mercoledì 29 marzo 2017
Edizione 2003. Nota V Parte I
massimo Coltrinari
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)
Se lo scontro del 18 settembre 1860, fosse stato risolutivo le disposizioni di far convegere su Ancona tutte le forze di invasione sarebbero state assurde.
Tutte le forze d’invasione
in marcia
Dopo cinque giorni dall'inizio delle operazioni il quadro operativo
generale si era delineato: il gen. Manfredo Fanti ormai aveva ben compreso che
l'Esercito Pontificio avrebbe fatto ogni
sforzo per concentrare tutte le sue forze disponibili su Ancona e qui cercare
di dar vita ad un assedio il più lungo possibile, in attesa degli aiuto
austro-francesi.
Per
il gen. Fanti si presentò l'opportunità, con la decisione del De la Moricière
di raggiungere Ancona, di proseguire con il V Corpo, che già stava
avanzando senza ostacoli reali in Umbria verso il sud, perseguendo l'obbiettivo
primario della campagna, oppure concentrare
tutte le forze d'invasione per
eliminare l'Esercito Pontificio. In questa seconda ipotesi, il V Corpo
dall'Umbria doveva convergere su Ancona.
In
verità Fanti non aveva dubbi. Fin dall'inizio della campagna il suo obbiettivo
era quello di rendersi padrone delle Marche e dell'Umbria, per rendersi sicure
le spalle, e questo significava dover
venire a battaglia con le forze pontificie.
Nella sua relazione Fanti scrive:
"..saputo il concentramento di
De la Moricière su Macerata ( mentre la nostra colonna di sinistra già era
padrona della bassa valle d'Esino[1],
fece eseguire il cambiamento di direzione a sinistra per chiudere il passo
all'avversario in Val di Chienti, facendo in pari tempo scendere la colonna che
si avanzava per la cresta dell'Appennino in Val Potenza. Ad assicurarmi
frattanto le spalle, io lasciava una colonna mobile su Spoleto, con missione di
impadronirsi di quella rocca e della lunga stretta che va a Terni, onde far
fronte alle truppe che per avventura potessero sopraggiungere da Roma e dalla
Comarca "[2]
Gli ordini furono eseguiti ed il V Corpo si dispose per passare gli
Appennini . Il generale Morozzo della Rocca il 17 settembre 1860 emise il
seguente ordine del giorno, che era in realtà un vero e proprio pacchetto
d'ordini:
"Ordine
del giorno 17 settembre 1860
Il V copro d'armata si avanzerà
oggi per la strada di Ancona fino a Colfiorito ove prenderà posizione. Le
colonne sarà formata nell'ordine
seguente, senza la benché menoma variante che io proibisco assolutamente:
Divisone di Riserva
- Avanguardia,. Reggimento "Piemonte Reale",
XXIII Battaglione Bersaglieri, XXIV Battaglione Bersaglieri,. 11a Batteria, 1a
e 5a compagnia Genio ( con i soli loro cassi d'utensili)
- Grosso del Corpo d'Armata
. Truppe della divisione di Riserva, Brigata
"Bologna",. XXV Battaglione Bersaglieri, 7a Batteria,
- Truppe della 1a divisione
. XIV
Battaglione Bersaglieri, 5a Batteria, Brigata
"Granatieri di Sardegna", 4° Reggimento "Granatieri di
Lombardia", 16 ° Battaglione bersaglieri, due squadroni di Nizza
Cavalleria, tutte le ambulanze del corpo d’armata riunite
- Retroguardia ( la quale non raggiungerà il suo posto che domattina ) :
. 3° Reggimento granatieri di Lombardia,. 6° Batteria d’artiglieria, 9°
Battaglione Bersaglieri, due squadroni di Nizza Cavalleria, Viveri ed equipaggi
( per oggi seguiranno subito dopo il grosso del corpo d’armata ).
