rigorosa disciplina. Le prime
reclute furono vestite con vecchie uniformi, le più disparate,svizzere, di
fanti italiani e di cacciatori a piedi francesi. Il comandante Becdelieve, che
desiderava dare ai suoi una uniforme comoda fece eseguire dei modelli. Dopo
aver scritto al gen. de La Moricière, invio il cap. Charette a Roma per presentarsi a de Merode
e discutere con lui l’uniforme da adottare. Il capitano tornò con una
uniforme di colore blu-azzurro
splendida, che metteva in risalto il ripo biondo. De La Moricière trovò la
sfumatura del colore troppo chiara e fece adottare il colore grigio meno vistoso ma, nell’attesa, autorizzò
Charette a conservare l’uniforme che aveva recato con se. Ecco perché Charette si battè a Castelfidardo
nell’uniforme blu-azzurra e la conserverà
fino al suo ritorno a Roma ,
dopo essere guarito dalle sue ferite. Charette diventerà uno dei più brillanti
combattenti dei tiragliatori franco-belgi, nucleo dei futuri Zuavi, truppe
celeri, specializzate, che erano la risposta ai Bersaglieri, Zuavi che spesso
saranno poi chiamati gli Zuavi di Charette
Nel 1860 il governo sardo
forte del tacito accordo con Napoleone III aveva deciso di agire; agenti sardi
furono inviati in Umbria e nelle Marche per fomentare disordini. Furono
repressi a Charette fu citato all’ordine del giorno per avere, nell’agosto
1860, disperso i partigiani a Civitacastellana.
Il governo sardo,
perfettamente al corrente dell’azione dei suoi agenti e molto deluso per i
risultati ottenuti, protestò ufficialmente contro i “massacri commessi dai mercenari del gen. de La Moricière” e ne chiese l’immediato licenziamento. Il
segretario di Stato, Antonelli, rispose aspramente, ma
Cavour ormai aveva deciso
di attaccare e non aspettò nemmeno la risposta. L ’11 settembre 1860 le truppe
piemontesi, agli ordini del gen. Fanti, attraversarono le frontiere dagli Stati
Pontifici. E’ la campagna nelle Marche e nell’Umbria che si risolse con la
conquista di Ancona il 29 settembre 1860, ovvero si attuò il passaggio delle
marche dallo Stato preunitario, allo Stato nazionale.
La partecipazione del de Charette allo scontro di
Castelfidardo è eroica, come vedremo più avanti. Ferito e prigionieri viene
condotto prima a Genova po a Marsiglia dove viene lasciato il libertà.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. VI Il ritonro a Roma e gli Zuavi Pontifici
VI. Il ritorno a Roma. Gli Zuavi pontifici
Dopo qualche settimana di
cure e riposo in seno alle famiglie, la maggior parte dei franco-belgi si
affrettarono a tornare a Roma ;
nuovi arrivati affluirono a Roma
ed alla fine di dicembre 1860 l’effettivo dei franco-belgi era di 600 uomini .
Il corpo dei Tiragliatori divenne, con decreto del Ministero delle Armi del 1
gennaio 1861 “Battaglioni degli Zuavi pontifici”
A seguito delle
dimissione che il gen. Becdeliève presentò il 23 marzo,il comando sarebbe
spettato al più anziano dei capitani e segnatamente ad Athanase de Charette.
Tenendo però conto dell’età di Charette, aveva solo 28 anni, mons. De Merode
nominò il maggiore Eugenie-Joseph Allet, ufficiale svizzero, comandante del
battaglione. Athanase sposa a Parigi, il 19 luglio 1862, Antonietta di Fitz
James, figlia del sesto duca di Fitz James, una delle famiglie più prestigliose
di Francia.
De Charetteandò a
presentare la sua giovane sposa al conte di Chambord, e quindi si stabilì a
Roma. La felicità fu di breve durata. La baronessa de Charette morì a Roma il 22 gennaio 1865. Il
servizio funebre ebbe luogo il giorno 25 nella Chiesa dei Santi Cosma e Damiano
e fu officiata dallo stesso mons. De Merode, tutta l’ambasciata di Francia nonché
numerosissimi zuavi presero parte ai funerali. La baronessa de Charette fu
seppellita al Verano, cimitero situato sopra le catacombe di San Lorenzo, i cui
scavi erano stati intrapresi da mons. De Merode con la partecipazione degli
Zuavi pontifici.
Il 15 settembre 186,
l’Imperatore Napoleone III concluse con il Governo Italiano un accordo
conosciuto sotto il nome di “Convenzione di settembre”, con il quale il Governo
si impegnava a rispettare quel che rimaneva dello Stato pontificio e a
rinunciare a Roma
Capitale. In cambio, le truppe francesi avrebbero lasciato Roma nel termine di
due anni.
Il Governo italiano
trasferì la capitale da Torino a
Firenze e l’evacuazione delle truppe francesi cominciò
nell’autunno del 1865. Il 25 ottobre si apprese che a Roma mons. De Merode era stato
pregato dal Papa di dare le dimissioni dalla carica di Pro Ministro per le Armi
e che d’ora in avanti avrebbe dovuto limitarsi a funzioni puramente ecclesiastiche.
Il 27 ottobre di quello stesso anno 1865, il gen Herman Kanzler fu nominato
Ministro delle Armi e comandante in capo dell’Esercito pontificio. Questo
ufficiale, originario del bade, era entrato al servizio della Santa Sede nel 185;
si era distinto nella difesa di Ancona nel 1860.
Il gen. Kanzler, oltre ad
avere spirito combattivo, fu anche un eccellente organizzatore. Nel febbraio
1867 il battaglione Zuavi contava 1045 uomini,
vi era un plotone fuori rango di 100 ed una compagnia di deposito di 140 soldati.
