L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
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mercoledì 8 marzo 2017

Edizione 2003 Nota III Parte II

PARTE II


La carriera militare del De La Moricière fu brillante ed ebbe il suo massimo splendore nelle campagne in Algeria e Tunisia condotte dall'Esercito Francese tra il 1830 e il 1840. Meno brillante fu la carriera politica: oppositore di Napoleone nel 1848-1852 fu emarginato progressivamente dalla scena politica francese. Nell'assumere il Comando delle truppe Pontificie era conscio di non avere appoggi diretti da Parigi; contava però sull'appoggio del partito cattolico molto influente in Francia, anche tramite 1'imperatrice Eugenia e sull'aiuto fattivo del1'Austria. La sua attività come Comandante fu frenetica: modellò progressivamente le truppe di campagna Pontificie sulle istituzioni francesi: riordinò la Fanteria, istituì il Corpo dei Bersaglieri Pontifici, in cui fece affluire i volontari austriaci, rimise ordine nell'Artiglieria e nell'Arsenale del Belvedere, e diede una configurazione operativa alla Cavalleria ed alle altre Armi.
La sua opera fu coronata da successo: infatti al momento della dichiarazione di guerra riuscì a radunare e portare le truppe mobili Pontificie dall'Umbria alle Marche con una marcia degna dei migliori eserciti del tempo. Quindi a livello professionale si può dire che il de La Moricière non aveva deluso le aspettative di chi lo aveva scelto, anche relazione a quello che era il livello operativo dell’Esercito Pontificio prima della sua assunzione del comando.
Certamente poteva anche riuscire, senza sparare un colpo, arrivare ad Ancona ed evitare lo scontro aperto.
Uno dei motivi per cui il Generale De La Moricière prese la strada che da Macerata porta a Porto Recanati per le alture del Chienti e del Potenza, e che nella sostanza gli fece perdere quella mezza giornata di vantaggio che aveva su Cialdini,  è senza dubbio quello di porre in salvo il Tesoro dell'Armata papale.
De La Moricière aveva mandato nella primavera del 1860 una somma di 500.000 mila franchi ad Ancona; questa somma, custodita nella Cittadella dell'Astagno, doveva servire solo per casi estremi. Il Comando Piazza di Ancona, invece, per superare le momentanee deficienze di cassa, attinse a questa somma, non riconoscendone l'intangibilità. Di modo che, al momento della invasione sarda, l'11 Settembre 1860, il Comandante civile di Ancona, Conte di Quattrebarbes, fece presente al Generale De La Moricière che Ancona aveva urgentemente bisogno di denaro.
Il Comandante in Capo si vide costretto a chiedere a Roma, al Pro Ministro per le Armi De Merode, il denaro necessario per Ancona. Al momento di mettersi in marcia da Spoleto, avendo immediatamente ricevuto varie casse di monete d'argento, il Generale De La Moricière si trovò appesantito da un  considerevole “treno di cassa”, come allora si definiva l’amministrazione militare.
Al Generale De La Moricière stava molto a cuore preservare questo tesoro; aveva chiesto ad Ancona delle cannoniere; all'appuntamento a Porto Recanati si presentò il postale San Paolo, con a bordo il Sig. De La Perraudiere, volontario di cavalleria.  Il tesoro fu imbarcato in gran fretta: infatti notizie ultime davano i Sardi a Loreto; inoltre il mare ingrossava; furono imbarcate tutte le casse, compreso il denaro che serviva all'Armata per i servizi ordinari.
Con il Tesoro si imbarcava anche il Sottointendente Ferri. La fretta fu all'origine di un grave inconveniente: a Loreto De La Moricière aveva bisogno di farina, ma non aveva soldi per pagarla, essendo tutti i molini caduti in mano nemica. “Gli abitanti” , riferisce nella sua relazione , “nonché a noi bene affetti, vedendo 1'inferiorità delle nostre forze, volevano essere pagati in contanti, ed abbiamo già detto come la cassa di servizio era stata trasportata ad Ancona. Eravamo quasi senza denaro.”[1] Ovvero 1'Armata Pontificia, dopo aver allungato la via per imbarcare il Tesoro e salvarlo, perdendo ore preziose, si trovava quasi a digiunare, il 17 Settembre a Loreto, per mancanza di denaro. La vicenda del Tesoro è sintomatica: scarsa previdenza amministrativo - logistica da parte dei sottordini incidono fortemente nelle scelte operative del Comando Pontificio.
De La Moricière, forse, però giustifica 1'aver scelto la strada più lunga per andare da Macerata a Loreto con la scusa di porre in salvo il Tesoro, per non ammettere di essere stato tratto in inganno dal Cialdini con la diversione, fittizia, su Filottrano. 

