L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
Società Editrice Nuova Cultura. contatti: ordini@nuovacultura.it

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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
II Edizione - Accademia di Oplologia e Militaria
- in tutte le librerie d'Italia
- on line, all'indirizzo ordini@nuova cultura.it,
- catalogo, in www.nuovacultura.it
- Roma Universita La Sapienza, "Chioschi Gialli"
- in Ancona, presso Fogola Corso Mazzini e press o Copyemme

martedì 25 gennaio 2011

Appuntamento culturale
al Consiglio Nazionale delle Ricerche:
come leggere la storia. Il 18 settembre 1860.

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE “IL PONTE”, presieduta da Norberto Nicolai, 21 gennaio 2011, ha organizzato nella sala “Prometeo” del CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – CNR, a Roma Piazza Aldo Moro un incontro culturale incentrato sui temi del nostro risorgimento, nel quadro delle attività volte a celebrare il 150° anniversario della nostro Unità Nazionale.
E’ stato presentato il volume di Massimo Coltrinari, Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, edito dalla Società Editrice Nuova Cultura, operante nell’ambito della Università La Sapienza.

Hanno preso la parola, il Dott. Gino Falleri, Giornalista, Segretario aggiunto del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che ha tratteggiato lo schema generale del volume ed ha sottolineato che la dovizia di particolari e la rigorosità scientifica dell’opera, che nulla lascia alle interpretazioni di comodo, permette di avvicinarsi al Risorgimento veramente con interesse e partecipazione; a seguire ha illustrato alcuni aspetti del 1860, il nostro “anno mirabilis”, l’Ing. Giorgio Prinzi, giornalista, che ha evidenziato come la conoscenza della realtà, come ad esempio la presenza di Cialdini in Osimo la mattina del 18 settembre ed altre situazioni reali, permette di presentare i fatti unitari senza approcci falsi e bugiardi nell’interesse di una memoria condivisa da parte tutti gli Italiani.

L’incontro, che ha riscosso notevole successo, ha visto la presenza, tra le altre, oltre quella dell’Autore, anche dell’Incaricato d’Affari di Taiwan a Roma, che ha gradito molto in dono una copia del volume con dedica.
A.M.

Il Volume, Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Società Editrice Nuova Cultura, Università La Sapienza, 2010, pag. 331, ill. Euro 21. ISBN 978-88-6134-379-5 è reperibile in ogni libreria e ad Osimo presso l’edicola sotto le logge

martedì 18 gennaio 2011

RAPPORTO LEOTARDI

Dal comandante la 7° Divisione al generale Cialdini, comandante il IV° Corpo d’Armata.

Dal quartier generale di Riocanale, il 20 settembre 1860

A seconda degli ordini ricevuti dalla S.V. mi rivolsi al comandante Goudenhoven ed anche a tutti i comandanti di corpo; ma malgrado la premura loro fatta, non potei ottenere gli stati tutti delle varie nazioni a cui appartengono i prigionieri; riuscii però, mediante il concorso d’un capitano di stato maggiore dietro una richiesta che aveva per viveri, a compilare lo stato che qui le trasmetto compiegato, della precisione del quale non potrei del tutto rispondere, ma che credo però sia assai approssimativo. Il disarmo di eri venne eseguito con tutta la regolarità possibile compatibilmente alla ristrettezze del terreno, del tempo avuto per dare le necessarie disposizioni, ed all’ora tarda; finì ad un’ora dopo la mezzanotte. Le munizioni, armi, buffetterie ecc. vennero già in gran parte spedite a S.Sabino a seconda dell’ordine portato da un ufficiale di artiglieria per parte del colonnello Franzini. Il rimanente si spedirà appena avrò i mezzi di trasporto necessari, dei quali havvi assoluta penuria.

Fin ora ogni cosa si passò in perfetta regola, tranne alcuni piccoli disordini cagionati soprattutto dagli austriaci e svizzeri, ma che vennero tosto repressi.

Trasmetto infine, qui compiegate, ancora alcune dimande inoltrate da vari ufficiali, e rappresento alla S.V. come pressoché tutti i comandanti di corpo, e fra gli altri il principe di Ligne, che trovasi nelle Guide, dimanderebbero di passare per Roma, ove parte dicono aver le loro famiglie, e parte conti da assestare col governo pontificio.

Pregherei la S.V. di volermi far conoscere la sua intenzione a tale riguardo, ed in pari tempo, siccome le difficoltà che s’incontrano ad ogni momento in tutte le operazionisono piuttosto gravi, insisterei acciò si potesse far partire al più presto tale gente, di cui una gran parte non riconosce più nemmeno l’autorità dei propri ufficiali, e da cui è difficilissimo sì di farsi comprendere, che di farsi ubbidire senza ricorrere alla forza.

Il Comandante la 7a Divisione

LEOTARDI.”

domenica 9 gennaio 2011

Biografia Generale De La Moriciére II

Christophe-Louis-Léon Juchault de Lamoricière naquit à Nantes, le 5 février 1806. Après des études au collège de Nantes, il monta à Paris pour préparer l'Ecole polytechnique, car il voulait, comme ses oncles maternels, devenir officier du génie. A la pension Lecomte, il se lia avec Gustave d'Eichtall, qui lui donna comme répétiteur Auguste Comte, et Kergorlay, qui le mit en relation avec Alexis de Tocqueville. Admis en 1824 à l'Ecole polytechnique, élève sous-lieutenant à l'école d'application de l'artillerie et du génie de Metz en 1826, Léon Juchault de Lamoricière fut promu lieutenant en second au 3e régiment du génie, le 31 janvier 1829. Officier d'état-major de cette arme, il fut attaché à la division du général duc des Cars grâce au père de son ami de Kergorlay, pair de France, et il débarqua le 14 juin 1830 à Sidi-Ferruch avec le corps expéditionnaire du maréchal Bourmont. Ce fut lui qui planta le drapeau français sur la Casbah d'Alger. Sympathisant saint-simonien, Lamoricière se passionna pour les hommes et les coutumes de l'Algérie et apprit l'arabe. Ses qualités le firent remarquer du commandement. Ainsi, lorsque Bourmont puis Clauzel mirent sur pied des troupes auxiliaires indigènes recrutées parmi les tribus berbères Zouawa de Kabylie, au début de 1831, Léon de Lamoricière fut affecté au 2e bataillon des zouaves, dont il devint peu à peu le grand spécialiste. Capitaine le 1er novembre 1830, chef de bataillon le 2 novembre 1833 et lieutenant-colonel commandant l'ensemble du corps des zouaves le 31 décembre 1835, il fit de cette troupe un corps d'élite. C'est de Lamoricière que les zouaves reçurent leur costume définitif : une molletière de cuir, une grande ceinture de laine rouge et une chechia ou bonnet rouge à gland bleu.