Il 1 dicembre 1867 un
decreto pontificio raddoppiò il Battaglione e gli diede il nome di reggimento.
Eugène-Joseph Allet, promosso colonnello, ne conservò il comando, mentre
Athanase de Charette fu nominato tenente colonnello, il 12 dicembre 1866. Il Governo francese decise di potenziare l’armata pontificia
prima di aver completato l’evacuazione delle sue truppe. Con decreto imperiale
del 30 gennaio 1866, stabilì di costituire una legione che doveva contare 1200
uomini, volontari reclutati fra i soldati francesi. Il generale d’Aurellles de
Paladines, organizzò la legione di Antibo e da questa località prenderà successivamente il nome.
Il comando fu assunto dal
colonnello d’Argy. L’organizzazione fu un lavoro lungo e paziente e, quando fu
portato a termine, la legione contava tre battaglioni di tre compagnie, per un
totale di 33 ufficiali e 105 uomini.
Il 9 settembre dello
stesso anno, la legione fu data ufficialmente al generale pontificio Raphael de
Courten. Questi legionari si comportarono ben diversamente degli Zuavi
pontifici, tanto che alla data del 6 novembre 1866, 120 uomini, un decimo degli
effettivi, avevano già disertato. L’evacuazione delle truppe francesi fu
portata a termine il 13 dicembre 1866.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. VII. L'anno di Mentana
VII.L’anno di Mentana
L’anno 1867 doveva
lasciare un’impronta negli annali pontifici. Giuseppe Garibaldi, che andava
predicando il suo “O Roma o Morte” aveva reclutato nuovi volontari e voleva
tentare un colpo di mano su Roma. Alle frontiere degli Stati Pontifici le bande
andavano organizzandosi: il 18 ottobre, in Sabina, Menotti Garibaldi figlio
primogenito del generale, ed Achille Fazzari, comandante dei volontari
garibaldini, ebbero modo di misurarsi tra Nerola e Montelibretti con gli zuavi
pontifici comandanti dal tenente colonnello Charette. La battaglia fu violenta,
Fazzari fatto prigioniero ed i garibaldini dispersi non poterono proseguire il
loro cammino. Tuttavia il concentramento di volontari garibaldini proseguiva
alacremente. Garibaldi riprese il comando delle forze volontarie, il 23 ottobre
1867 arriva a Passo Corese ed il giorno successivo a Monterotondo, dove occupa
la stazione ferroviaria.
Il col, Charette era
arrivato da Roma con i suoi Zuavi, ma prima ancora di potersi misurare in
combattimento, dovette riguadagnare Roma in tutta fretta richiamato dai tragici
avvenimenti accaduti nel frattempo. Lasciò a Monterotondo una piccola
guarnigione agli ordini del capitano Cortes, il quale riuscì ad organizzare
un’energica resistenza che ritardò di due giorni l’avanzata di Garibaldi.
Quei terribili
avvenimenti ebbero immediata ripercussione a Firenze ed a Parigi. Malgrado i rischi di un
conflitto armato con il Governo Italiano, l’Imperatore Napoleone III decise, il
24 ottobre, di inviare un corpo di spedizione forte di 25.000 uomini agli
ordini del gen. de Failly.
Il 29 ottobre le truppe
francesi facevano la loro entrata a Roma. Garibaldi dà ordine ai suoi di
concentrarsi su Tivoli e di ripiegare verso il confine. Le truppe, forti di
circa 10.000 uomini, furono sorprese il 3 novembre quando la testa della
colonna giunse a Mentana.
Garibaldi, accorso a
Mentana, non si rese contro di avere di fronte l’armata pontificia, sostenuta
dal contingente francese. I Garibaldini si fortificarono nel borgo di Mentana e
nelle proprietà vicine. L’attacco fu sferrato nella tarda mattinata. Uno degli
episodi più salienti della battaglia doveva essere l’assalto alla vigna
Santucci, proprietà situata sulle alture di fronte a Mentana.
Gli Zuavi vanno
all’assalto trascinati da Charette. Il combattimento è aspro, i Garibaldini si
difendono strenuamente. La battaglia continua dentro le case della cittadina e
di piano in piano. Dopo duri scontri l’occupazione della proprietà è portata a
termine ed il gen. Kanzler vi stabilisce il suo quartier generale.
A quel punto il grosso
delle truppe si dirige su Mentana dove i Garibaldini si erano nel frattempo
attestati dietro barricate alzate nelle stradine del borgo, nelle case e
nell’antica roccaforte.
Gli Zuavi, comandati da
Allet e da Charette si impadroniscono delle prime case. Garibaldi decide di
ritirarsi e dà il comando al figlio Menotti, il quale tenta un’ultima carta: fa
uscire dalla piazza due colonne di tremila uomini ciscuna, una ai suoi ordini e
l’altra agli ordini del col. Cantoni, con l’intento di intraprendere una
manovra di aggiramento sulle ali. A questo punto il gen. Kanzler fa appello al
gen. Polhes che, avendo ricevuto l’ordine di dar sostegno all’armata pontificia
senza portare alcun attacco, si era tenuto nelle retrovie. Polhes che, avendo
ricevuto l’ordine di dar sostegno all’armata pontificia senza portare alcun attacco,
si era tenuto nelle retrovie. Pohles invia contro le colonne garibaldine due
battaglioni, l’uno, da destra, al comando del colonnello Fremont, l’altro da
sinistra al comando del tenente colonnello Saussier. Queste truppe erano armate
con i nuovi fucili Chassepot che sparavamo dodici colpi al minuto.
Davanti a questo
contrattacco e soprattutto alla potenza di fuoco delle armi, i Garibaldini
dovettero ripiegare, lasciando sul terreno numerosi morti e feriti. Tuttavia a
Mentana il castello resisteva ancora e solo l’indomani, 4 novembre 1867, la
guarnigione del castello si arrese.