- La colonna viveri ed equipaggi sarà formata come segue:
. Viveri e foraggi dei diversi corpi nell’ordine che stanno in colonna
le truppe,. Quartieri generali,
Equipaggi e tende dell’ufficialità, Tutti gli altri carri dell’armata,.
Parco dell’artiglieria
Il parco d’artiglieria starà a distanza di quattro o cinque ore di
marcia dietro il corpo d’armata.
Le truppe non avranno con loro altre vetture che quelle dei vivandieri
ed i capi-corpo invigileranno alla severa esecuzione di questo ordine.
Nelle posizioni che si prenderanno d’ora in avanti per pernottare non
saranno fatti venire al campo d’ogni corpo che dietro comando espresso del
comando generale del corpo d’armata.
Li carri degli equipaggi degli ufficiali e le
loro tende non raggiungeranno i corpi che dietro comando espresso del comando
generale del corpo d’armata.
La colonna dei carri d’ogni genere si parcherà
o resterà sulla destra della strada, lasciandone ben libera e sgombra la
sinistra, a seconda degli ordini che riceverà per pernottare.
Li signori generali comandanti le divisioni
prenderanno le maggiori precauzioni possibili affinché regni il più
grand’ordine in marcia e non permetteranno a nessuno che s’arresti nel traversare
i villaggi ed abitati.
La testa di colonna si metterà in marcia alle
ore 10 e mezza precise.
Io pongo in avvertenza i signori comandanti le
divisioni nonché le truppe tutte che stiamo in prossimità dell’inimico, quindi
dev’essere cura di ognuno che gli ordini siano più che mai eseguiti colla
massima puntualità.
Della
Rocca
Alla vigilia della Battaglia di Castelfidardo il V
Corpo d’Armata era impegnato in una marcia senza il contatto con il nemico. In
questa marcia le unità di Morozzo della Rocca diedero prova di coesione e di
amalgama e nei 31 chilometri percorsi, necessari per superare l’Appennino non
si ebbero inconvenienti di sorta.
Nella stessa giornata la colonna del generale
Frignone dava l’assalto alla rocca di Spoleto. Questa era difesa da una
guarnigione di 800 uomini al comando del magg. O Really, del battaglione di San
Patrizio. Il combattimento fu violento e durò parecchie ore. Al termine la
guarnigione si arrese e fu stipulata una convenzione di resa. Si ebbero nella
fila della colonna Frignone 14 morti ( 11 bersaglieri e 3 granatieri) e 49
feriti ( 26 fra i bersaglieri e 23 fra i granatieri). Fra i caduti il tenete
Boyer della 35° compagnia bersaglieri. Fra i pontifici si ebbero 3 morti e 10
feriti; tra questi ultimi il capitano Coppinger e il tenente Crean.
Con la presa di Spoleto tutta l’Umbria era sotto
controllo delle forze Sarde. Sarebbe stato logico, se non si accetta il fatto
che l’obbiettivo della campagna fosse Ancona, che le forze del V Copor anziché
superare l’Appennino e puntare sulla Dorica, proseguissero compatte verso il
Sud, incontro a Garibaldi. Era vitale, per i sardi, rendersi padroni della
piazzaforte e per questo si assunsero l’onere di far marciare un intero corpo
d’armata su Ancona, a rinforzo di quello del Cialdini impegnato a contrastare
l’azione delle forze mobili pontificie.
[1] Fanti
condusse la campagna tenendo sempre presente il quadro generale di situazione:
le sue colonne, collegate tra loro, dovevano agire sempre di concerto: quella
di destra era il V Corpo operante in Umbria, quella di sinistra era il IV Corpo
ed era quella operante nelle Marche. Una divisione aveva avuto l'ordine ".. di agire sulla cresta dell'Appennino,
impadronendosi di Urbino, aveva per oggettivo Gubbio, affine di tenere legati i
due Corpi che operavano separati dall'Appennino." Come scrive lo
stesso Fanti nella sua relazione
[2] Relazione gen. Manfredo
FANTI
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