L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
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venerdì 31 luglio 2015

Ancona: 29 settembre 1860

LA CONQUISTA DI ANCONA
CONCLUSIONE DELLA CAMPAGNA NELLE MARCHE
29 SETTEMBRE 1860



Il 29 settembre 1860 è l’ultimo giorno di Ancona sotto la dominazione del Potere temporale dei Papi, iniziato con l’azione dell’Albornoz sei secoli prima. La resa della guarnigione pontificia alle truppe sarde del generale Fanti, che la stringevano d’assedio dal 23 settembre, fu pagata dalla dorica con danni noteVoli tra cui la distruzione di un suo monumento: la Lanterna.

Ancona era assediata dal sud dal V Corpo d’Armata al comando del generale Morozzo della Rocca, da nord, da quelle del IV Corpo al comando del generale Cialdini. Questi era reduce dalla battaglia di Castelfidardo, combattuta il 18 settembre sulle pendici di Colle Oro,davanti a Loreto,  che da un punto puramente tattico, si può definire la prima battaglia per la conquista di Ancona, nel quadro della campagna nelle Marche da parte dell’Esercito Sardo. Un notevole contributo a questa giornata vittoriosa fu dato dalla flotta al comando dell’ammiraglio Persano. Infatti la squadra sarda si era presentata davanti alle acque di Ancona il 17 settembre e si era ancorata, la sera, davanti a Senigallia. Qui il Persano scese a terra e raggiunse il Cialdini al auo quartier generale a Sant’Agostino, sotto Castelfidardo, e concertò con lui il piano per il giorno successivo.

Compito suo era quello di trattenere la guarnigione pontificia di Ancona, al comando del De Courthen che proprio quel 17 settembre di buon mattino era uscita con una colonna di 4000 uomini  per incontrare le forze pontificie, circa 8500 uomini, provenienti dall’Umbria al comando del De La  Moricère. Cialdini voleva evitare che il 18 settembre le forze pontificie avessero la possibilità di riunirsi . Persano doveva presentarsi davanti il porto di Ancona e bombardare i forti e minacciare sbarchi, costringendo così De Courthen a non tentare sortite.
Permettendo a Cialdini  di contenere prima e poi a disperdere le forze di De La Moriciere, Persano bombardò tutta la giornata Ancona, bloccando la guarnigione anche con la minaccia di sbarchi,  e molti colpi raggiunsero case della dorica, provocando molti danni. Uno di questi è particolarmente interessante da raccontare.

Gli Amici dell’ Albergo “ Roma”, un programma non confermato

I Sardi avevano organizzato un servizio di informazioni, riuniti in un Comitato, all’interno della dorica, che tenne correntemente informato il Comando Sardo dall’andamento delle operazioni pontificie. Alcuni componenti di questo Comitato lavoravano all’ Albergo “Roma”, quello che oggi è l’Albergo Roma e Pace , in via Leopardi, e convinsero il proprietario, vedendo le manovre della Flotta e la chiara intenzione di minacciare sbarchi a preparare per la sera del 18 un ricco menu: i comandanti Sardi sarebbero stati ben accolti da Ancona liberale.
I cuochi e tutto il personale fu eccitato da questa inIziativa e tutto l’albergo partecipava ai preparativi. Purtroppo l’uomo propone e  dio  dispone; nella fattispece le disposizioni degli dei furono tutte in uno dei ultimi colpi nelle prime ore del pomeriggio sparati dalle navi sarde: questo proietto concluse la sua parabola sul tetto dell’Albergo “Roma” che penetrò all’interno ed arrivò, di piano in piano, fino alle cucine; non fece vittime, ma procurò danni molti calcinacci e molta polvere, che come si può comprendere cadde sui preparativi e sui cibi per la grande cena della liberazione.Oltre al danno  per i nostri patrioti non poteva non esserci che la beffa.
Il De La Moricière, sconfitto a Colle Oro, verso del due del pomeriggio del 18 settembre raggiunse Umana e per un soffio non fu fatto prigioniero, raggiunse il convento dei Camaldolesi sulla cima di Monte Conero, scese poi al Poggio  e raggiunse, attraverso la valle degli Orti, quello che oggi è il quartiere Adriatico, Porta Calamo ( Piazza Roma) e fu accolto dalle autorità pontificie di Ancona sulla piazza davanti alle Muse. Qui comunicò le tristi notizie della giornata ( erano le 17,30 del 18 settembre) e un’ora dopo fu accompagnato all’albergo “Roma”, per riprendersi dalle fatiche e strada facendo fu informato, perché ieri come oggi, ad Ancona si sa tutto, dei progetti del patrioti dell’Albergo “Roma”.

Messo di buon umore, ben accetto di mettersi a tavola e, insieme ai suoi comandanti, De La Moricière consumò la cena, tra risate e un po’ di scherno, non preparata per lui, sotto gli occhi di chi avrebbe preferito vedere altri generali al suo posto.