I garibaldini avevano
perduto molti uomini tra monti e feriti, e 1500 erano stati fatti prigionieri.
I Pontifici ebbero 30 morti e 103 feriti.
Era questa per la Santa Sede una vittoria
incontestabile, ma fu anche l’ultima. Le truppe che avevano combattuto a
Mentana fecero il loro ingresso a
Roma il 6 novembre, attraverso Porta Pia. Due giorni dopo fu
celebrato nella Cappella Sistina un ufficio funebre alla memoria dei soldati
uccisi a Mentana. Il giorno succesivo il col. Allet indirizzava agli Zuavi un
ordine del giorno che, dopo aver ricordato le fasi più drammatiche della
campagna, terminava con queste parole
“Tutto quello che era umanamente lecito attendersi dai cuori più
energici, voi l’avete dato! E nell’ultima ora di una lotta durata 45 giorni,
sul campo di battaglia che aveva cosparso di cadaveri l’armata francese,
giudici incorruttibile, si è trovata lì per applaudire al vostro valore e
rendervi di questo incontestabile testimonianza! Perdite dolorose hanno
accompagnato il successo: il capitano de Veaux e 23 vostri compagni sono morti
a Mentana, i nostri feriti riempono gli ospedali; ma il loro sangue è stato versato
è stato versato per la più nobile delle cause. Questi sacrifici costituiscono
il ricordo più prezioso di ogni corpo militare e avranno come conseguenza certa
quella di portare alla causa papale le simpatie ed il rispetto che potranno
assicurale l’avvenire!
Soldait! Nulla è ancora risolto e grandi pericoli si
addensano sull’orizzonte della Chiesa. Ricordatevi! Voi non siete soltanto
qualche migliaio di uomini riuniti in un reggimento:voi rappresentate nel mondo
un principio, la difesa volontaria e disinteressata della Santa Sede! Voi siete
il nerbo attorno al quale, nel momento del pericolo, faranno quadrato le preghiere,
gli aiuti, le speranze del mondo cattolico!
Siamo dunque dei veri soldati di Dio! Il vostro non è
solo un dovere; è una missione e non perverrete ad ottemperarle che attraverso
l’unità, la disciplina, la condotta e l’istruzione.
Un terzo battaglione sta per essere formato, cosicchè i
vostri quadri potenziandosi, assicureranno una più larga azione nelle a venire.
Vi marceremo insieme al grido di Viva Pio IX”
I feriti dell’una e
dell’altra parte erano stati trasportati a Roma dove medici, infermieri e cappellani militari
si prodigarono nella cure del caso. Pio IX tenne a visitare i feriti d’ambo le
parti: “visitare i prigionieri” ecco un’opera di carità che ilPapa amava
praticare. E il suo augusto esempio fu seguito. Il col. Charette rendeva visita
giornaliera sia ai feriti d’ambo le parti che ai prigionieri garibaldini. Si
trattava di una vecchia abitudine. Un giorno un giovanissimo garibaldino gli
disse:
“Signor colonnello, io stò per morire, do che voi siete buono e vorrei
domandarvi un favore.
-
Parla, lo sollecitò Charette
-
Vorrei che dopo morto la mia famiglia potesse avere almeno il mio corpo da far riposare vicino ai miei
cari.
-
E’ promesso
Charette non mancò di
ottemperare alla promessa fatta al morente e questo fece gran rumore al paese
del giovane garibaldino.
Un giorno Charette
ricevette una lettera del conte di Chambord che egli doveva considerare come la
più preziosa delle ricompense:
“Nel momento in cui, mio caro Charette, voi, i vostri confratelli e un
numeroso stuolo dei nostri amici hanno combattuto e vinto per la più santa
delle cause, provo il bisogno di dirvi come il mio cuore ed il mio pensiero
fossero con voi, poiché, con mio gran dispiacere, non ero in grado di esservi
di presenza. Grazie alla meravigliosa devozione e al coraggio sublime, la
rivoluzione, per la prima volta dopo lunghi anni, è stata obbligata ad
indietreggiare e, fino a questo momento, la sovranità del Santo Padre è salva.
Gloria a voi e ai vostri compagni d’arme!
Coloro che sono caduti in questa eroica lotta non dovranno
essere pianti: stanno ricevendo in Cielo la ricompensa per il loro generoso
sacrificio; ma noi sì, li piangeremo, ricolmi di ammirazione per loro! Dite in
questa occasione a tutti i valorosi accorsi a Roma da tutti gli angoli del mondo nell’ora del pericolo,
che io onoro la loro eroica condotta e che li invidio. Quando a voi, avete dato
prova una volta ancora di quanto degnamente portate il vostro nome. Crediate
come non mai alla mia viva gratitudine ed alla mia imperitura amicizia”
Gli avvenimenti d’Italia
erano seguiti giorno dopo giorno sulla stampa d’opinione. La difficile
situazione e la necessità della Santa Sede, nonché il reclutamento e
l’armamento degli Zuavi vi erano abbondantemente commentati. Si formarono
comitati nazionali e regionali; collette per il “Dernier de Sant Pierre” e per
le “Etrennes pontificiales” raccolsero somme considerevoli.
I cattolici francesi, che
avevano stabilito di rinnovare l’artiglieria pontificia, diedero mandato alla
frontiera di connoni di Liegi di approntare se cannoni-obici rigati. Il 19 novembre
1868, in
piazza San Pietro, il tenente colonnello Charette, assistito dal signor
Mollat di Nantes e da mons. Daniel,
cappellano degli zuavi, si avvicinò al Pontefice e gli consegnò ufficialmente
la batteria d’artiglieria e un convoglio di ambulanze offerti dalla “Bretagna e
dalla Vandea da lungo tempo sorelle, in fede e devozione.”