A la fin de 1833, en raison de la connaissance qu'il avait acquise des différents dialectes arabes, Lamoricière fut nommé directeur du premier " bureau arabe ", créé par le général Avizard pour traiter toutes les affaires indigènes, observer journellement la situation du pays et s'inquiéter des besoins de la population. La confiance avec laquelle Lamoricière se présentait au milieu des Arabes, une simple canne à la main, gagna peu à peu les tribus voisines, et comme il appuyait parfois ses raisons de coups de canne, on ne le connut plus que sous le nom de " Bou-Arona " (père du bâton). Chargé de reconnaître Bougie, Lamoricière monta lui-même à l'assaut de la place, en septembre-octobre 1833, et il fut promu colonel à la suite du siège de Constantine, où il s'était distingué et avait été blessé par l'explosion d'une mine, en octobre-novembre 1837. Rappelé à Paris en 1839, renvoyé en Afrique en 1840, Lamoricière prit part au combat de Mouzaïa, en mai, et fut promu maréchal de camp, le 21 juin. Mis à la tête de la division d'Oran alors que Cavaignac lui succédait à la tête du corps des zouaves, il mérita par son courage dans l'expédition de Mascara un éloge particulier du maréchal Bugeaud (5 juin 1841) pour ses talents d'administrateur et sa bravoure militaire. Habile à la guerre de surprises, il ravitailla Mascara malgré les troupes d'Abd-el-Kader et il obligea la tribu des Flittas à se soumettre, ce qui lui valut d'être nommé lieutenant général, le 9 avril 1843. Le 30 mai 1844, il repoussa une importante attaque contre le camp de Lalla-Maghnia menée par les Marocains dont Abd-el-Kader avait obtenu le soutien, et il fut fait commandeur de la Légion d'Honneur. Le 14 août 1845, il contribua, pour une large part, à la victoire d'Isly contre les Marocains. En novembre 1845, il reçut de Bugeaud, qui se rendait en France, le commandement intérimaire de l'Algérie. La colonisation de l'Algérie rencontrait alors à la Chambre une vive opposition. Lamoricière qui avait de son côté des idées personnelles sur le système de colonisation, résolut de les porter à la tribune, et dans ce but, se présenta aux élections générales du 12 août 1846, dans le premier arrondissement de Paris, comme candidat de l'opposition modérée ; mais il échoua avec 493 voix contre 750 à Casimir Périer. Il se représenta le 10 octobre 1846 dans le 4e collège de la Sarthe (Saint-Calais) qui avait à pourvoir au remplacement de Gustave de Bourmont. Il fut élu cette fois par 207 voix sur 369 votants et 408 inscrits, parla à la Chambre de l'organisation de l'Algérie et de l'avancement des officiers nommés à des fonctions spéciales. Il ne tarda pas à retourner en Afrique. Le 23 octobre 1847, quatre ans après la prise de la smala d'Abd-el-Kader, Lamoricière reçut l'épée de l'émir, au nom du duc d'Aumale, pour un temps gouverneur de l'Algérie.

La révolution de 1848 accéléra la carrière politique de Lamoricière. Fait grand officier de la Légion d'Honneur le 14 janvier 1848, il fut compris dans la combinaison ministérielle Odilon Barrot-Thiers proposée in extremis par Louis-Philippe pour apaiser le mécontentement populaire (24 février). Ce fut lui qui, en uniforme de la garde nationale dont il venait de recevoir le commandement, fut chargé d'annoncer aux insurgés la constitution du nouveau ministère. Mais à la première barricade, on refusa de l'écouter et de le laisser passer. Après l'abdication, il voulut encore annoncer aux insurgés la régence de la duchesse d'Orléans. Son cheval tomba, frappé de balles, et lui-même fut blessé d'un coup de baïonnette. Lamoricière adhéra au gouvernement provisoire mais refusa le portefeuille de la Guerre qui lui était proposé. Elu le 23 avril député de la Sarthe à l'Assemblée constituante, il siégea parmi les partisans de Cavaignac et fit partie du comité de la Guerre. Cavaignac, chargé par la commission pour le pouvoir exécutif de rétablir l'ordre, le plaça avec le général Bedeau à la tête des 23 000 soldats et des 12 000 gardes mobiles rassemblés pour faire face aux émeutes des 23, 24 et 25 juin. Le 28, Cavaignac rendit ses pleins pouvoirs. La commission pour le pouvoir exécutif céda la place à un Président du Conseil élu par les députés, mais libre de choisir ses ministres. Président du Conseil, Cavaignac confia le ministère de la Guerre à Lamoricière, le 28 juin. Celui-ci put alors faire prévaloir ses idées sur l'Algérie. Il fit voter un crédit de 50 millions pour la création de colonies agricoles, en opposition avec les colonies militaires jusqu'en ici en faveur, créa une commission de révision de la législation dans la colonie, fit payer les indemnités dues depuis le début de la conquête aux indigènes pour les expropriations, fit mettre en place des municipalités, créa des préfectures et fit prévaloir le régime civil.