La manovra del Cialdini rappresenta una delle migliori esecuzioni sul terreno del generale nativo di Castelvetro e che varrà l’imperitura memoria nelle nostre terre.
Il Generale Cialdini, agli ordini del Comandante in Capo Manfredo Fanti era al Comando del IV Corpo sardo. Tale grande unità era ordinata su tre Divisioni: la 4a, la 7 a e la 13 a. Secondo il piano generale doveva operare nelle Marche e conquistare al più presto Ancona e battere in campo aperto le eventuali forze Pontificie. Poi, passare ad operare verso il Sud. Fin dal 9 Settembre il IV Corpo era pronto ad operare. La 7 a e la 4 a Divisione dovevano investire Fano e Pesaro; la 13 a operare in soccorso e sostegno dei rivoluzionari operanti nel Montefeltro. Le operazioni iniziarono all'alba dell'11 Settembre e presto il ritmo delle operazioni fu sostenuto. Nella giornata dell'11 e del 12 Settembre le truppe sarde investirono e conquistarono sia Pesaro che Fano. Nella giornata del 13 Settembre, la 4 a e 7 a Divisione marciarono lungo la strada adriatica verso Senigallia, mentre la 13 a Divisione, dopo aver portato soccorso ai patrioti raggiunse ed oltrepassò Cagli.
Questo ritmo elevato delle operazioni aveva di molto allungato le linee di rifornimento dei Sardi. I vari parchi erano rimasti indietro, mentre quello d'assedio addirittura era per mare, nel Tirreno, ed il carreggio ancora in Emilia. Il Comando sardo valutò che occorreva una sosta al fine di riorganizzare le truppe. Con tale decisione, dettata del resto dalla necessità, si concessero altre 24 ore di vantaggio, nella corsa verso Ancona, al Generale De La Moricière, che in quel 14 Settembre aveva la Brigata Cropt in marcia verso Macerata e la Brigata De Pimodan verso Tolentino. La sosta del 14 Settembre fu conveniente mente utilizzata, però, dal Cialdini, per mettere a punto le operazioni dei giorni successivi, alla luce delle informazioni acquisite sui movimenti Pontifici. Nella sua relazione a Fanti, il Cialdini così spiega le ragioni che lo convinsero ad adottare il suo piano, dando inizio a quella manovra che lo portò successivamente a Castelfidardo:
Tali notizie mi turbarono assai, giacché m'era ormai difficilissimo, se non impossibile, di precludergli la strada di Ancona. Avrei potuto da Sinigallia portarmi addirittura su Torretta e di là andarmi a collocare a Castro, onde tener così le due strade da Macerata per Osimo e le Crocette di Castelfidardo mettono ad Ancona. Ma oltreché un tal movimento in tanta prossimità della piazza, che pur doveva contenere settemila uomini di truppe buone e fresche, era in se stesso pericoloso per il mio grave attiraglio di carri; era poi impossibile d'altronde trasportare rapidamente da Torretta in Val Baracola questo stesso attiraglio, dovendo sormontare 1'elevato contrafforte che da Sappenico [Sappanico] discende a Posatore sottu Ancona, traversato da strade senza fondo di ghiaie, rotte in molti luoghi e con frequenti pendenze maggiori del 15 per cento. Oltreciò io non aveva sufficienti forze per disporre di una divisione a tutela delle mie comunicazioni che sarebbero state prontamente tagliate, qualora mi fossi collocato la dove accennai.
Per ultimo era evidente che, volendo io collocarmi fra la piazza e il Generale De La Moricière, non dovevo mai farlo in tanta vicinanza di Ancona, che la guarnigione udendo il cannone, potesse in men di due ore venirmi alle spalle, ed unirsi con facile concerto all'attacco di fronte del Generale De La Moricière. Riflettei poi che le marce forzate avrebbero stancato le truppe da lui condotte, e che in numero di tre o quattro mila non oserebbero esporsi ad incontrarmi, ne vorrebbero abbandonare il Generale Pimodan, che le seguiva di un giorno con altre cinque o sei mila. Era naturale che il generale nemico non amasse perdere gran parte delle sue truppe senza combattere, ed ammettendo che nella notte del 14 egli dormisse a Macerata potendo così la sera seguente trovarsi in Val Musone, ei doveva assolutamente scegliere uno dei due partiti: o passare oltre e condursi in Ancona,  Castro dista da Ancona poco più di sette chilometri coi 4.000 uomini che aveva sotto la mano, od attendere in Loreto o Recanati, la riunione del generale Pimodan che non poteva sfuggirmi; nel secondo caso, io passando per Jesi sarei arrivato a tempo a pormi fra Ancona e lui.
La somma di queste riflessioni mi decise a dirigermi su Jesi, città che poteva mettersi brevemente in istato di difesa, che aveva alle spalle una strada per le mie sussistenze, troppo lontana dalla piazza perché la guarnigione fosse in grado di spingere una sortita sino ai miei magazzini”. [2]
I concetti espressi si attuarono in una manovra che è all’origine della
         Battaglia di Castelfidardo
All'alba del 15 Settembre le forze sarde erano in movimento: la 7a Divisione procedette per la via Flaminia, fino alle foci dell'Esino, poi si diresse verso 1'interno nella direzione di Chiaravalle. La 4 a Divisione procedeva nella stessa direzione percorrendo le alture tra il Misa e 1'Esino. Fu disposto che un battaglione del 23 Reggimento percorrendo le strade a mezza costa tra Torre Albani, Montignano in direzione di Jesi, assicurasse la necessaria protezione. I “Lancieri di Milano”, con due battaglioni del 23° Reggimento Fanteria presero posizione al ponte di Rocca Priora per fronteggiare una eventuale sortita Pontificia da Ancona.
La Brigata “Bergamo” ebbe 1'ordine di presidiare Monte Marciano. Un dispositivo di sicurezza degno di nota, nel segno del rispetto che Cialdini nutriva per i Pontifici e per mettersi al riparo da ogni sorpresa. In ogni caso gli ordini che il Comandante del IV Corpo emanava erano perentori. Ad esempio, al Comandante della Riserva, il 14 Settembre da Senigallia concludeva un ordine con queste parole, che certamente non erano tenere: “Raccomando che non succedano sbagli ne male intelligenze che io assolutamente non saprei tollerare una seconda volta. Se vi sono dubbi la S.V. Ill.ma mandi a chiedere spiegazioni, ma si guardi seriamente dal fare passi falsi che finirebbero per riuscirle funesti.”[3]


[1] Relazione De La Moricière
[2] Relazione Cialdini
           [3] Relazione Cialdini

contatti:
massimo coltrinari
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org


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