A Parigi il 5 dicembre
1867, il ministro Eugène Rouher dalla tribuna del Corpo legislativo , per
sollecitare gli applausi della maggioranza, dice:
“Noi qui dichiariamo, a nome del Governo francesi, che l’Italia non si
impadronirà mai di Roma. Mai la Francia sopporterà questa violenza al suo onore
ed alla sua cattolicità.”
Frattanto a Roma , Giuseppe Monti ed il suo
complice Gaetano Tognetti, con un gruppo di persone che avevano avuto a che
fare con esplosione della caserma Sirristori, furono arrestati. Il processo,
istruito nel 1868, condannò a morte per ghigliottina Monti e Tognetti. La
sentenza venne eseguita il 2 novembre di quello stesso anno.
La sera della vigilia, il
col. Charette fu avvertito che bisognava predisporre il servizio per prendere
il comando del distaccamento militare che doveva assistere all’esecuzione.
Monti, prima della esecuzione, chiese come estremo favore di poter conferire
con il col. Charette, richiesta che venne accordata. Entrato il col. Charette
bella cella del condannato, questi si rivolse dicendo:
“Prima di comparire davanti al tribuna ledi io, tengo a domandar
eperdono agli uomini del crimine abominevole che ho commesso. Poiché voi siete
il colonnello del Reggimento, vi prego di partecipare alle famiglie delle
vittime il mio pentimento. Io morirò; ma non per colpa mia diretta, bensì per
colpa della setta che, mio malgrado, mi ha trascinatoa questo. Povero me.”
Ad un gesto del
confessore, riprese:
“So bene di essere colpevole, ma voglio che il colonnello mi rassicuri
che egli non me ne vuole e tanto meno il suo reggimento.”
Charette fece un gesto di
diniego
“Vi prego di informare tutti che la colpa è della setta! Ah, se tutti
gli amici potessero sapere dove questa setta trascina! Poveretto me. E ciò che
mi riempe veramente di dolore è il pensiero di quelle anime che ho trascinato
davanti al tribunale del giudice supremo, senza che io abbia avuto il tempo di
preparasi. Voi non me ne vorrete veramente? Allora volete abbracciarmi.”
E Charette lo abbracciò-
Pio IX con un brev del 14
novembre istituì la Croce di Mentana, detta medaglia “Fidei et Vrtuiti” per
ricompensare le truppe che avevano preso parte alla battaglia. Le truppe
francesi che avevano fatto sostegno all’azione dell’esercito pontificio a
Mentana, avevano avuto modo di ammirare il coraggio degli zuavi e dei loro
capi. Il gen. de Failly e il gen. de Polhes, così come il col. Saussir, si
erano pubblicamente felicitati con gli zuavi pontifici, con i loro ufficiali ed
in modo particolare con Charette. I resoconti erano unanimi ed arrivarono a
Parigi. L’imperatore Napoleone III ne prese conoscenza e decise di conferire la
Croce della Legion d’Onore ad alcuni ufficiali degli zuavi, cominciando proprio
da Charette.
Costui fu dunque chiaato
presso l’ambasciata di Francia, dove il conte Armand, primo segretario che
reggeva ad interim l’ambasciata, gli domandò se era disposto ad accettare la
Legion d’Onore conferitagli dall’Imperatore, assegnatagli però cone ufficiale
straniero.
Charette si alzò e
malgrado intuisse che stava per privare molti camerati di questo onore, non
esitò a rispondere:
“In questo caso rifiuto. Sono francese e penso di
essere un buon francese, se accettasi questo onore con la condizione che lei mi
propone. Sarebbe un mio disonore, poiché sarebbe omologate la radiazione del mio
status di francese.”
La notizia che Charette
aveva rifiutato la Croce offerta dall’Imperatore si diffuse a Parigi e fu una
levata di scudi nei salotti buonapartisti: nel rifiuto si volle soltanto vedere
il rifiuto di una decorazione francese.
Un giorno Charette viene
chiamato alla Consulta ed introdotto alla presenza di tre gesuiti che cercarono
di convincerlo della necessità di accettare questa decorazione concessa ad
ufficiali stranieri.
“Reverendi padri- rispondeva Charette – avete certamente degli argomenti meravigliosi, ma io sono un bretone
e non riuscirete certamente a farmi uscir
di testa l’idea che io ho di restare francese malgrado voi,malgrado il governo
imperiale e malgrado il mondo intero, se fosse necessario.”
Così come aveva
annunciato il col. Allet, nel mese di novembre il reggimento degli zuavi
pontifici, in seguito all’affluenza di nuove leve, fu portato a tre battaglioni
di otto compagnie, pi quattro compagnie di deposito.
Il 18 dicembre 1868 con
decreto pontificio il reggimento fu portato a cinque battaglioni, di cui uno di
deposito. Il cap. de Saisy fu posto al comando del nuovo battaglione.
A questa data, dunque, il
Corpo contava 4500 uomini ma poco dopo l’effettivo si riduceva a 3050. Da
questo momento, eccenzion fatta per alcune promozioni, non vi sarano più
modifiche.
Nel settembre 1870 il
Corpo degli Zuavi contava 5 battaglioni, 4attivi di sei compagnie ed un deposito
di 4 compagnie, in tutto 3050 uomini.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. VIII Il Concilio Vaticano I e la presa di Roma
VIII.Il Concilio Vaticano I e la presa di Roma
Intanto la Francia aveva
dichiarato la guerra alla Prussia il 19 luglio 1870. Fin dai primi rovesci, il
Governò richiamò il Corpo Francese che era di stanza a Roma e l’imbarco cominciò il 4
agosto a Civitavecchia. Aroma nei primi giorni di settembre giunse la notizia
stupefacente del disastro dell’armata francese a Sedan, la capitolazione
dell’imperatore Napoleone III, che si era consegnato prigioniero nelle mani di
Guglielmo I Re di Prussia, della caduta dell’Impero e della proclamazione della
Repubblica a Parigi il 4 settembre 1870.