Ayant pris position contre la candidature du prince Louis-Napoléon à la présidence de la République, Lamoricière dut quitter son ministère dès le 20 décembre. Il retrouva son siège de député de la Sarthe aux élections générales du 13 mai 1849 et se vit confier une mission extraordinaire en Russie auprès du tsar, qui appuyait alors l'Autriche en guerre contre la Hongrie révoltée. Mais la chute du ministère Odilon Barrot lui fit donner sa démission d'envoyé à Saint-Pétersbourg et le général revint siéger à l'Assemblée. Arrêté dans la nuit du 2 décembre 1851, Lamoricière fut incarcéré à Mazas, puis à Ham, et en vertu du décret du 9 janvier 1852, il fut banni et conduit à Cologne. Il refusa en termes très vifs, par une lettre publiée dans la presse (mai), le serment réclamé par le nouveau gouvernement aux officiers qui voulaient rester en activité, et il résida successivement à Bruxelles, Coblence, Mayence, Wiesbaden et Ems. Il avait déjà perdu sa fille aînée en février 1850 ; il fut autorisé à revenir en France après la mort de son fils cadet, Michel, en 1857.

Resté en France, Lamoricière accueillit, en 1860, les ouvertures de son cousin, Monseigneur Xavier de Mérode, ministre des armées du gouvernement pontifical, qui avait persuadé le pape Pie IX de lui offrir le commandement en chef des armées pontificales. Après avoir demandé et obtenu l'autorisation de Napoléon III, le général prit possession de son commandement (8 avril 1860), se trouva en lutte avec le cardinal Antonelli et parvint à rassembler une armée de 16 000 hommes, constituée en majorité de volontaires français et belges qui servirent dans les " zouaves pontificaux ". Mais il se fit battre par l'armée piémontaise à Castelfidardo (18 septembre 1860) et à Mentana (3 novembre 1860). Assiégé dans Ancône, il dut capituler devant l'amiral Persano et fut laissé en liberté à condition de ne pas porter les armes contre les troupes piémontaises pendant un certain temps. De retour à Rome, il s'occupa encore de réformes militaires et publia un rapport qui mettait à nu le désordre administratif du gouvernement pontifical. Le général de Lamoricière se retira alors dans son château de Prouzel, près d'Amiens (Somme), où il mourut le 11 septembre 1865. Lamoricière fut inhumé dans la chapelle de famille, à Saint-Philbert-de-Grandlieu. Après la prise de Rome en 1870, les zouaves pontificaux français passèrent au service de la France.

Dès 1866, une souscription fut lancée à l'initiative du général Changarnier pour faire édifier un tombeau à la gloire de Lamoricière dans la cathédrale Saint-Pierre de Nantes. Ce monument - un cénotaphe en réalité - fut élevé en 1879 dans le transept nord. Conçu par l'architecte Boitte qui s'inspira du monument funéraire de Louis XII et d'Anne de Bretagne à Saint-Denis, il fut réalisé par le sculpteur Masseron, avec le concours de Paul Dubois. Les marbres furent donnés par Pie IX en reconnaissance des services rendus par le général à la papauté. Au chevet du monument, un médaillon représente ses deux filles, Henriette et Isabelle. Aux angles, quatre statues symbolisent le Courage militaire, la Charité, la Foi et la Méditation. Lors des cérémonies officielles de 1879, Monseigneur Dupanloup, évêque d'Orléans, fit l'éloge du défunt, et une délégation de zouaves pontificaux (Salmonière, Andigné, Villèle, Terves, La Perraudière, Polignac) vint rendre hommage à l'ancien commandant en chef des armées pontificales. Lamoricière donna son nom à une ville du département de Tlemcen, située non loin des vestiges de la colonie romaine d'Altava (actuelle Ouled Mimoun). Quant à la statue monumentale due à Jean-Baptiste Belloc et érigée en 1908 à Constantine, elle fut rapatriée à Saint-Philbert-de-Grandlieu au moment de l'indépendance de l'Algérie, et inaugurée en 1969.

Le 21 avril 1847, le général de Lamoricière avait épousé Marie-Amélie Gaillard d'Auberville (1827-1905), issue d'une vieille famille picarde (cf. infra). Le général de Lamoricière et Marie-Amélie Gaillard d'Auberville, eurent une fille et un fils qui moururent en bas âge, et deux filles, Henriette (1850-1869), qui épousa François de Maistre, capitaine d'état-major de l'armée pontificale, et Isabelle (1853-1919), qui épousa en premières noces le comte Aymar de Dampierre.

par l'architecte Boitte qui s'inspira du monument funéraire de Louis XII et d'Anne de Bretagne à Saint-Denis, il fut réalisé par le sculpteur Masseron, avec le concours de Paul Dubois. Les marbres furent donnés par Pie IX en reconnaissance des services rendus par le général à la papauté. Au chevet du monument, un médaillon représente ses deux filles, Henriette et Isabelle. Aux angles, quatre statues symbolisent le Courage militaire, la Charité, la Foi et la Méditation. Lors des cérémonies officielles de 1879, Monseigneur Dupanloup, évêque d'Orléans, fit l'éloge du défunt, et une délégation de zouaves pontificaux (Salmonière, Andigné, Villèle, Terves, La Perraudière, Polignac) vint rendre hommage à l'ancien commandant en chef des armées pontificales. Lamoricière donna son nom à une ville du département de Tlemcen, située non loin des vestiges de la colonie romaine d'Altava (actuelle Ouled Mimoun). Quant à la statue monumentale due à Jean-Baptiste Belloc et érigée en 1908 à Constantine, elle fut rapatriée à Saint-Philbert-de-Grandlieu au moment de l'indépendance de l'Algérie, et inaugurée en 1969.

Le 21 avril 1847, le général de Lamoricière avait épousé Marie-Amélie Gaillard d'Auberville (1827-1905), issue d'une vieille famille picarde (cf. infra). Le général de Lamoricière et Marie-Amélie Gaillard d'Auberville, eurent une fille et un fils qui moururent en bas âge, et deux filles, Henriette (1850-1869), qui épousa François de Maistre, capitaine d'état-major de l'armée pontificale, et Isabelle (1853-1919), qui épousa en premières noces le comte Aymar de Dampierre.


Biografia Famiglia De La Moriciére I

En 1873, Anicet Marie Aymar, comte de Dampierre, fils du marquis Elie, épousa Marie-Isabelle, la plus jeune fille du général de Lamoricière.


