L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
II Edizione - Accademia di Oplologia e Militaria
- in tutte le librerie d'Italia
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- Roma Universita La Sapienza, "Chioschi Gialli"
- in Ancona, presso Fogola Corso Mazzini e press o Copyemme

mercoledì 28 settembre 2011

Un'altra "battaglia" nelle Marche nel 1860: lo scontro del 13 settembre a San Silvestro

La loro vicenda è presto detta e rappresenta una delle pagine più chiare e vivide della epopea militare pontificia nelle Marche nel 1860. La colonna agli ordini del col. Kanzler era la sera del 12 settembre a Mondavio. Qui riceve l’ordine da parte del generale de Courten di desistere da ogni azione contro i rivoluzionari e di ripiegare nel modo più veloce possibile su Ancona.


Kanzler, a quest’ordine, aveva la possibilità di rientrare ad Ancona utilizzando la strada Corinaldo-Jesi-Osimo-Ancona; era la strada più lunga ma abbastanza sicura, essendo ben distante da possibili eventuali attacchi sardi. Kanzler, invece, sceglie di giocare d’azzardo, e non si hanno documenti che giustificano questo atteggiamento. Decise di percorrere la strada più breve, ovvero puntando su Senigallia, e da qui lungo la strada litoranea arrivare in Ancona, pur sapendo che i sardi avevano già conquistato Pesaro e soprattutto avevano conquisto Fano.

La colonna partì all’alba da Mondavio e si diresse su Corinaldo e poi Brugetto, con un dispositivo di marcia così composto:

avanguardia: al comando del cap. Avensperg

.1a compagnia del III battaglione bersaglieri austriaci

grosso: al comando diretto del Kanzler, con alle dirette dipendenze il magg. Serra

. plotone gendarmi

. II battaglione del 1° reggimento di linea

. sezione d’artiglieria della 1a batteria

. I battaglione bersaglieri austriaci ( sei compagnie)

retroguardia

. due compagnie del I battaglione bersaglieri austriaci, al comando del cap. Rooner

In pratica la colonna muoveva con due compagnie bersaglieri in testa ed in coda con la parte centrale le forze di fanteria sostenute dall’artiglieria da campagna.

La colonna non ebbe ostacoli fino a Brugetto, dove si fermò per qualche ora. Durante questa sosta la colonna fu avvista da pattuglie di cavalleria sarda in perlustrazione. Sulla base di questa constatazione, Kanzler diresse la colonna in Val Misa, e passo alla riva destra del Misano, a circa 5 miglia, all’incirca 9 chilometri da Senigallia. Qui lo raggiunse la notizia che Senigallia era occupata da elementi di cavalleria nemici.

Kanzler, non tenendo in evidenza gli ordini del de Courten che gli imponevano di raggiungere Ancona con tutte le forze alle sue dipendenze, decise di tentare un colpo di mano contro i Sardi a Senigallia, convinto della sua superiorità, in un secondo momento si sarebbe ritirato su Ancona. Un vero e proprio colpo d’arresto alla avanzata sarda.

Erano circa le 12 del 13 settembre 1860. La colonna pontificia si avviò verso Senigallia.

Alle 14 il cap. Centurione dello Stato Maggiore della 7a divisione al comando del generale Leotardi, riuscì a scorgere dagli avamposti di Sant’Antonio la colonna pontificia in movimento verso la costa; immediatamente informò il comandante della brigata Bergamo colonnello Avogadro di Casanova. Questi inviò incontro ai pontifici immediatamente due compagnie di bersaglieri, la 46a e la 48a.

Nel mentre questo movimento era in atto, intorno alle 15 il colonnello Kanzler viene di nuovo informato che Senigallia è stata raggiunta da consistenti forze sarde, tra le quali vi era una forte aliquota dia artiglieria che si faceva ammontare a 24 cannoni. Queste informazioni cambiavano radicalmente il quadro tattico: sarebbe stato veramente da sprovveduti attaccare forze superiori; quindi Kanzler decise di rinunciare seduta stante al colpo di mano e di dare corso agli ordini ricevuti, ovvero raggiungere Ancona il più presto possibile. Presa la ripida strada del Vallone di Sant’Angelo, al fine di arrivare in Ancona, per Case Bruciate, Fiumesino e quindi Ancona.

