L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
II Edizione - Accademia di Oplologia e Militaria
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sabato 30 aprile 2022

Carlo Bianco. La guerra per bande III Analisi e Considerazioni.



Il trattato del Bianco è indubbiamente un'opera singolare. Esso rappresenta un nobilissimo atto di fede nella capacità di resurrezione dell'Italia, compiuta con le sole sue forze, pur dopo il triste naufragio delle rivoluzioni costituzionali di Napoli e del Piemonte; resurrezione che dovrà essere opera di tutto il popolo italiano, senza aiuto straniero, e che avrà come coronamento l'indipendenza, la libertà, l'unità d’Italia, con Roma capitale della imprese degl'italiani nelle guerre napoleoniche. Ne aveva dato l'inizio un maggiore del genio dell'esercito del Regno italico, il milanese barone Camilla Vacani, passato in verità al servizio austriaco e finito poi generale dell'esercito italiano negli ultimi due anni della sua vita. Egli nel 1823 aveva pubblicato, in tre grossi volumi, con un atlante, la Storia delle campagne e degli assedi degl’italiani in Ispagna dal 1806 al 1813, lavoro tecnicamente magistrale, in cui il valore oscuro e i sacrifici degl'italiani in una guerra da loro non sentita erano messi in chiara evidenza e con ampia documentazione. E il Bianco l’aveva utilizzata per il suo trattato.  Ma era un’opera   spesso fin troppo tecnica e limitata alle guerre della penisola iberica. Nel 1829 uscivano invece i primi due volumi in-16° di un'opera destinata a protrarsi con altri undici volumi fino al 1838: Fasti e vicende dei popoli italiani dal 1801 al 1815, o Memorie di un uffiziale per servire alla storia militare italiana, Italia 1829. Ne era autore Cesare De Laugier, di Porto Ferraio nell'isola d'Elba, ov'era nato il 5 ottobre 1789, che nel 1848 comandò la piccola divisione toscana nell'epica battaglia di Curtatone e Montanara. Aveva combattuto in Ispagna nella divisione Lechi, aveva partecipato nella Guardia Reale dell'esercito italico alla campagna cli Russia del 1812, quindi alla difesa della fronte giulia nell'autunno del 1813. Nel 1815 era entrato nell'esercito di Gioacchino Murat come comandante di un battaglione, e si era ben distinto nella ritirata a Castel di Sangro, quando ormai tutto pareva crollare. Dopo sette anni di vita eroica e la prigionia di guerra in Ungheria, era tornato in Toscana, e nel 1819 era stato accettato nell'esercito granducale come capitano. Dopo di che aveva preso a raccogliere materiale per un'ampia storia degl'italiani nelle guerre napoleoniche fatta con intenti veramente patriottici, sopra un quadro ampio e quel che più importa ponendo in evidenza l'azione di tutti gl'italiani sui vari fronti di guerra. Non era un'opera ardente e incitatrice come quella del Bianco, ma era pur sempre una bella e generosa rivendicazione del valore italiano, e tale da dover servire in seguito di base per qualsiasi nuovo lavoro su tale argomento. Nel 1830 uscivano il III e IV volume, con l'indicazione non più di Italia come luogo di stampa, ma di Firenze, e così fino al XIII volume. Egli era stato in corrispondenza con molti reduci e nell'insieme era riuscito minuto e obbiettivo. Tanto il lavoro del Bianco che quello del Laugier avrebbero dato veramente la spinta sia ad affrontare il problema dell'utilizzazione di tutte le forze vive della nazione ai fini della risurrezione italiana, sia a rivendicare le prove di valore e di capacità militare fornite in un passato non molto lontano dagl'italiani, così che non perdessero la fiducia in se stessi.



[1] Il Bianco non esclude che in una lotta giunta al parossismo si possano avere anche schiere di donne combattenti in primissima linea. Ricorda dapprima le donne americane della Carolina, che confortavano i mariti, i figli, gli amici scoraggiati, e sapevano sopportare serenamente i rovesci di fortuna, la confisca dei beni, la povertà e l'esilio.  Ricorda poi che nella difesa di Saragozza v'erano compagnie di donne d'ogni condizione, armate di pugnali, picche e persino tromboni, le quali portavano viveri e munizioni ai difensori, raccoglievano e curavano i feriti fin nelle posizioni più avanzate; altre compagnie di donne si distinsero nella difesa del Tirolo e nell'insurrezione greca. Il Bianco non dubita che le donne italiane saprebbero all’occorrenza fare altrettanto.