La famille de Juchault de Lamoricière et des Jamonières, originaire du comté de Nantes, aurait pour auteur René Juchault, notaire royal au XVIe siècle, dont la postérité se divisa en deux branches. L'aînée dite des Blottereaux s'éteignit au XVIIIe siècle. La cadette eut pour auteur Claude Juchault, seigneur du Perron, secrétaire en la Chambre des comptes de Bretagne, et dont le fils Christophe Juchault, seigneur de Lorme, maître en la Chambre des comptes de Bretagne, fut maintenu dans sa noblesse en 1669. Le mariage du fils de Christophe, lui aussi prénommé Christophe Juchault, seigneur de Lorme, avec Geneviève-Marquise-Prudence Bouhier de La Verrie, en 1703, fit entrer dans la famille Juchault les seigneuries de Lamoricière, des Jamonnières et du Piépain. De cette union naquirent deux fils. Le cadet, Louis Marie Juchault, seigneur des Jamonnières fut l'auteur de la branche des Juchault de Jamonières. L'aîné, Christophe Prudent Juchault (1729-1792), seigneur de Lamoricière et de Monceaux, épousa Marie-Félicité du Chaffault. Lorsqu'éclata la Révolution, Christophe-Prudent Juchault servait dans les mousquetaires du roi. Son corps dispersé, il rejoignit l'armée de Condé avec ses deux fils. Il mourut en 1792, ainsi que son fils aîné. Le cadet, Christophe-Sylvestre-Joachim, passa en Angleterre, à Jersey, débarqua à Granville, rentra en Anjou puis alla rejoindre l'armée de Charette. Ses biens étant placés sous séquestre, Sylvestre de Lamoricière ne possédait plus que la chapelle du Chaffault, à Saint-Philbert-de-Grandlieu.

Après la pacification de la Vendée, Sylvestre de Lamoricière (1774-1821) épousa Louise-Sophie-Désirée Robineau de Bougon et put ainsi racheter sa terre de Lamoricière. Ils eurent trois enfants : Christophe-Louis-Léon, le futur général, une fille qui ne vécut pas longtemps, et un deuxième fils, Joseph, surnommé Josi, qui fut secrétaire d'ambassade au Mexique et qui mourut de la fièvre jaune, en 1838, à bord d'un vaisseau de la flotte française qui bloquait la Vera-Cruz.

Christophe-Louis-Léon Juchault de Lamoricière naquit à Nantes, le 5 février 1806. Après des études au collège de Nantes, il monta à Paris pour préparer l'Ecole polytechnique, car il voulait, comme ses oncles maternels, devenir officier du génie. A la pension Lecomte, il se lia avec Gustave d'Eichtall, qui lui donna comme répétiteur Auguste Comte, et Kergorlay, qui le mit en relation avec Alexis de Tocqueville. Admis en 1824 à l'Ecole polytechnique, élève sous-lieutenant à l'école d'application de l'artillerie et du génie de Metz en 1826, Léon Juchault de Lamoricière fut promu lieutenant en second au 3e régiment du génie, le 31 janvier 1829. Officier d'état-major de cette arme, il fut attaché à la division du général duc des Cars grâce au père de son ami de Kergorlay, pair de France, et il débarqua le 14 juin 1830 à Sidi-Ferruch avec le corps expéditionnaire du maréchal Bourmont. Ce fut lui qui planta le drapeau français sur la Casbah d'Alger. Sympathisant saint-simonien, Lamoricière se passionna pour les hommes et les coutumes de l'Algérie et apprit l'arabe. Ses qualités le firent remarquer du commandement. Ainsi, lorsque Bourmont puis Clauzel mirent sur pied des troupes auxiliaires indigènes recrutées parmi les tribus berbères Zouawa de Kabylie, au début de 1831, Léon de Lamoricière fut affecté au 2e bataillon des zouaves, dont il devint peu à peu le grand spécialiste. Capitaine le 1er novembre 1830, chef de bataillon le 2 novembre 1833 et lieutenant-colonel commandant l'ensemble du corps des zouaves le 31 décembre 1835, il fit de cette troupe un corps d'élite. C'est de Lamoricière que les zouaves reçurent leur costume définitif : une molletière de cuir, une grande ceinture de laine rouge et une chechia ou bonnet rouge à gland bleu.

A la fin de 1833, en raison de la connaissance qu'il avait acquise des différents dialectes arabes, Lamoricière fut nommé directeur du premier " bureau arabe ", créé par le général Avizard pour traiter toutes les affaires indigènes, observer journellement la situation du pays et s'inquiéter des besoins de la population. La confiance avec laquelle Lamoricière se présentait au milieu des Arabes, une simple canne à la main, gagna peu à peu les tribus voisines, et comme il appuyait parfois ses raisons de coups de canne, on ne le connut plus que sous le nom de " Bou-Arona " (père du bâton). Chargé de reconnaître Bougie, Lamoricière monta lui-même à l'assaut de la place, en septembre-octobre 1833, et il fut promu colonel à la suite du siège de Constantine, où il s'était distingué et avait été blessé par l'explosion d'une mine, en octobre-novembre 1837. Rappelé à Paris en 1839, renvoyé en Afrique en 1840, Lamoricière prit part au combat de Mouzaïa, en mai, et fut promu maréchal de camp, le 21 juin. Mis à la tête de la division d'Oran alors que Cavaignac lui succédait à la tête du corps des zouaves, il mérita par son courage dans l'expédition de Mascara un éloge particulier du maréchal Bugeaud (5 juin 1841) pour ses talents d'administrateur et sa bravoure militaire. Habile à la guerre de surprises, il ravitailla Mascara malgré les troupes d'Abd-el-Kader et il obligea la tribu des Flittas à se soumettre, ce qui lui valut d'être nommé lieutenant général, le 9 avril 1843. Le 30 mai 1844, il repoussa une importante attaque contre le camp de Lalla-Maghnia menée par les Marocains dont Abd-el-Kader avait obtenu le soutien, et il fut fait commandeur de la Légion d'Honneur. Le 14 août 1845, il contribua, pour une large part, à la victoire d'Isly contre les Marocains. En novembre 1845, il reçut de Bugeaud, qui se rendait en France, le commandement intérimaire de l'Algérie. La colonisation de l'Algérie rencontrait alors à la Chambre une vive opposition. Lamoricière qui avait de son côté des idées personnelles sur le système de colonisation, résolut de les porter à la tribune, et dans ce but, se présenta aux élections générales du 12 août 1846, dans le premier arrondissement de Paris, comme candidat de l'opposition modérée ; mais il échoua avec 493 voix contre 750 à Casimir Périer. Il se représenta le 10 octobre 1846 dans le 4e collège de la Sarthe (Saint-Calais) qui avait à pourvoir au remplacement de Gustave de Bourmont. Il fut élu cette fois par 207 voix sur 369 votants et 408 inscrits, parla à la Chambre de l'organisation de l'Algérie et de l'avancement des officiers nommés à des fonctions spéciales. Il ne tarda pas à retourner en Afrique. Le 23 octobre 1847, quatre ans après la prise de la smala d'Abd-el-Kader, Lamoricière reçut l'épée de l'émir, au nom du duc d'Aumale, pour un temps gouverneur de l'Algérie.