La catena di comando sarda era già allertata; il gen. Leotardi ordinava verso le 15,30 alla brigata Como rinforzata da un squadrone di Lancieri di Milano, di rimanere in riserva pronta ad intervenire, ordinava alla brigata Bergamo di marciare verso S. Antonio con il 25° reggimento fanteria e uno squadrone di Lancieri di Milano ed una sezione di artiglieria. Ai suoi diretti ordini, una colonna composta dal 26° reggimento fanteria, due squadroni di Lancieri di Milano (2° e 3°) ed i rimanenti pezzi della 5a batteria, con l’intendo di rimontare la vallata del Misa.

Il primo contatto fra le due forza contrapposte avvenne verso le 16 tra la 46a e la 48a compagnia bersaglieri; successivamente anche il I e il II battaglione del 25° reggimento fanteria riuscirono a prendere contatto con la retroguardia della colonna pontificia. Questa retroguardia, come visto , al comando del cap. Rooner iniziò a resistere a nord di Sant’Angelo; presto, vista la superiorità nemica iniziò a ripiegare su San Silvestro. Kanzler la rinforzò con due compagnie del 1° reggimento indigeno e con due pezzi di artiglieria da campagna, con le due compagnie al comando del tenente Roversi e del tenente Venanzi. Queste forze, prendendo posizione a San Silvestro e poi su successive posizioni riuscivano, alternando tempi di arresto fomentati e reazione dinamiche, ad acquistare tempo permettendo al grosso di proseguire verso Montemarciano.

Il generale Leopardi, preso atto che ormai il grosso dei Pontifici stava sfuggendo, spinse in avanti la sua scorta di lancieri, che tentò una carica, ma fu costretta, per l’esiguo numero ed anche per il terreno difficile e poco adatto alla cavalleria, ed anche per la fermezza del nemico, a ritirarsi.

Ordinò al colonnello de Barral, che si pose al comando del 2° e del 3° squadrone dei Lancieri di Milano, con l’appoggio di una sezione di artiglieria, e di due compagnie dei bersaglieri.

Condotti dallo stesso colonnello De Barral i due squadroni caricarono ripetutamente, scompaginando le due compagnie di bersaglieri austriaci, gli uomini delle quali in gran parte furono fatti prigionieri ed i bersaglieri sardi si impadronirono del bagaglio e della cassa di guerra. Le due compagnie indigene, invece, riuscirono a tenere il passo e a rimanere compatte. Lancieri e bersaglieri. Avanzando la sera il colonnello Casanova ritenne di desistere da ogni azione e quindi pose fine all’inseguimento.

Riusciva al colonnello Kanzler di raggiungere con il grosso delle truppe Montemarciano, da dove, temendo che il bivio di case Bruciate fosse occupato, si diresse per Chiaravalle, e qundi per castelferreti e Falconara, ove si fece sosta per qualche ora. Qui trovò il IV battaglione bersaglieri austriaci e due pezzi della 9° batteria, che il de Courten aveva inviato a fiume sino proprio per proteggere la ritirata alla forze in ripiegamento dal Montefeltro.

Uniti tutte queste forze, all’1 dopo mezzanotte del 14 settembre entrava in Ancona, avendo compiuto in 22 ore una marcia di 60 chilometri.

Il bilancio di questo scontro fu, per i Sardi, un soldato ucciso e tre feriti, tra cui il maggiore Groppello, tutti appartenenti ai Lancieri di Milano; questo reggimento ebbe pure 19 cavalli messi fuori combattimento. I Pontifici ebbero, tra feriti e prigionieri, 135 uomini; fra i feriti quattro ufficiali, i capitani Roomer e Paoli, i tenenti Ricetti ed Hovas.

Le considerazioni che si possono fare su questo scontro vengono riassunti dal Vigevano in queste parole:

“La rinuncia del generale Leotardi ad agire contro le truppe pontificie, quando queste erano state segnalate a Brugnetto, causa la stanchezza delle truppe, era riuscita a favorire la ritirata dei Pontifici. Ma il colonello Kanzler colla sua mossa verso Senigallia rinunziò al vantaggio che impensatamente gli veniva offerto di ritirarsi indisturbato e venne a mettersi in una situazione che egli stesso definì criticissima dalla quale si districò con abilità, ma con difficoltà, sacrificando oltreché parte del materiale quasi due compagnie, e a ben maggiore sacrificio avrebbe dovuto sottostare se la cavalleria sarda fosse stata impiegata riunita per prevenirlo o per cadere su un determinato punto della sua linea di ritirata”