La catastrofe del regime
imperiale stava per trascinare con la sua, la caduta del potere temporale del
Papa. Le modeste forze pontificie, non potendo più contare sull’appoggio
dell’armata francesem avrebbero ben presto trovato a constrastarle non già le
bande garibaldine, ma l’esercito regolare italiano.
L’11 settembre le truppe
sarde invadono gli stati della Chiesa: 70 mila uomini, appoggiati da 114
cannoni e dalla flotta reale vengono lanciati contro l’armata pontificia che
contava 10.700 uomini e 40 cannoni.
Le truppe di stanza nelle
province ricevono l’ordine di riunirsi a Roma.
Il tenente colonnello
Charette, che era a comando della guarnigione
di Viterbo, riesce a svincolarsi dalla
morsa. Di notte, con l’aiuto di una guida sicura, esce dalla piazza con
uomini, cannoni e carriagi le cui ruote erano state coscienziosamente avvolte
con panni di lana. Riesce a far defilare il suo battaglione per sentieri di
montagna nel più assoluto silenzio, attraverso i bivacchi dell’armata italiana.
Attraversando Vetralla e Monte Romano con una marcia di 60 chilometri riesce
a raggiungere Civitavecchia.
Il 14 settembre i Sardi
sono in vista del porto. La sera dello stesso giorno Charette riceve l’ordine
di ripiegare su Roma: fa salire il treno sette compagnie di zuavi e lui parte
con la prima compagnia di deposito. Lascia a
Civitavecchia quattro copagnie agli ordini del d’Albioisse.
La piazza è attaccata il
15 mattina e capitola l’indomani.
A partire dall11
settembre era stato dichiarato lo stato d’assedio a Roma.
Il 16 il generale Cadorna
chiede che gli vengano aperte le porte della città, ma la risposta è un rifiuto
categorico e Cadorna prepara l’attacco.
Il gen. Kanzler aveva
organizzato la difesa della città appoggiandola sulle mira aureliane e su
alcune postazioni distaccate. Il tenente colonnello Charette riceve il compito
di difendere la
porta San Giovanni , dove prende posizione con la quinta
compagnia del terzo battaglione zuavi, con i carabinieri svizzeri, con gli
squadriglieri, ed una mitragliatrice e quattro pezzi da 12.
Il 20 settembre alle1,15
del mattino, l’artiglieria dell’armata italiana apre il fuoco. Ci furono
scontri mortali e infine le mura Aureliane furono sfondate nei pressi di Porta
Pia. Non appena si diffuse la notizia dell’attacco, i membri del corpo
diplomatico, così come era stato convenuto, si radunarono in Vaticano. Pio IX
li ringraziò e protestò contro l’attacco sacrilego che era stato perpetuato
contro la sede
Apostolica , poi fece alzare la bandiera bianca sulla cupola
di San Pietro e proibì alle sue truppe di prolungare un combattimento ormai
inutile.
Alle 10 del mattino,
Charette e gli altri comandanti ricevettero l’ordine di cessare il fuoco. La
capitolazione firmata qualche ora più tardi dai generali Cadorna e Kanzler prevedeva,
fra l’altro, lo scioglimento dei Corpi stranieri, i quali sarebbero stato al più presto rimpatriati.
Le truppe passarono la
notte sotto il colonnato del Bernini in piazza San Pietro e l’indomani, 21
settembre,si incamminarono verso Civitavecchia. Nel porto i soldati si fermarono
qualche giorno, divisi per nazionalità e sistemati in parte al Lazzaretto e in
parte nelle prigioni.
Pio IX rifiutò queste
offerte e preferì considerarsi prigioniero in Vaticano. Fu così che nella rada
di Civitavecchia, in mezzo alla flotta italiana, si trovava la fregata Orinoco battente bandiera francese.
Il 23 settembre 1870, il
Comandante accompagnato da M. de Tallenay, console di Francia e del suo
secondo, il guardiamarina Juhel, si portò al lazzaretto dove erano tenuti i
pontifici di nazionalità francese. Tagliò corto alle obiezioni degli ufficiali
italiani e fece salire gli zuavi ed i soldati della Legione di Antibes sulla
sua fregata. Ma i 1200 passeggeri a bordo dell’Orinoco,oltre all’equipaggio, costituivano un peso considerevole,
poiché la fregata non era abilita al trasporto truppe.
Briot domandò con un
telegramma che il vapore postale Ilissus
delle Messaggerie marittime, che copriva la rotta delle Indie a Marsiglia,
fosse dirottato a Civitavecchia. Il 25settembre, domenica, dopo la messa celebrata
dal cappellano sul ponte della fregata, gli zuavi si riunirono intorno al loro
colonnello. Il capitano Fumel spiegò la bandiera del reggimento che aveva
portato con se nascondendola fra le pieghe della cintura e gli zuavi se la
divisero “ ciascuno voleva portare un
frammento e conservare sul cuore questa reliquia, talismano di fede, di
coraggio di onore”.
Il 27 settembre le truppe
sbarcarono a Tolone e, secondo gli ordini del ministero della guerra, furono
dirette su Tarascona.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette. L'ultimo corciato di Pio IX. IX La Legione dei Volontari dell'Ovest
IX. La Legione dei Volontari dell’Ovest
A Parigi, dopo la caduta
dell’Impero, i deputati repubblicani avevano fatto proclamare la repubblica e
la costituzione di un “governo di difesa nazionale” sotto la presidenza del
gen. Louis Trochu.