La révolution de 1848 accéléra la carrière politique de Lamoricière. Fait grand officier de la Légion d'Honneur le 14 janvier 1848, il fut compris dans la combinaison ministérielle Odilon Barrot-Thiers proposée in extremis par Louis-Philippe pour apaiser le mécontentement populaire (24 février). Ce fut lui qui, en uniforme de la garde nationale dont il venait de recevoir le commandement, fut chargé d'annoncer aux insurgés la constitution du nouveau ministère. Mais à la première barricade, on refusa de l'écouter et de le laisser passer. Après l'abdication, il voulut encore annoncer aux insurgés la régence de la duchesse d'Orléans. Son cheval tomba, frappé de balles, et lui-même fut blessé d'un coup de baïonnette. Lamoricière adhéra au gouvernement provisoire mais refusa le portefeuille de la Guerre qui lui était proposé. Elu le 23 avril député de la Sarthe à l'Assemblée constituante, il siégea parmi les partisans de Cavaignac et fit partie du comité de la Guerre. Cavaignac, chargé par la commission pour le pouvoir exécutif de rétablir l'ordre, le plaça avec le général Bedeau à la tête des 23 000 soldats et des 12 000 gardes mobiles rassemblés pour faire face aux émeutes des 23, 24 et 25 juin. Le 28, Cavaignac rendit ses pleins pouvoirs. La commission pour le pouvoir exécutif céda la place à un Président du Conseil élu par les députés, mais libre de choisir ses ministres. Président du Conseil, Cavaignac confia le ministère de la Guerre à Lamoricière, le 28 juin. Celui-ci put alors faire prévaloir ses idées sur l'Algérie. Il fit voter un crédit de 50 millions pour la création de colonies agricoles, en opposition avec les colonies militaires jusqu'en ici en faveur, créa une commission de révision de la législation dans la colonie, fit payer les indemnités dues depuis le début de la conquête aux indigènes pour les expropriations, fit mettre en place des municipalités, créa des préfectures et fit prévaloir le régime civil.

Ayant pris position contre la candidature du prince Louis-Napoléon à la présidence de la République, Lamoricière dut quitter son ministère dès le 20 décembre. Il retrouva son siège de député de la Sarthe aux élections générales du 13 mai 1849 et se vit confier une mission extraordinaire en Russie auprès du tsar, qui appuyait alors l'Autriche en guerre contre la Hongrie révoltée. Mais la chute du ministère Odilon Barrot lui fit donner sa démission d'envoyé à Saint-Pétersbourg et le général revint siéger à l'Assemblée. Arrêté dans la nuit du 2 décembre 1851, Lamoricière fut incarcéré à Mazas, puis à Ham, et en vertu du décret du 9 janvier 1852, il fut banni et conduit à Cologne. Il refusa en termes très vifs, par une lettre publiée dans la presse (mai), le serment réclamé par le nouveau gouvernement aux officiers qui voulaient rester en activité, et il résida successivement à Bruxelles, Coblence, Mayence, Wiesbaden et Ems. Il avait déjà perdu sa fille aînée en février 1850 ; il fut autorisé à revenir en France après la mort de son fils cadet, Michel, en 1857.

Resté en France, Lamoricière accueillit, en 1860, les ouvertures de son cousin, Monseigneur Xavier de Mérode, ministre des armées du gouvernement pontifical, qui avait persuadé le pape Pie IX de lui offrir le commandement en chef des armées pontificales. Après avoir demandé et obtenu l'autorisation de Napoléon III, le général prit possession de son commandement (8 avril 1860), se trouva en lutte avec le cardinal Antonelli et parvint à rassembler une armée de 16 000 hommes, constituée en majorité de volontaires français et belges qui servirent dans les " zouaves pontificaux ". Mais il se fit battre par l'armée piémontaise à Castelfidardo (18 septembre 1860) et à Mentana (3 novembre 1860). Assiégé dans Ancône, il dut capituler devant l'amiral Persano et fut laissé en liberté à condition de ne pas porter les armes contre les troupes piémontaises pendant un certain temps. De retour à Rome, il s'occupa encore de réformes militaires et publia un rapport qui mettait à nu le désordre administratif du gouvernement pontifical. Le général de Lamoricière se retira alors dans son château de Prouzel, près d'Amiens (Somme), où il mourut le 11 septembre 1865. Lamoricière fut inhumé dans la chapelle de famille, à Saint-Philbert-de-Grandlieu. Après la prise de Rome en 1870, les zouaves pontificaux français passèrent au service de la France.

Dès 1866, une souscription fut lancée à l'initiative du général Changarnier pour faire édifier un tombeau à la gloire de Lamoricière dans la cathédrale Saint-Pierre de Nantes. Ce monument - un cénotaphe en réalité - fut élevé en 1879 dans le transept nord. Conçu Voir le tableau généalogique numéro 8 (famille Juchault de Lamoricière)

En 1873, Anicet Marie Aymar, comte de Dampierre, fils du marquis Elie, épousa Marie-Isabelle, la plus jeune fille du général de Lamoricière.