Cialdini, giunto a sera a Senigallia, informava in questi termini il Primo Ministro Cavour e il generale Fanti

“13 settembre ore 10,30 pomeridiane. La divisione Leotardi giunta quest’oggi a Senigallia si accampò sulla strada di Ancona. Informato il generale che due battaglioni nemici vagavano per le vicine colline, benché avesse le truppe stanchissime, partì con qualche battaglione e coi Lancieri di Milano a dar loro la caccia. Le disperse e rientrò a tarda sera con 200 prigionieri circa, tutti tedeschi fra i quali alcuni ufficiali. I Lancieri di Milano eseguirono una bella carica, col colonnello De Barral in testa, ed ebbero il maggiore Groppello ferito alla coscia ed una ventina di cavalli fuori combattimento. L’ora tardissima non permise maggiori risultati.”

Da Ancona, di questi avvenimenti venne informati il Comandante in Capo. De La Moricière ne informa il Pro Ministro De Merode con questo dispaccio

“Tolentino 14 settembre 1860. Al Ministro delle Armi. Roma.
De Courten si era ritirato in Ancona, lasciando Kanzler e Vogelsang. Ricevo in questo momento il seguente dispaccio del generale de Courten. Olonna Kanzler e Vogelsang erano state tagliate fuori da Senigallia; entrato in questo momento in Ancona con i loro due pezzi. Circondate a S. Angelo da una intera divisione piemontese, hanno saputo bravamente resistere, aprendosi la strada in mezzo al nemico, percorrendo 45 miglia di strada di montagna. Battaglione bersaglieri ha perduto 60 uomini circa e 4 ufficiali e battaglione Serra (indigeni) poca gente. Il Comandante il Capo de La Moricière.”

Lo scontro di San Silvestro, quindi, rappresenta un'altra sconfitta per i pontificio, caduti nel tranello di accorrere nel Montefeltro a reprimere i moti di rivolta, venendo meno al principio della massa. Anche se il numero varia, si persero dai 60 ai 135 ( Cialdini parla di 200 uomini) soldati perduti, che sarebbero stati utili alla difesa di Ancona. In sostanza, uno scontro che si poteva evitare e che incise negativamente a livello strategico-operativo.

Post Scriptum

Nel quadro delle celebrazioni per il 150° Anniversario dell’Unita d’Italia, il 21 settembre 2011 si è tenuto a Senigallia un convegno dal tema “ La battaglia di Senigallia del 13 settembre 1860”, Il manifesto che annunciava l’evento, riportava anche che al termine dei lavori ci sarebbe stata una degustazione di vini ed altre attività mondane. Ancora una volta si propongono per il Risorgimento dei messaggi forvianti: definire battaglia lo scontro di San Silvestro nei termini in cui è  sviluppato di cui sopra, è errato, come il lettore può facilmente constatare. Se ogni volta che le truppe avversarie vengono a contatto si parla di battaglia, si ha una dimensione alterata del corso degli avvenimenti, oltre a non avere la purchè minima cultura militare. Un minimo di prudenza è richiesto, soprattutto per il rispetto di chi ascolta e per la propria dignità scientifica.

mercoledì 21 settembre 2011

Le cause della sconfitta pontificia il 18 settembre 1860

L’essenza della sconfitta della giornata del 18 settembre 1860 da parte pontificia sta nel fatto che tutti i soldati pontifici, tranne poche decine, non intrapresero la via verso Ancona, che a tutti i costi doveva essere raggiunta, per continuare la lotta, che era il vero motivo per cui ci si era messi in marcia dall’Umbria. Il non averlo fatto, rappresenta la vera sconfitta di quella giornata. Quindi, oltre alle armi sarde, la sconfitta va imputata principalmente alla volontà di non combattere e di sottrarsi con ogni mezzo ad ogni ulteriore impegno da parte della massa delle truppe pontificie.