L’on. Gabetta fu
incaricato dei ministeri degli interni e della guerra. Lasciò in pallone
Parigi, già cinta d’assedio, per organizzare a Tours dei nuovi contingenti
armati.
Il 30 settembre Charette
arriva a Tours e prende contatto con Adolphe Cremieeux ed Alessandro
Glais-Bison, membri del governo, per mettere a loro disposizione gli Zuavi Pontifici.
Il gen. Lefort che aveva
ricevuto i pieni poteri da Gabetta, accettò l’offerta: ciascun ufficiale
avrebbe ricevuto un brevetto corrispondente al suo grado, gi zuavi avrebbero mantenuto
la loro uniforme ed avrebbero formato un corpo franco che, per motivi di
opportunità, avrebbe portato il nome di “Legione dei Volontari dell’Ovest”.
Charette ne ricevette il
comando con il grado di tenente colonnello il 7 ottobre 1870. Partecipa alle
operazioni contro i tedeschi rimanendo ferito ad una gamba. Per non essere
fatto prigioniero si porta a Vauve dove sarà curato e nascosto in casa di
amici.
Dopo qualche settimana d
cure e riposto, il col. Charette riuscì a riprendere la sua strada, rasò barba
e baffi, s’acconciò con un ampia sottana nera e con amici, in carrozza ed
ancora sofferente per la ferita, con un breviario in mano riuscì ad attraversare
le linee prussiane. A Bourges indossò abiti civili ed il 9 gennaio arrivò a
Poitiers dove ritrovò i suoi uomini al comando del capitano più anziano, Numa
d’Albiousse. Questo stava riorganizzando la legione con nuove reclute e doveva
condurla alla micidiale battaglia di Mans, che ebbe luogo l’11 gennaio 1871.
Il 10 gennaio Charette
apprende di essere stato nominato Cavaliere della Legione d’Onore in data 9
dicembre 1870. Il 14 gennaio 1871 è promosso generale di brigata dell’armata
ausiliaria e lo stesso giorno lascia Poitiers con il seconod battaglione i cui
effettivi erano stati ricostituiti. Si porta a Nantes dove vengono ben presto a
raggiungerlo gli altri due battaglioni ed il 24 gennaio riceve il comando di
una divisione di mobilitati bretoni.
La capitolazione di
Parigi e armistizio firmato il 28 gennaio 1871 vennero a sospendere le
operazioni di guerra. Il ministro della guerra gen. de Cissay invio la Legione
dei Volontari dell’Ovest a Rennes.
Avendo il cancelliere
Bismarck preteso che la pace fosse firmata dai rappresentanti di un potere
legale, il governò si trovò costretto ad indire in tutta fretta le elezioni per
costituire la Assemblea nazionale.
Il gen.
Charette,sollecitato da cinque dipartimenti bretoni, rifiuta; tuttavia il 2
febbraio egli fu ugualmente eletto nel dipartimento di Bouches-du-Rhone con più
di 49 mila suffragi. Charette diede le dimissioni due giorni dopo, senza
nemmeno coparire all’Assemblea.
Dopo la firma dei
preliminari di pace il 26 febbraio 1871 tutti i Corpi Volonari furono disciolti
per lasciare in vita soltanto l’armata regolare. Tuttavia al momento della
insurrezione di Parigi del 18 marzo 1871 il Governo aveva domandato a Charette
di ricostituire la Legione a Rennes e di dirigerla su Rambouillet. Ma il
generale gli zuavi non furono più chiamati a marciare su Parigi essendo
riuscita l’Armata di Versailles, dopo una settimana di duri scontri, ad
abbattere la Comune il 28 maggio.
Dopo la disfatta della
Comune, Thiers contattò il gen. Charette a Versailles per proporgli di entrare
con il suo reggimento nell’armata francese, onde costituire un quarto
reggimento di zuavi in Africa. Il generale ringraziò, anche a nome del suo
reggimento,per l’onore fattogli, ma quasi tutti gli zuavi volevano restar
liberi di rispondere, se fosse stato necessario, all’appello delPapa del quale
indossavano ancora l’uniforme.ùIl generale desiderava consacrare la sua Legione al Sacro
Cuore. Il21 maggio 1871 chiamati gli zuavi a rapporto li mette a parte del suo
progetto, precisando che questa consacrazione non era obbligatoria per alcuno.
LA domenica 28 maggio,
giorno di Pentecoste, tutto il reggimento riempiva la vasta cappella e perfino
il cortile del seminario di Reims.
Charette che aveva
indossato la sua uniforme di zuavo, con i segni distintivi del grado: un
gallone in più e le stellette, stava ai piedi dell’altare, circondato dal
luogotenente col.d’Albiousse e dai comandanti. Anche mons Daniel “prelato
romano” era al segutio del generale in veste di sottoufficiale portabandiera.
Mons. Daniel, in
ginocchio, legge la consacrazione al Sacro Cuore redatta dal gen.de Sonis; dopo
si rivolse al gen. Charette.
“Se i sentimenti del gen. de Sonis sono i vostri e se voi pensate che
essi siano ugualmente quelli del vostro reggimento, nostro Signore nel Santo
sacramento esposto sull’altare vi autorizza a parlare per dire il vostro
pensiero”
Il generale rispose
subito con voce forte e chiara.
“All’ombra di questa bandiera macchiata del sangue
delle nostre vittime più care, io generale barone de Charette che ho il grande
onore di comandarvi, consacro la Legione dei Volontari dell’Ovest, gli zuavi
pontifici, al Sacro Cuore di Gesù e con la mia fede di soldato dico con tutto
il cuore e vi domando di ripetere come Cuore di Gesù salvate la Francia!”