La famille de Juchault de Lamoricière et des Jamonières, originaire du comté de Nantes, aurait pour auteur René Juchault, notaire royal au XVIe siècle, dont la postérité se divisa en deux branches. L'aînée dite des Blottereaux s'éteignit au XVIIIe siècle. La cadette eut pour auteur Claude Juchault, seigneur du Perron, secrétaire en la Chambre des comptes de Bretagne, et dont le fils Christophe Juchault, seigneur de Lorme, maître en la Chambre des comptes de Bretagne, fut maintenu dans sa noblesse en 1669. Le mariage du fils de Christophe, lui aussi prénommé Christophe Juchault, seigneur de Lorme, avec Geneviève-Marquise-Prudence Bouhier de La Verrie, en 1703, fit entrer dans la famille Juchault les seigneuries de Lamoricière, des Jamonnières et du Piépain. De cette union naquirent deux fils. Le cadet, Louis Marie Juchault, seigneur des Jamonnières fut l'auteur de la branche des Juchault de Jamonières. L'aîné, Christophe Prudent Juchault (1729-1792), seigneur de Lamoricière et de Monceaux, épousa Marie-Félicité du Chaffault. Lorsqu'éclata la Révolution, Christophe-Prudent Juchault servait dans les mousquetaires du roi. Son corps dispersé, il rejoignit l'armée de Condé avec ses deux fils. Il mourut en 1792, ainsi que son fils aîné. Le cadet, Christophe-Sylvestre-Joachim, passa en Angleterre, à Jersey, débarqua à Granville, rentra en Anjou puis alla rejoindre l'armée de Charette. Ses biens étant placés sous séquestre, Sylvestre de Lamoricière ne possédait plus que la chapelle du Chaffault, à Saint-Philbert-de-Grandlieu.

Après la pacification de la Vendée, Sylvestre de Lamoricière (1774-1821) épousa Louise-Sophie-Désirée Robineau de Bougon et put ainsi racheter sa terre de Lamoricière. Ils eurent trois enfants : Christophe-Louis-Léon, le futur général, une fille qui ne vécut pas longtemps, et un deuxième fils, Joseph, surnommé Josi, qui fut secrétaire d'ambassade au Mexique et qui mourut de la fièvre jaune, en 1838, à bord d'un vaisseau de la flotte française qui bloquait la Vera-Cruz.

(Fine prima parte)

sabato 8 gennaio 2011

Bibliografia Ragionata anno 1860 e precedenti 1

Anni Precedenti il 1860
Bouillet M.N., Dictionnaire universel d’histoire et de geographie, Paris, Librairie de l. Haschette et C., 1851


Ministero dell’Interno, Circolare 66021 del 14 novembre 1857, Statistica numerativa delle popolazioni dello Stato Pontificio alla fine del 1853 col Dipartimento territoriale, modificato secondo i cambiamenti cui è andato soggetto dopo il 1833, Roma, nella Tipografia della reverenda amera Apostolica, 1857

1860

(Anonimo), Matricole du Battalion des Tiralleurs Franco-Belges. Arméè pontificale. 1860. Pubblication de l’Avant-Garde, Lille, Lrel, s.d.

==,==, (Anonimo), Vita del Generale de La Moriciére, Firenze, 1860

==,==,” Proclamazione dello Stato d’Assedio nella città e nella provincia di Ancona” in ”Il Piceno”, Ancona, mercoledì 7 settembre 1860, n° 72 1860

==,==, “Dispaccio da Roma. Tenore del dispaccio.14 settembre 1860” in ”Il Piceno”, Ancona, sabato 15 settembre 1860, n° 73 1860

==,==, “Notificazione agli Anconetani” in ”Il Piceno”, Ancona, sabato 22 settembre 1860, n° 74 1860

==,==, “Il Combattimento di Loreto” in ”Il Piceno”, Ancona, sabato 22 settembre 1860, n° 75 1860

==,== “Notizie Diverse. Notizie del Mattino” in “Il Giornale di Roma”, Marted’ 25 settembre 1860, anno 1860, n. 220, 1860

==,== “Notizie Diverse” in “Il Giornale di Roma”, Venerdì 28 settembre 1860, anno 1860, n. 223, 1860

==,== “Notizie Diverse” in “Il Giornale di Roma”, Lunedì 1 Ottobre, anno 1860, n. 224, 1860

==,== “Notizie Diverse” in “Il Giornale di Roma”, Mercoledì 3 ottobre 1860, anno 1860, n. 226, 1860

==,== “Notizie Diverse” in “Il Giornale di Roma”, Giovedì 4 ottobre 1860, anno 1860, n. 227, 1860

==,==, Gli avvenimenti d’Italia del 1860,Venezia, Cecchetti, 1860

==,==, Descrizione dell’assedio del Forte di san Leo sostenuto per parte dei volontari del Montefeltro. Documenti relativi all’assedio, Torino, Tip. Arpinati, 1860.

Almanacco Romano per l’anno 1859. Raccolta dei Primari Dignitari e Funzionari della Città di Roma, Anno Quinto, Roma, Tipografia Siniberghi, 1860

==,==, Relazione anonima sullo svolgimento della battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860 (Manoscritto coevo), Macerata, Museo del Risorgimento di Macerata, n. 579, 1860

Boggio P.C., Storia politico-militare della guerra d’indipendenza italiana 1859-1860, Torino, 1860-1870

Bonanni G., Lettera all’egregio e colto giovine Signor Pietro Brunomonti, Bevagna Foligno,24 settembre 1860. in Miscellanea, Museo del Risorgimento di Castelfidardo, Pos. C. 4, Intercalare n. 1, 1860

C***, La Campagna di guerra nell’Umbria e nelle Marche. Narrazione Militare I, in Rivista Militare Italiana, Tipografia Editrice G. Cassone e Comp., Torino Volume II Anno V, Novembre, 1860

C***, La Campagna di guerra nell’Umbria e nelle Marche. Narrazione Militare. Notizie intorno agli Eserciti Belligeranti II, in Rivista Militare Italiana, Tipografia Editrice G. Cassone e Comp., Torino Volume II Anno V, Dicembre, 1860

De La Moricière C., Rapport du Géneral de la Moriciére à Monsigneur De Mérode, Ministre des Armes de Sa Santità Pie IX sur les operations de l’armée pontificale contre l’incasion piémontaise dans les Marches et l’Ombrie, Paris, Charles Doumiol Libraire Editeur, 1860

De La Vausserie, Le Vicomte, La croisade d’Italie en 1860 – Histoire de l’arméé pontificale, Paris, Librairie de A. Josse, 1860