Si scrive:

“Assedio di Ancona. Narrando la battaglia di Castelfidardo abbiamo visto che il generale Lamoricière scorgendo i sodati, posti direttamente sotto i suoi ordini, da prima sgomentati dal vivo fuco delle artiglierie nemiche piegare, quindi volte le spalle fuggire verso il Musone, fece quanto poteva il più per raggiungere i fuggitivi dietro gli argini del fiume, ricomporre le file e mandarli in Ancona per la via dìUmana; ma il tentativo andò a vuoto ed i comandanti le varie squadre non furono più avventurosi di lui per riuscire a bene in questo disegno. Tutti si ripiegavano verso Loreto e nulla valse a ritenerli. Tal mossa fu veramente deplorevole, perrochè se la voce del generale in capo fosse stata ascoltata, o se gli ufficiali avessero provveduto a dar volta ai loro soldati verso Ancona, piuttosto verso Loreto, è quasi certo, che metà dell’armata papale avrebbe potuto penetrarvi, sendochè i piemontesi non avean tagliata la via di Umana e si rimasero dall’inseguire. Vero che si sarebbero dovuti abbanodare i bagagli dell’armata e le artiglierie, perché la via presa da Lamoricière in parte non è praticabile dai carriaggi, ma siffatta perdita, per spiacente che fosse, non era irreparabile e non comprometteva le sorti dell’armata, essendo in Ancona i magazzini dell’amministrazione militare. Conveniva giungerci, e là poi un serio combattimento avrebbe deciso chi doveva rimanere padrone delle Marche.”

per approfondimenti vds. M. Coltrinari "L'Ultima difesa pontificia di Ancona", Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2011.  oer approfondimento: risosorgimento23@libero.it

martedì 20 settembre 2011

Pianta della Città di Ancona, seconda piazzaforte dello Stato Pontificio, del 1799

lunedì 19 settembre 2011

L'azione concorrente dell'artiglieria il 18 settembre 1860

L’impiego dell’artiglieria nello scontro di Castelfidardo è stato ricostruito dal Vigevano nei minimi particolari. Il generale Pes di Villamarina, comandante la 4a Divisione, ordinò. Intono alle 10 del 18 settembre che soltanto il I ed il II Battaglione del 10° Reggimento Fanteria accorressero dalle crocette sul luogo del combattimento, ancora convinto che si trattasse di un attacco diversivo. Poco dopo, udendo l’intensità dei combattimenti, ordinò che entrassero in linea anche il III ed il IV battaglione del 10° Fanteria ed una sezione della 2a batteria del 5° Reggimento artiglieria, che era la terza sezione, che giunse subito dopo.

Verso le 10,15, il capitano Sterpone, comandante la batteria, aveva ricevuto l’ordine dal generale Villamarina di accorre con una sezione ed il Capitano comandante la batteria aveva stabilito che fosse la 1 sezione. Gli artiglieri di questa sezione stavano prendendo il caffè e consumando il rancio, i cavalli mangiando la biada e perciò occorse un certo tempo per allestirla.

Ancora tempo si erse perché si volle sostituirla in quanto la 1 sezione, fermata alla Crocette e messa in riserva dietro la Chiesa , venne sostituita dalla terza sezione i quanto questa aveva cannoni rigati.
Solo alle 11,15 che questa sezione si mise in posizione. Il tempo perso era stato fatale. Il campo di tiro non era più sgombro in quanto i battaglioni di fanteria si erano lanciati contro la prima linea pontificia. Quindi si era impediti a battere la fanteria nemica. Cominciò, perciò, un fuoco a granata contro l’artiglieria nemica, il classico fuoco di controbatteria, contro l’artiglieria nemica postata nei pressi di Casa Andreani Catena, e, successivamente, sulle truppe di rincalzo pontificie.
Questo tiro ebbe effetto aggiunto nel diffondere il panico tra le file pontificie, già presente oltre il livello di guardia e contribuì a farlo aumentare, generando confusione . L’azione principale dell’artiglieria sarda da Montoro iniziò alle 11,15 e terminò intorno alle 12, quando ormai i fanti erano scesi n pianura ed avevano sostenuto l’azione principale della colonna d’attacco del de Pimodan, neutralizzandola



Per ulteriori informazioni contatta:risorgimento23@libero.it.

domenica 18 settembre 2011

Villa Musone: quel 18 settembre 1860

Poco dopo mezzogiorno comparve nell’abitato un soldato pontificio: senza fucile, senza berretto, la giubba sporca e strappata. Era un ragazzo, avrà avuto vent’anni, e camminava respirando affannosamente, sudato in volto, i capelli arruffati; gli occhi erano sbarrati di paura e arrossati dal pianto. Appena vide la gente (lo guardano con stupore e curiosità) si avvicinò, volgendosi intorno a cercare un viso amico, uno che ispirasse fiducia. Poi chiese da bere, con voce sommessa “Per carità….” Aggiunse. Lo fecero entrare in una casa, che bevesse; e mangiasse qualcosa, che c’era ancor ala tavola apparecchiata.