Un grido formidabile,
unanime, scosse le volte della cappella facendo eco a quello di Charette “Cuore di Gesù salvate la Francia”
Il mese successivo gli
ultimi corpi volontari furono sciolti. Il proscioglimento della Legione ebbe
luogo a Rennes il 15 agosto 1871 con un ordine del gionro del Ministro della
Guerra gen. de Cissay, che rendeva omaggio al valore degli zuavi e chiedeva
loro di rimanere pronti a combattere “ i nemici di fuori e quelli interni”. Il
gen. Charette diede le dimissioni quello stesso giorno.
Il generale abitava nella
sua residenza della BasseMotte, con un semplice casino di caccia situato a
qualche chilometro da Saint Suliac, piccolo porto sulla Rance, a due passi da
Saint Servant in Bretagna. Il generale aveva preso in affitto questa proprietà.
Gli zuavi si misero
d’accordo in segreto, riunirono i fondi necessari ed offrirono in dono la
proprietà al loro capo. La
Basse Motte divenne
“La Commanderie”: è qui che la fiamma del ricordo avrebbe bruciato, qui
sarebbe stabilitolo Stato Maggiore del reggimento, sempre vivo, e qui sarebbero
stati redatti i rapporti pubblicati nel bollettino l’Avan-garde stampato a
Lille, presso Vicotr Ducoulombier e poi presso Henri Morel, ex zuavi.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette. L'Ultimo crociato di Pio IX. X Il Ritiro
X. Il Ritiro
Il gen. Athanase de
Cahrette aveva sposato in secondo nozze a Parigi il 12 settembre 1877 Maria
Antonietta Wayne van Leer Polk, giovanissima americana che aveva conosciuto a Roma Charette abbellì la Basse Motte che univa
il confort di un cottage alla semplicità un po’ austera di una residenza
signorle di campagna bretone. Il generale vi fece erigere una cappella le cui
mura furono ricoperti dai nomi dei morti del suo reggimenti.
La moglie gli diede due
figli: una femmina, Andree, nata nel castello de La Contrie il 10 marzo 1879 e
qui deceduta due giorni dopo e Charles Antoine nato a Parigi il 3 luglio 1880
che prese il titolo di marchese de Charette.
Il generale e la
baronessa de Charette erano molto cari alla corte pontificia. Il giovane
Charles-Antoine fece la sua prima comunione a Roma nel corso di una messa celebrata proprio per
lui dal Papa Leone XIII.
La situazione del successore
di Pio IX di fronte ad un Governo italiano anticlericale era molto difficile.
Fin dai primi mesi del suo pontificato dovette considerare le possibilità più
estreme: lasciare Roma o resistere con le armi in Vaticano.
Il 25 novembre 1881 il
gen. Charette scrive una circolare segreta riservata ai suoi fedeli zuavi “mi sono messo a disposizione di Sua Santità
Leone XIII nel caso in cui il Papa fosse obbligato a lasciare Roma. Sua Santità
ha preso atto della nostra offerta di servizio.”
Nel gennaio successivo il
Papa, ricevendo in udienza un parente di Charette gli confidò “dite al generale che si tenga pronto a
venirmi a difendere!”
Il 5febbraio, Raymond du
Paget, vecchio tenente degli zuavi, assiste alla messa del Papa il quale
conferma davanti a 40 persone “Il
reggimento non è disciolto. Che si tenga pronto”
Poi i mesi passarono e
cessarono gli allarmi. Leone XIII manifestava agli amici francesi ed al lor
paese un vivo affetto senza dare una particolare importanza al sistema di governo.
Il quel momento il Papa pensava che gli interessi della Chiesa in Francia non
si rafforzassero con l’astensione politica vantata dal conte di Chambord, ma
piuttoto con l’apporto delle forze cattoliche realiste al governo della repubblica.
Un giorno nel corso di una udienza privata, che gli Charette
avevano sollecitato al Papa, la baronessa domandò al Santo Padre il titolo di
“conte romano” per uno dei più vecchi ufficiali del reggimento degli zuavi.
Leone XIII si nformò se il candidato
fosse nobile alla qual cosa il generale scavalcando le regole del protocollo
rispose:
“Santo padre, penso che tutti gli zuavi che si sono battuti per la Santa Sede abbiano dato
prova di nobiltà”
“Bravo Charette,- rispose Leone XIII
ed accordò il titolo.
Con un Breve pontificio
del 10 marzo 1891 istituì la medaglia Bene Merenti in favore degli zuavi che avevano
servito per dieci anni.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Atanasio de Charette. L'ultimo crociato di Pio IX. La Morte. XI
XI: La morte del gen. Charette
Il 6 agosto 1911 il
generale assistette alla inaugurazione della Croix de Charette alla
Chabotterie, in ricordo di Francesco Atanasio de Charette, il suo celebre
antenato. Si trattò dell’ultima sua comparsa in pubblico.
Il 6 ottobre, primo
venerdì del mese, assistette alla messa nella cappella della Commanderie e si
comunicò. La domenica fu sul punto di morte e chiese i sacramenti. Delirò per
qualche tempo, poi riprese conoscenza. Il suo sguardo che aveva guidato gli
zuavi in combattimento si rianimò. Gli tornò la lucidità e gridò: “Ecco, il momento è arrivato, è il gran
giorno che comincia, datemi la mia uniforme e le mie armi”
Poi ricadde ed il lunedì
9 ottobre, all’una del pomeriggio rese l’anima a Do.
I funerali furono
celebrati sabato 14 ottobre nella chiesa di Chatouauneuf, parrocchia della
Bassa Motte, ed il 21 fu inumato nella cripta della Chiesa di Loigny vicino al
suo amico de Sonis.