De Montlambert C., Il Generale De La Moriciére, Loreto, Archivio Storico della Santa Casa, 1860

Dupanloup F., Orazione funebre dei Volontari Cattolici dell’esercito Pontificio morti per la difesa della Santa Sede, Roma, Monadi, 1860

Fanti M., Relazione della Campagna di Guerra nell’Umbria e nelle Marche a Sua maestà il re Vittorio Emanuele II, Torino, Tipografia degli Ingegneri, 1860

Huzaar E., La Moricière et la contre-revolution, Paris, Imp. Beau, 1860

Laitreiche C., Journal des èvenements de Castelfidardo, Paris, 1860

Morozzo Della Rocca E., Relazione sulle operazioni del V Corpo d’Armata nella Campagna dell’Umbria e delle Marche a S.E. Il Generale Fanti, Comandante in Capo dell’Armata di Occupazione nell’Umbria e nelle Marche, Torino, Gazzetta Ufficiale del Regno N. 253, 1860

Venturini D., Notizie bibliografiche del generale De la Moriciére, Roma, Tipografia del "Vero Amico del Popolo" s.d (ma 1860)

Venturini D., Vita del Generale De La Moriciére comandante in capo delle truppe pontificie, Firenze, Tipografia Fioretti, 1860

Chi desidera ilueriori informaziioni è pregato di contattare la e mail ricerca23@libero.it oppure massimo.coltrinari@libero.it

lunedì 3 gennaio 2011

RELAZIONI E RAPPORTI
Riportiamo l’elenco delle relazioni e dei Rapporti che sono disponibili, e che via via pubblicheremo su questo blog, integrati dalla bibliografia ragionata per anno, relativi agli eventi del settembre 1860

Relazioni

Relazione Fanti
Manfredo Fanti, Relazione sulla Campagna di Guerra nell'Umbria e nelle Marche – Settembre 1860, Torino, Tipografia Scolastica di Sebastiano Franco e figli, 1861

Relazione De La Moriciére
Cristofaro De La Moricière, Rapporto di S. E. il generale De La Moricière a S.E. il Ministro delle Armi intorno alle fazioni guerresche combattute dall’Esercito Pontificio nel settembre 1860, Roma, Tipografia Civiltà Cattolica, 1860

Rapporti

Rapporto Avenati.
Rapporto al Sig. Comandante generale la 4° Divisione attiva ( al campo Quadrivio di San Biagio), 22 settembre 1860. Il Comandante la Brigata Regina Colonnello Brigadiere Avenati. In Ufficio Storico dello Stato Maggiore, La Battaglia di Castelfidardo – 18 settembre 1860, Narrazione documentata con uno schizzo ed un piano, Roma, Tipo –Litografia del Genio Civile, 1903

Rapporto Barbavara
Rapporto al Sig. Comandante Generale il IV Corpo d’Armata, Castelfidardo. XXVI Battaglione Bersaglieri. Campo delle Crocette, 19 settembre 1860. Il Comandante il Battaglione cap. Barbavara, riprodotto in “De Pugna ad Castrum Ficardun , a cura di M. Moroni e M. Coltrinari, Camerino, Cassa Rurale e Artigiana “San Giuseppe” Camerano, 1991

Rapporto Bell
Rapporto del maggior Bell, comandante il 2° battaglione del 2° Reggimento Straniero sulla Battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860, Roma 27 n novembre 1860 riprodotto in “De Pugna ad Castrum Ficardun , a cura di M. Moroni e M. Coltrinari, Camerino, Cassa Rurale e Artigiana “San Giuseppe” Camerano, 1991

Rapporto Bossolo
Rapporto al Sig. Comandante la Brigata Regina ( al Campo), lì 21 settembre 1860, 10° Reggimento Fanteria. Il Tenente Colonnello Bossolo riprodotto in “De Pugna ad Castrum Ficardun , a cura di M. Moroni e M. Coltrinari, Camerino, Cassa Rurale e Artigiana “San Giuseppe” Camerano, 1991

Rapporto Becdelièvre
Rapporto del colonnello dei Franco-Belgi, a Sua Eccellenza il Ministro delle Armi sulla Battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860, Roma, Roma novembre 1860 riprodotto in “De Pugna ad Castrum Ficardun , a cura di M. Moroni e M. Coltrinari, Camerino, Cassa Rurale e Artigiana “San Giuseppe” Camerano, 1991

Rapporto Duranti
Rapporto al Sig. Comandante la Brigata Regina. 9° Reggimento fanteria. Dal campo al Quadrivio di San Biagio. Il Tenente Colonnello Comandante Stefano Duranti. In Ufficio Storico dello Stato Maggiore, La Battaglia di Castelfidardo – 18 settembre 1860, Narrazione documentata con uno schizzo ed un piano, Roma, Tipo –Litografia del Genio Civile, 1903

Rapporto Giorgi
Rapporto del comandante il 2° battaglione Cacciatori a S.E. il ministro de Merode.delComandante II Battaglione Cacciatori P. Giorgi, Roma 25 novembre 1860, in Ministero della Guerra Reale Corpo dello Stato Maggiore - Ufficio Storico, La Battaglia di Castelfidardo, Tip. del Genio, Roma, 1903.