Una flotta all’attacco

Ma la cena con i desiderati protagonisti era solo rinviata. Dopo Castelfidardo tutte le forze sarde ebbero l’ordine da Fanti di confluire su Ancona. IL 23 settembre, proprio Persano dichiaro il blocco dal mare della città. Questa,intanto, si preparava all’assedio. Vi erano due linee di difesa: una esterna, che si appoggiava ai forti Scrima, di Monte Pulito, Monte Pelago e Pietralacroce; una interna che andava dal Cardeto, ai Capuccini, lungo le mura ove si aprivano le porte Farina e Calamo, in fondo come detto alla valle degli Orti, l’Astagno con la Cittadella, che dava sostegno al cosidetto campo trincerato, che includeva la Lunetta Santo Stefano con la relativa porta (qui arrivava la strada postale per Roma), e verso nord la Porta di Capodimonte terminando  a Porta Pia, cerniera tra terra e mare con il Lazzaretto.

Lungo il Porto vi erano i bastioni di Santa Lucia e d’Agostino fino al molo nord in cui si eregeva La Lanterna. Il De La Moriciere in queste mura, ad Aprile del 1860 quando ispezionò Ancona per la prima volta fece aprire un varco quello che oggi è tra la Banca d’Italia e il Palazzo della RAI, a piazza delle Muse, per dare più respiro al Porto. I vecchi anconetani lo chiamavano  il “delamoriciere”. Il porto era chiuso da una catena collegata dal molo, a sud, e a nord alla base della Lanterna.
Purtoppo la difesa non aveva abbastanza forze per occupare tutte queste posizioni. Sarebbero occorse oltre 8/9000 uomini; ve ne erano solo 4000 disponibile. Quindi ai primi attacchi la difesa esterna doveva essere abbandonata e tutti i difensori dovevano raggiungere le posizioni della difesa interna. Il 26 settembre, quando le truppe di Morozzo della Rocca raggiunsero Pietralacroce, il forte era presidiato da due compagnie pontificie. Senza che ci fosse ordini precisi i fanti del 40° Reggimento iniziarono un cenno di attacco; questo ebbe successo e, coinvolte altre truppe conquistarono il forte, poi arrivarono nell’abitato e proseguirono verso il forte di Monte Pelago e Monte Pulito investendolo. Qui furono fermati. A ricordo di questi combattimento è stato eretto un Monumento, oggi circondato dagli alberi, da una catena, e  nascosto alla vista di tutti.

Cavour, anche ministro della Marina,  voleva per la Marina Sarda un momento di gloria, e incitava il Persano ad azioni ardite. L’Ammiraglio tentò di prendere Ancona con dei colpi di mano; messe in mare la sera del 25, e poi la sera del 26, delle lance, e l’ultima spedizione la guidò personalmente, tentò di conquistare le posizioni del Lazzaretto. I colpi di mano non riuscirono, ma indebolì le difese del Lazzaretto e il giorno successivo, 27 settembre, i Bersaglieri del IV Corpo, ebbero modo di assaltare la Mole Vanvitelliana e conquistarla.

Questo privò la difesa del porto del suo pilastro sud, cosa che sarà determinante il giorno successivo. La mattina del 28 Persano ebbe l’ordine da Fanti di una azione generale della flotta per saggiare le difese della piazzaforte e mettere a punto l’attacco di terra, essendo ormai tutte le truppe giunte a ridosso di Ancona.
Persano ordinò alle sue navi, (la squadra era composta dalla Maria Adelaide, dal Governolo, dal San Michele, il Cavour, dal Costituzione, dal Vittorio Emanuele II ed altre minori a sostegno.