“Di dove sei?” gli fu chiesto; poi si commentò che se i piemontesi l’avessero trovato l’avrebbero fatto prigioniero, forse l’avrebbero ucciso. E lui, con lo sguardo di cucciolo impaurito, stava li, in un angolo, col bicchiere in mano.

Poi la famiglia si mosse, tutti d’accordo senza essersi detto niente. La nonna andò di là, tornando poco dopo con qualche panno: i calzoni, una giacchetta, ed una camicia del povero marito ( che riposi in pace!); tutta roba vecchia e rattoppata, ma tant’è.. Il padre prese con una mano la roba e con l’altra afferrò per la spalla il soldato e lo condusse nella stalla, a cambiarsi gli abiti. Quando i due tornarono in cucina la vergara aveva preparato in un involto una pagnotta di pane: ma il ragazzo, commosso, esitava a prenderla. Gliela misero a forza sotto il braccio, dicendogli: “adesso và, cerca di arrivare al tuo paese, dai tuoi. Và. Che non c’è nessuno in giro adesso”; ed egli partì furtivo, dopo aver mormorato 2Siate benedetti!” Si avviava per i viottoli, sperando di raggiungere casa sua, forse verso Ascoli, o verso Foligno o verso Viterbo, chissà.

Ne passarono altri, più tardi, e furono anch’essi aiutati dalla brava gente del luogo.

Ma la maggior parte dei soldati pontifici non erano italiani: c’erano svizzeri, francesi, austriaci, irlandesi. Costoro non avevano altra prospettiva di salvezza che raggiungere Roma (come?) o darsi prigionieri, ma che fosse il più tardi possibile. Così cercavano di comprare cibo e vino coi baiocchi che avevano in tasca o di barattarli con lo schioppo, se ancora l’avevano con se.

Loreto divenne il rifugio dei pontifici in ritirata. I feriti, che erano oltre 400, furono sistemati alla meglio, anche dentro la basilica, sopra mucchi di paglia.

I Piemontesi si diressero piuttosto verso Recanati, quasi a dimostrare un dovuto rispetto per il nostro Santuario, che non fosse coinvolto in operazioni militari. Cialdini era rimasto acquartierato in Osimo; soltanto il girono dopo, 19 settembre, scese il ponte di Villa Musone per incontrarsi col colonnello pontificio Gudenhoven e fargli firmare l’atto di resa. Allora un drappello di cavalleria regia, e poi i bersaglieri e la fanteria, e i carri con sopra i feriti,mossero verso Loreto.

La sera a Villa Musone dei Piemontesi si videro soltanto alcune pattuglie, che giravano con le lanterne per vedere se tutto era tranquillo, Si capì che ormai il governo non era più del Papa, ma dei Piemontesi. Cosa succederà adesso?. Si chiedevano tutti……”

Per approfondimenti: scrivere a risorgimento23@libero.it

sabato 17 settembre 2011

Villa Musone e la tradizione orale

Il Combattimento del 18 settembre 1860

“La mattina del 18 settembre 1860 nessuno degli abitanti della contrada andò per i campi. Quei pochi che avevano già portato le bestie le avevano ricondotte in fretta nelle stalle, perché a Loreto scendevano verso Villa Berghigna i soldati “papalini”in gran numero, con cavalli, cannoni, e non c’era da scherzare trovandosi in mezzo. Uno che si era incontrato con loro era stato scacciato in malo modo “Via Via! Andate via!”Saranno più di mille: macchè saranno almeno seimila e forse di più. In mezzo agli alberi si intravede il movimento delle uniformi colorate, che vengono giù (La Loreto , n.d.a) come una lenta frana. Già da ieri si sapeva che a Loreto s’era adunato tutto l’esercito pontificio, arrivato dall’Umbria, ed i soldati avevano riempito ogni luogo, strade e piazze, passando la notte a dormire accovacciati per terra, o se andava bene, nei carri. Intanto, a castelfidardo, e le colline intorno erano già da qualche giorno occupate dalle truppe piemontesi. L’altro ieri, domenica, il prete che era venuto giù (sempre da Loreto, n.d.a.) a dire la Messa, non aveva spiegato il Vangelo, ma aveva parlato della guerra. Diceva che Garibaldi, quel miscredente, con le sue bande aveva invaso il “Regno” ( così veniva brevemente indicato il Regno delle Due Sicilie), aiutato dai delinquenti del luogo, sopraffacendo i buoni cristiani che difendevano il loro re. Adesso, poi, venivano i piemontesi, che osavano calpestare lo Stato della Chiesa, la terra del Papa, da paragonarli ai mussulmani!. Preghiamo, dunque, che i nostri bravi soldati pontifici possano arrivare in Ancona, senza spargimento di sangue; perché loro non vogliono fare battaglia, ma riparare in quella fortezza e tenerne il possesso, finché l’Austria e la Francia sistemeranno ogni cosa, costringendo, con le buone o con le cattive, tutti gli invasori a ritirarsi.