Rapporto Jeannerat
Rapport à S.E. Rev. Mgr de Merode, ministre des Armes de S.S. sur le combat de Castelfidardo. Le comandant du bataillon des Carabiniers I. Jeannerat, riprodotto in “De Pugna ad Castrum Ficardun , a cura di M. Moroni e M. Coltrinari, Camerino, Cassa Rurale e Artigiana “San Giuseppe” Camerano, 1991

Rapporto Leotardi
Rapporto del gen. Leopardi. Dal Comandante la 7° Divisione al generale Cialdini, comandate il IV Corpo d’Armata, incaricato di custodire i prigionieri dopo Castelfidardo, riprodotto in “De Pugna ad Castrum Ficardun , a cura di M. Moroni e M. Coltrinari, Camerino, Cassa Rurale e Artigiana “San Giuseppe” Camerano, 1991

Rapporto Morlet
Rapport du caporal Morlet, fourrier à la 8a Compagnie du battaillo de carabiniers sur la conduite qu’il a tenue le 18 septembre 1860 à la bataille de Castelfidardo riprodotto in “De Pugna ad Castrum Ficardun , a cura di M. Moroni e M. Coltrinari, Camerino, Cassa Rurale e Artigiana “San Giuseppe” Camerano, 1991

Rapporto Sparagna
Rapporto del maggiore Ludovico Sparagna a monsignor de Merode sulla battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860, tratto da De Colleville, Un crime du second empire, Paris, Juven, 1910

Rapporto Pes di Villamarina
Rapporto del generale Comandante la 4 divisione attiva Pes di Villamarina al Comandate il IV Corpo d’Armata (minuta), riprodotto in “De Pugna ad Castrum Ficardun , a cura di M. Moroni e M. Coltrinari, Camerino, Cassa Rurale e Artigiana “San Giuseppe” Camerano, 1991

domenica 2 gennaio 2011

Documenti 1

BOLLETTINO DELL’ARMATA PONTIFICIA



La sera del 17 settembre il corpo comandato dal generale De Lamoricière, e composto di cinque compagnie del 2° battaglione del 2° Reggimento Indigeno, del 1° Reggimento estero, del 2° battaglione del 2° Reggimento parimenti estero, di una compagnia battaglione S.Patrizio, dello squadrone delle Guide, di uno squadrone di gendarmeria, ed uno cavalleggeri, nonché di 10 pezzi d’artiglieria, comandati dal tenente colonnello Blumensthil, il tutto ammontante a circa 3500 uomini, occupava la città di Loreto nelle varie sue posizioni in attenzione dell’arrivo della brigata Pimodan, onde tentare il passaggio da Camerano in Ancona; e difatti giunta questa la sera del 17, e composta del 1° e 2° Cacciatori indigeni, 1° Carabinieri, battaglione tiragliatori, del 2° bersaglieri, batteria Stainer, due squadroni dei dragoni e relative ambulanze, formante in tutto circa 3050 uomini, si accampò circa due miglia fra Loreto ed il porto Recanati.

Al rapporto della sera il sig.generale De Lamoricière ordinava che per la dimani mattina, circa alle ore 10 antimeridiane, tutti i corpi fossero al loro posto per cominciare l’attacco, e con ordine che la brigata Pimodan prendesse l’iniziativa.

Occupava l’armata piemontese forte di circa 30000 uomini con l’estrema dritta Recanati, ed estendendosi pe rle alture di Castelfidardo de Osimo, teneva il suo centro al Monte delle Crocette, e l’estrema sinistra verso Camerano, occupando eziandio fortemente il contrafforte del Monte delle Crocette, come posto avanzato della linea.

Difatti appena la colonna Pimodan cominciava ad inoltrarsi lungo la riva destra del fiume Musone, l’avanguardia comandata dal tenente colonnello corbucci, e composta dei corpi 1° Carabinieri, 1° Cacciatori indigeni, battaglione bersaglieri, ed una sezione d’artiglieria, lo guadava vicino alla via detta della Banderuola; allorchè l’inimico spinse in avanti, dalla posizione pel contrafforte, un numero straordinario di bersaglieri onde contrastare il passo, mentre altra linea di bersaglieri sotto un burrone dalla parte destra prendeva di fiancole colonne marcianti. I corpi pontifici che marciavano, avevano all’estrema punta il 1° battaglione carabinieri, ed in sostegno di questi il 1° battaglione cacciatori, battaglione tiragliatori e due pezzi d’artiglieria; e giunti al guado destinato, i carabinieri si spiegarono ed aprirono il combattimento sotto la protezione del quale guidò l’intera colonna, e s’impegnò un combattimento generale che si spinse fino sotto al contrafforte, ricacciando l’inimico al di là della loro posizione, facendo anceh dei prigionieri. Per altro i nemici, protetti da una forte selva situata sul monte stesso alla loro sinistra, e da una seconda posizione più alta, e già fortificata in antecedenza, cominciarono a fulminare dalla loro posizione sulla perduta con mitraglie e granate, in modo non solo da rendere impossibile ogni ulteriore avanzamento, ma di mantenersi nella fatta conquista. Intanto la colonna De Lamoricière, giunta al defilato della via della Banderuola, e guadato il fiume, si pose in ordine serrato; ma tormentata ancor questa dai cannoni rigati dalla posizione piemontese fortificata, e veduta la difficoltà di sostenere la posizione conquistata dopo un’altra ora di vivissimo fuoco, ed accaduta la morte del generale Pimodan sulla posizione presa, il generale in capo ordinò la ritirata, la quale venne eseguita da tutti i corpi sotto il fuoco dell’artiglieria e fanteria nemica per circa due miglia: la maggior parte dei corpi rientrarono in Loreto, lasciando sul campo di battaglia moltissimi morti d’ogni grado, feriti e prigionieri, e tre pezzi d’artiglieria, che non si poterono trasportare per difetto del terreno e perdita dei cavalli. L’inimico ebbe egli ancora delle perdite considerevoli a sua confesione. Il generale in capo, seguito dallo squadrone di cavalleggeri, da due pezzi d’artiglieria, da una parte dei battaglioni Dupasquier e Belle, e da vari plotoni delle riserve d’ogni corpo, presa la via di Sirolo, tentò di dirigersi in Ancona; ma non potè raggiungere lo scopo che il solo generale in capo, seguito da pochi cavalleggeri e due pezzi d’artiglieria, mentre il resto della scorta rimase prigioniera di un corpo nemico appostato colà per l’oggetto.

I soldati, animati dai propri ufficiali, fecero fino all’estremo il loro dovere, e combatterono brillantemente, non curando le maggiori forze e le posizioni formidabili del nemico, e particolarmente i primi corpi che entrarono in combattimento; gareggairono tanto gli ufficiali che i soldati di coraggio e devozione, seguendo così l’esempio del generale Pimodan, che rimase ucciso sul campo.
Il battaglione Fuchman conservò l’ordine, protesse la ritiratam e pel suo forte contegno e valoroso combattere fece sì che il nemico non inseguì che con gran circospezione.

 
Recanati, 20 settembre 1860