Le navi manovrarono per iniziare il tiro contro le difese. La Maria Adelaide era in riserva, tutte le altre iniziarono in breve un tiro preciso e mirato. Il mare non era calmo,  e soffiava un vento teso di scirocco. Il tiro controcosta da parte di navi era eseguito ancorando le navi il più possibile, per dare agli artiglieri  la massima stabilità, da cui dipendeva la precisione del tiro stesso.  Il Vittorio Emanuele II, al comando del capitano Albini, vice di Persano, dopo un ora di fuoco, per via del vento che andava rinforzandosi e del fatto che si era ancorato non sufficentemente, veniva dal vento portato fuori dalla linea di tiro.
Il gen Fanti e gli altri comandanti Sardi stavano vedendo l’azione della Marina da Posatora, con i binocoli; Fanti vedendo il tiro efficace della flotta, fece trasmettere alla Maria Adelaide i propri complimenti. Persano, sulla Maria Adelaide li ristramise alle navi in linea di tiro. I saluti non giunsero al Vittorio Emaniele II che nel frattempo era stato portato al largo, arando il fondo. L’Albini, piccato da tutto questo, e irritato che la sua nave non riusciva a mantenere la posizione, chiese libertà di manovra, che gli fu accordata.
La manovra del Vittorio Emanuele II, è all’origine della caduta di Ancona. Ripresa la linea di navigazione con un ampio cerchio con andamento nord-est si mise in modo tale da puntare diritto sulla Lanterna. Alla debita distanza virò verso destra, puntando a nord ovest, e mise tutti i suoi cinquanta cannoni della fiancata di sinistra pronti al tiro. Il Vittorio Emanuele II passo a soli cinquanta metri dalla Lanterna; gli artiglieri sulla nave spararono ad alzo zero, in sequenza. L’effetto fu devastante. I colpi finirono di distruggere la batteria “in barbetta”, già colpita, della Lanterna; uno degli ultimi ( le fonti pontificie dicono che rimbalzò varie volte all’interno della casamatta alla base della Lanterna stessa) entrò nella Santa Barbara, che poco dopo esplose. In quel momento uno dei monumenti di Ancona andava in frantumi, seppellendo oltre 125 artiglieri pontifici. Il tremendo boato scosse tutta la città e la  nuvola di polvere avvolse ogni cosa; crollava il sostegno della catena, che affondava. Il porto era aperto e libero per le compagnie di sbarco. L’azione dell’Albini ebbe vasta eco nelle marinerie del tempo, in cui si iniziò a pensare che era possibile il tiro contro costa in movimento. Perfino la Royal Nevy mandò ad Ancona, nei mesi successivi, una commissione a studiare come erano andate le cose.
Erano le 16 pomeridiane del 28 settembre 1860. Dopo mezz’ora da tutti i forti di Ancona si alzò la bandiera bianca.
Una nota triste. Comandava la batteria della Lanterna il ten. Wiesenthal. Questi era di ricca famiglia austriaca, ed amava il mestiere delle armi. Un bel giovane, fine, di buone maniere, che la primavera prima aveva conosciuto una ragazza altrettanto bella e di buona famiglia; si innamorarono e progettavano di sposarsi alla fine dell’estate. Poi lui era dovuto partire e la destinazione fu Ancona. Avevano deciso, prima che la guerra scoppiasse, di sposarsi proprio nella Dorica e viverci, data la bellezza della città, a fine settembre. Lei sarebbe giunta appena possibile ad Ancona per sposarsi e Wiesenthal non faceva che chiedere notizie per sapere se la guerra poteva incidere sui suoi progetti.
 Faceva vedere la foto a tutti, ed era veramente innamorato. Wiesenthal rimase sotto le macerie della Lanterna. Lei raggiunse Ancona appena libera. Il Quattrebarbes, governatore di Ancona pontifica, che ci racconta questa vicenda, nel suo “Souvenirs d’Ancone” non ci dice quello che accade nei particolari, ma dice che fu “tutto molto triste”. Altre fonti dicono che Lei riportò in Austria il suo Wiesenthal ed Ancona gli rimase sempre nel cuore.

Ma di vicende, non solo tristi, che qui non vi è spazio per narrarle  è ricco questo Assedio di Ancona, il terzo, in cinquant’anni, dopo quello del 1799, e del 1849, Un assedio di cui pontifici e Sardi protagonisti di quegli eventi serbarono sempre in gran bel ricordo di Ancona.

De La Moricière mandò i parlamentari di resa a bordo della Maria Adelaide; Persano li rimandò indietro comunicando che solo il gen. Fanti poteva accettare la resa. In questo andirivieni di parlamentari, nonostante che le bandiere bianche fossero esposte, il Fanti alle 22,30 di sera ordinò di riprendere il fuoco con le batterie di campagna. Questo mancanza di rispetto della bandiera bianca fu oggetto in seguito di violente polemiche soprattutto in Francia. La mattina del 29 settembre l’attacco generale era pronto, ma finalmente i parlamentari giunsero davanti alla persona giusta. La resa fu firmata a Villa Favorita, sotto Castro, sede del Comando di Fanti.

Ancorchè caduta il 28 settembre, la resa fu firmata ufficialmente il 29 settembre. Finalmente i nostri amici dell’albergo “Roma” potevano festeggiare come si deve. Ancona era italiana, e come è di regola, pagò la sua libertà ad un prezzo non certo basso. Della Lanterna è rimasto solo il basamento dove fu successivamente costruita l’infermeria della Marina Militare. La via che ancora oggi ricorda quegli eventi, Via 29 settembre 1860,  corre lungo la difesa a mare tra Porta Pia e il bastione di Santa Lucia fino al “delamoriciere”.


Ed è un piacere passeggiarci, guardando il porto, la base della Lanterna, porta Pia, spesso pensando anche alla  vicenda del tenente Wiesenthal ed alle altre vicende di quei giorni che ti rendono non certo indifferente ed apparire  insignificante quel “29 settembre 1860”.M.C.)

giovedì 30 luglio 2015

Ordine del Giorno del Gen Charette per la morte de Cappellano militare Padre Doussot


Verso della fotografia che ritrare Padre Doussot pubblicata con post in data 8 giugno 2015. Riporta l'Ordine del Giorno stilato dal generale de Charette in occasione della morte del Cappellano militare il 19 marzo 1904.
Padre Doussot celebrò la messa per gli Zuavi alla mattina della battaglia di Mentana