Le qualità che durante tutto il corso della
sua vita Charette aveva mostrato di possedere, gli valsero l’appellativo di “Ultimo crociato”[1]
[1]
Coltrinari M., Trogu
A., Atanasio de Charette, l’ultimo
crociato di Pio IX, estratto, Rivista Pio IX, Studi e ricerche sulla vita
della Chiesa dal ‘700 ad oggi, Anno XXIV, N. 1 Gennaio-Aprile 1995, 1995
venerdì 6 marzo 2015
Il Tricolore italiano: tracciato di ricerca
da Roesle Franz, presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati riceviamo e volentieri mettiamo a disposizione
Luigi Zamboni,
l'inventore del tricolore italiano, fu strangolato in carcere.
Cliccare su: http://www.europeana1914-1918.eu/da/europeana/record/9200203/BibliographicResource_3000093837839_source#prettyPhoto/0/
Per ulteriori approfondimenti sulle origini della bandiera tricolore:
Scheda 1
Pubblicazione [Livorno] : tip. del Corriere di Livorno, 1918
Descrizione fisica 1 foglio : b/n ; 40x31 cm
· Iniziali dell'autore in calce
· Data in testa: 23 agosto 1918
· Precede il titolo: Comitato di Propaganda Patriottica Cantiere Orlando & C. Livorno
Codice identificativo IT\ICCU\IEI\0360363
Dove si trova
RM0255 IEI02 Biblioteca di storia moderna e contemporanea - Roma - RM
Scheda 2
La bandiera tricolore e i primi martiri della libertà italiana / per Felice Venosta
Pubblicazione Milano : Nuova società editrice A. Maglia, 1869
Descrizione fisica 211 p. ; 17 cm.
Collezione
· Biblioteca del popolo italiano ; 11
Codice identificativo IT\ICCU\LO1\0151301
Dove si trova
LE0004 LEKS3 Biblioteca comunale - Alessano - LE
MI0339 LO111 Biblioteca e archivio. Civiche raccolte storiche - Milano - MI
MO0059 MODPO Biblioteca civica d'arte Luigi Poletti - Modena - MO
PR0013 PARLE Biblioteca comunale Michele Leoni - Fidenza - PR
PV0356 LO153 Archivio storico comunale. Fondo antico Roncalli - Vigevano - PV
RM0255 IEI02 Biblioteca di storia moderna e contemporanea - Roma - RM
Scheda 3
I primi martiri della libertà italiana e l'origine della bandiera tricolore, o Congiura e morte di Luigi Zamboni e G. B. De Rolandis in Bologna, tratta da documenti autentici / narrata da Augusto Aglebert
Edizione Nuova edizione riveduta, corretta ed ampliata di note ed aggiunte dall'autore
Pubblicazione Bologna : presso l'editore G. Mattiuzzi, stampa 1880
Descrizione fisica 141 p. ; 24 cm
Codice identificativo IT\ICCU\TO0\0431613
Dove si trova
AT0004 TO044 Fondazione Biblioteca Astense - Asti - AT
BO0304 UBOGA Biblioteca comunale dell'Archiginnasio - Bologna - BO
BO0305 UBOIR Biblioteca dell'Istituto storico Parri Emilia-Romagna - Bologna - BO
FI0611 CFIFT Biblioteche dell'Associazione nazionale S. Pertini e della Fondazione di studi storici F. Turati - Firenze - FI
PD0172 PUV40 Biblioteca dell'Istituto teologico S. Antonio Dottore - Padova - PD
Codice identificativo IT\ICCU\UBO\2168805
Dove si trova
BO0283 UBOGC Biblioteca di Casa Carducci - Bologna - BO
BO0304 UBOGA Biblioteca comunale dell'Archiginnasio - Bologna - BO
BO0311 UBORS Biblioteca del Museo civico del Risorgimento - Bologna - BO
BO0376 UBOPG Biblioteca d'arte e di storia di San Giorgio in Poggiale - Bologna - BO
MI0270 LO105 Biblioteca della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli - Milano - MI
TO0240 BCT01 Biblioteca civica centrale - Torino - TO
TO0328 TO086 Biblioteca del Museo nazionale del Risorgimento italiano - Torino - TO
Scheda 4
I primi martiri della libertà italiana e l'origine della bandiera tricolore o Congiura e morte di Luigi Zamboni di Bologna e Gio. Battista De Rolandis ... / tratta da documenti autentici e narrata da Augusto Aglebert
Pubblicazione Bologna : stab. tip. di G. Monti, 1862
Descrizione fisica 181 p. ; 19 cm
Variante del titolo
· Congiura e morte di Luigi Zamboni di Bologna e Gio. Battista De Rolandis.
· I primi martiri della liberta italiana.
Codice identificativo IT\ICCU\IEI\0159787
Dove si trova
BO0220 UBOGP Biblioteca comunale Giulio Cesare Croce - San Giovanni in Persiceto - BO
BO0304 UBOGA Biblioteca comunale dell'Archiginnasio - Bologna - BO
BO0311 UBORS Biblioteca del Museo civico del Risorgimento - Bologna - BO
BO0376 UBOPG Biblioteca d'arte e di storia di San Giorgio in Poggiale - Bologna - BO
BO0409 UBOHT Biblioteca dell' Archivio di Stato di Bologna - Bologna - BO
BO0420 UBOSG Biblioteca del Dipartimento di Storia Culture Civiltà - DISCI - Archivio Storico - Bologna - BO
FC0011 RAVCS Biblioteca Malatestiana - Cesena - FC
MI0162 LO101 Biblioteca comunale centrale - Milano - MI
RM0255 IEI02 Biblioteca di storia moderna e contemporanea - Roma - RM
RM0459 RML12 Biblioteca dell'Archivio di Stato di Roma - Roma - RM
TO0280 TO009 Biblioteca della Fondazione Luigi Einaudi - Torino - TO
Iscriviti a:
Post (Atom)