Cosi aveva parlato il prete. E la gente non sapeva cosa dire: ogni commento era pericoloso. Tutti se ne stavano in silenzio, con grande trepidazione. Per fortuna, i soldati non passavano di qui, ma andavano a varcare il Musone più verso il mare, alla larga da Castelfidardo. Dunque quella mattina tutti stavano tappati in casa: le donne recitando il rosario, e gli uomini guardandosi introno, senza sapere cosa fare. Verso le 9,30 s’udirono spari lontani di fucileria; poi anche qualche cannonata. Qualcuno provava ad affacciarsi fuori della porta di casa, ma subito interveniva piagnucoloso un figlio “O Bà, e venite dentro!”

Alle 11 verso le Crocette pareva che si fosse scatenato l’inferno, come un temprale d’Agosto, e si vedeva lassù un polverone che metteva paura.

Reparti pontifici avevano assalito il colle di Montoro, per consentire al resto delle loro truppe di passare in basso verso le piane dell’Aspio. Ma i piemontesi avevano contrattaccato e poi s’erano spinti fino a Camerano e poi a Sirolo, chiudendo ogni possibilità di transito verso Ancona. Ci furono spari e combattimenti fin verso le due del pomeriggio.

Da R. Scarponi,  M. Moroni, S. Solari, L.Falasco,  Villa Musone, una strada un paese, Villa Musone 1988.

martedì 6 settembre 2011

Bibliografia 1880 -1889




Bibliografia Ragionata ordinata per Anno
1880-1889

1880


Allard S. J., Les Zuoaves pontificaux, ou Journal de Mgr Daniel aumonier des zouaves, , Nantes, Imprimerie Bourgeois, 1880

De V. Philippe, Dix ans au service du Roi Pie IX au mémoire d’un zouave pontifical, Friburgo, Impr.de St-Paul, 1880

Delmas J, Un episode de la neuvième croisade ou la Bataille de Castelfidardo, Brest, Imprimerie F. Halègouet, Rue Klebert 11, 1880

Devigne P., Charrette et les Zouaves Pontificaux au journal de Mgr.Daniel, Nantes., 1880

Pellion di Persano C.,, Diario privato, politico, militare, Roux e Favale, Torino, 1880.

1881

D’Azeglio M., I miei ricordi, Firenze, Andrea Croci Editore, 1881

Del Mas J., La Neiviéme Croisade, Paris, Blériot, 1881

Nisco N., Storia d’Italia dal 1814 al 1880, Roma, Ed. Voghera Carlo, 1881



1882

Castaldi B., Pio IX ed i suoi tempi, Roma, Tipografia Sociale, 1882

Ottolino V., La Vittoria di Castelfidardo, Milano, Casa Editrice Guidone, Ristampa, 1882



1883

Atti parlamentari. Camera dei deputati. Sessione 1861-1862, Roma, Botta, Vol. X, 1883

Cialdini E., "Rapporto a S.E. il generale in capo sulle operazioni del IV Corpo d'Armata dall'11 settembre al 29 settembre", in M. Cellai, Fasti militari della guerra d'indipendenza, Milano, Tip. degli Ingegneri, 1883.

Cellai M., I fasti militari, Tipografi e litografia degli Ingegneri, 1883

Chiala L., Lettere edite ed inedite del conte di Cavour, Torino, 1883-1887, vol. IV, 1883

Mariani F., Le guerre per l’indipendenza italiana dal 1848 al 1870. Storia Politico-Militare, Torino, Roux e Favale, Vol. IV, 1883



1884

Rastoul M., Le General De La Moriciere,Lille, 1884.