mercoledì 20 aprile 2022

Carlo Bianco. La Guerra per bande II Parte L' escalation della violenza



 Le bande dovranno essere piccole: 10, 20, 30, 50 uomini per poter più facilmente vivere sul posto e potersi più facilmente spostare e occultare. Le bande grosse si potranno ammettere in seguito, quando attraverso la lotta si saranno addestrate e disciplinate; ma allora saranno divenute corpi mobili e legioni, primo nucleo del nuovo esercito regolare italiano. In questo modo la lotta si farà sempre più generale. Il Bianco suppone già all'inizio gli abitanti in gran parte favorevoli, mordenti il freno della  tirannide locale e forestiera;  ma  questo favore stimolato dapprima,  da un  lato con elargizioni, aiuti in denaro, in qualche caso concessioni di terre, dall'altro con esecuzioni sommarie ed esemplari d'elementi palesemente o sordamente ostili, dovrà via via farsi sempre più vivo e palese con l'intensificarsi della lotta, coll'aumentare ciel rischio, colla persuasione crescente che non potrà più esservi soluzione  intermedia, ma solo la vittoria o la rovina totale:  sarà un crescendo di violenza spinta all'esasperazione, al fanatismo, in cui non solo non vi sarà più posto per gli avversari, ma  neppure  per  i  tiepidi,  per  gl'indifferenti,  per  i neutrali. Tutti quanti, uomini e donne, giovani e vecchi, ricchi e poveri, dovranno partecipare alla lotta, combattendo o aiutando in un modo qualsiasi chi combatte. Non più solo dunque l'accrescersi delle bande, ma la partecipazione sempre più ampia e feroce cli tutta quanta la popolazione alla lotta; e quanto all'Italia, non già i 60 o 80 000 insorti iniziali, non più soltanto i due milioni di atti alle armi, ma dei venti milioni d'abitanti, forse i due terzi impegna ti a combattere o ad assistere chi combatte![1] Coll'intensificarsi  della lotta si svilupperà, prima segreta e poi palese, l'organizzazione politica, estendendosi nelle città, nei borghi e nei villaggi; e si svilupperà la formazione di corpi regolari, colonne volanti, via di mezzo fra le bande e le truppe regolari; nerbo di esse dovrebbero essere i veterani delle guerre napoleoniche, 200 000 nel 1814-15 e certo ancora numerosi nel 1829-30, sparsi per tutta Italia, spregiati  e trascurati  dai vari governi e ridotti  a  trascinare,  dopo tante lotte e tanta gloria, « abbiettamente una miserabile vita ». Altri poi se ne dovrebbero trovare negli elementi più intelligenti e aperti, entrati volontariamente nei vari eserciti, il che vorrebbe dire soprattutto nei sottufficiali e ufficiali inferiori più attivi e di carattere. Dalle colonne volanti si passerà alla formazione di legioni che «saranno la base, il principio dell’esercito regolare italiano, che bel bello ingrossando compirà con brillanti e decisive operazioni la grand'opera della riunione, indipendenza e libertà d’Italia». Ma in realtà, secondo il Bianco, la guerra insurrezionale avrebbe già talmente logorato il nemico da rendere assai facile il compito finale riservato alle forze più o meno regolari: il nemico, spossato e demoralizzato, dovrebbe abbandonare alla fine il paese irriducibile e dovrebbe rinunziare, perché troppo onerosa, alla lotta per risottomettere gente decisa all'estremo sacrificio pur di restar libera.


domenica 10 aprile 2022

Carlo Bianco La Guerra per bande I Parte

 


Come s’inizierà   l’insurrezione e In formazione   delle   bande?   Il condottiero, presa la campagna con 20 o 30 uomini, si porterà nei boschi, presso i fiumi o sui monti.  Comincia a infestare le strade arrestando i corrieri, fermando diligenze, impadronendosi della corrispondenza del governo, e subito eliminando i nemici d’Italia.  Poscia dovrà piombare sulle località non presidiate e impadronirsi dei fondi delle casse governative.  Con quei denari potrà corrompere capi e gregari dei posti militari vicini, assoldare   molte guide, provvedere ai più bisognosi della zona, così da mostrare che egli difende la causa del popolo.  In tal modo avrà facilmente viveri, asilo, aiuto.  E dovrà muoversi continuamente così da rendersi irreperibile, e dovrà disseminare i suoi. Ad un certo punto avrà da fare i conti coll’azione delle forze regolari nemiche; ebbene, se lo potrà cercherà di danneggiarle il più possibile, non concedendo quartiere a nessuno, giacché la guerra di bande non ammette che si facciano prigionieri: il volontario verrà a trovarsi nella necessità di combattere fino all’estremo, dato che non troverà a sua volta quartiere.  Ma soprattutto, il condottiero, sentendosi   inferiore   e minacciato   d'avvolgimento, dovrà sciogliere la banda così che si ritragga per molte vie e a piccoli nuclei. Nulla importa che la banda retroceda   o fugga e sembri dissolversi, se tutti sapranno dove e come riunirsi. E allora la lotta continuerà più che mai inesorabile, e il nemico, che si crederà vincitore, si troverà di nuovo assalito sui fianchi e alle spalle. Non solo, ma via via i capi delle bande e i capi delle organizzazioni clandestine dovranno procedere inesorabilmente all’eliminazione dei nemici e altresì degli stessi elementi sospetti e infidi. Sarà certamente una cosa atroce, ma necessaria per evitare un nuovo fallimento della rivoluzione, come già avvenne in Spagna, in Portogallo, a Napoli e in Piemonte.