Maldini G.M., I Bilanci della Marina d’Italia, Roma, Forzani, 1884-1886, Vol. I,



1885

AA.VV., Noces d’argent du Regiment des Zouaves Pontificaux 1860-1885,Basse Motte 28 Juillet 19885, Anvers 30 aout 1885, Rennes-Paris, Oberthr, 1885

Leveille R.P., Un soldat chrétien : Lamoriciére, Paris, 1885





1886

==,== (Anonimo), Principe di Sarsina nel primo anniversario della morte. I Maggio 1886, Roma, Cuggiani, 1886

Besson (Mgr), Frèderic-François-Xavier de Merode, sa vie et ses ouvres, Paris, Retaux-Bray, 1886

Carpi L. Il Risorgimento Italiano. Biografie d’Illustri Italiani Contemporanei, Milano, Francesco Vallardi Editore, 1886

Castelli M., Il Conte di Cavour. Ricordi., a cura di L. Chiala. Torino, Roux e Favale, 1886

Randaccio C., Storia delle marine militari italiane dal 1750 al 1860 e della marina militare italiana dal 1860 al 1870, Roma, Forzani, 1886, vol. 1, 1886



1887

Ambrosi R., De Magistris, Ghiron, Roma nell’unità italiana, Torno, Bocca, 1887

Bonchi R., Pio IX e il papa futuo, Milano, Treves, 1877



1888

Poitevin N., Mgr.de Merode, in Les Contemporains, Paris, s.d. ( ma 1888)

Tivaroni C., Storia critica del Risorgimento Italiano, Torino, Le Roux e Trassati, 1888-1897



1889

Chiala L., Giacomo Diana e l’opra sua nel Risorgimento Italiano, Torino-Roma, Roux e Viarengo, Vol. II 1899,

Stefanoni Luigi, La storia d’Italia narrata al popolo, Roma, E.Perino, 1889

Vannutelli P.V., Il generale Kanzler. Cenni biografici. Roma, Tipografia M. Armanni, 1889

venerdì 2 settembre 2011

Un titolo che dovrebbe essere compreso

Nel corso di un incontro nell’ambito della Sezione Studenti e Cultori della Materia nel determinare le linee programmatiche della Collana Storia in Laboratorio per l’anno 2012 è stata avviata una interessante discussione in merito al Volume, Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma.


Di fronte alla ennesima interpretazione minimalista e campanilistica con cui questo volume è stato accolto, in cui si adombra il fatto che si tende a sminuire Castelfidardo, è bene precisare che il volume ha il titolo che racchiude, nella sintesi tipica di un titolo, la versione delle due parti contrapposte.

Quella pontificia (Il combattimento di Loreto) e quella sarda ( Il combattimento di Castelfidardo), che è stato proposto in “Il Combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo”

Il de Quatrebarbes, Governatore civile di Ancona, da la versione dei fatti del 18 settembre, con un articolo sul Piceno, il 22 settembre 1860 dal titolo “Il Combattimento di Loreto”

Il Cavour, non poteva per ragioni di evidente opportunità politica definire i fatti del 18 settembre con il nome della sede di uno dei santuari più noti d’Italia. Ne tanto meno poteva scegliere il nome di Osimo, che era, notoriamente, una città ad orientamento cattolico. Pertanto fu scelto il nome di un paese piccolo, e sconosciuto, a ridosso dell’area dei combattimenti che non avesse alcun aggancio con il governo e la tradizione pontificia, e che potesse assurgere proprio per la sua inconsistenza ed astoricità a fasto delle glorie d’Italia, come in effetti avvenne.

Da ricordare che tutte le comunicazioni del Cialdini con Torino erano datate “Osimo”, la località più nota e riportata sulle carte del Primo Ministro, anche se aveva posto il suo Comando avanzato a Sant’Agostino, sotto Castelfidardo.

Se esplicitare tutto questo significa diminuire o sminuire Castelfidardo, si è nella condizione di confezionare versioni funzionali a qualche interesse ( di prestigio, turistico, campanilistico ed altro) che, rimanendo nella conoscenza manualistica liceale, mal si allinea con le esigenze della conoscenza storica a tutto tondo.

Per approfondire ulteriormente questo aspetto, nel quadro delle iniziative dedicate al passaggio delle Marche dallo stato preunitario allo Stato Nazionale, si terrà nel prossimo mese di ottobre una tavola rotonda.