venerdì 5 maggio 2017
Edizione 2003 Nota VI Parte III
Massimo Coltrinari
(centrostuducesvam@istitutonastroazzurro.org)
La Ricognizione sul fiume Musone del 17 settembre 1860
Piola Caselli fu accompagnato in tale ricognizione dal
ten. Orero, che nelle sue memorie così descriveva quelle ore:
" Tuttavia,
la sera del 17 essendogli (al Cialdini ) nato il dubbio per nuove informazioni
attinte a Castelfidardo ove erasi trasferito il quartiere generale, che le
difficoltà di guado e di praticabilità delle strade non esistessero o no
fossero insuperabili come da prima era stato supposto, affidò al suo Capo di
Stato Maggiore ( ten. col. Piola Caselli ) l’incarico di mettere tosto le cose
in chiaro col mezzo di una ricognizione.
Il ten.
col. Piola Caselli ai di cui ordini furono posti due battaglioni bersaglieri
(XI e XII), prese con sé il ten. Orero e due carabinieri a cavallo con le
lanterne e torce a vento, e per la strada che da Castelfidardo va a Loreto,
scese al Musone, dove trovammo i due battaglioni che stavano preparandosi alla
partenza. Ci ponemmo in marcia poco prima di mezzanotte seguendo dapprima la
sponda sinistra del Vallato e quindi quella del Musone donde doveva cominciare
la ricognizione.
Il ten.
col. Piola Caselli procedeva in testa seguito dal ten. Orero e dai carabinieri.
La notte era limpida, ma il terreno boschivo. Il passo alquanto celere dei
nostri cavalli ci allontanò ben presto dalla testa dei due battaglioni che in
fila lunga e sottile ci seguivano per il sentiero da noi battuto. Eravamo
ancora lontani dal punto ove ad un chilometro e mezzo dalla foce il Musone e
l’Aspio si uniscono, quando non sentendo più alcun rumore dietro di noi, ci
arrestammo ad attendere la colonna. Il silenzio continuava. Ci era in verità
parso di udire qualche cosa, come di colonna in marcia, ma uno dei carabinieri,
dall’orecchio fino e che era l’uomo fidato del Capo di Stato Maggiore, ci disse
che il leggero fruscio che sentivamo di gente che si muoveva tra le piante
proveniva dall’altra riva. Allora, senza più preoccuparci della colonna che
avrebbe dovuto seguirci, continuammo da soli la ricognizione allontanandoci e
avvicinandoci al fiume come ci conducevano le tracce di sentiero che
incontravamo nella nostra direzione. Con pali malamente fabbricati sul sito
scandagliammo tre o quattro volte le acque. Questo scandaglio eseguito nella
quasi oscurità non fece che confermare nel Tenente Colonnello Piola
l’impressione che le fantastiche ombre notturne avevano esercitato sopra i suoi
occhi ed anche sui miei; trattavasi, cioè, di un fiume profondo all’incirca due
metri a rive talmente alte e difficili da escludere la possibilità del
passaggio di una colonna senza il getto di un ponte e senza un lungo lavoro di
sterro.
Mantenendoci
in questa impressione giungemmo al confine dell’Aspio. Anche questo corso
d’acqua che dovevamo attraversare per proseguire la nostra ricognizione sino al
mare, ci parve profondo e a rive scoscese e forse l’avremmo dichiarato come il
Musone, inguadabile, se l’accorto e robusto carabiniere, quello dell’orecchio fino,
il quale non era come noi affranto dalla fatica e dal sonno, non si fosse fatto
avanti col suo cavallo ed ad un tratto, discese la riva e spintosi nell’acqua,
non fosse risalito, sano e salvo sull’altra sponda. Il buon esempio fu, un po’
per stimolo di sprone, ma più per istinto, seguito dai nostri cavalli. Da
questo momento, forse in causa del rigurgito provocato dall’alta marea, il
Musone ci parve un abbraccio di mare solo transitabile su barche"[1].
La ricognizione, nel complesso, fu eseguita male. Innanzitutto
fu fatta di notte e questo non poteva aiutare a fare un buon lavoro. Piola
Caselli e Orero, forse, sopraffatti anche dalla stanchezza, non furono
meticolosi nel ricercare gli elementi di decisione. Sta di fatto che
confermarono al Cialdini che il Musone era, a valle, inguadabile.
Questa conferma della primitiva valutazione indusse il
Comando Sardo a non prendere le adeguate contromisure e a correre, quindi, un
grosso pericolo: in pratica esso lasciava libera una via di accesso ad Ancona
alle truppe pontificie raccolte a Loreto. Se il comando pontificio sicuramente
meglio informato, avesse scelto di passare in quel punto il Musone e di
proseguire speditamente verso Ancona, senza impegnarsi in combattimenti, forse
non ci sarebbe stata alcuna battaglia di Castelfidardo. De La Moricière avrebbe
potuto raggiungere Ancona indisturbato o al massimo avrebbe impegnato una
aliquota minima di forze. I tempi per attuare tutto questo c’erano tutti.
La
ricognizione ebbe termine all'alba del 18 settembre, e Piola Caselli ebbe modo
di riferire a Cialdini dei risultati alle 8,30 del 18 settembre, quando
Cialdini rientrò dalla ispezione del fianco sinistro del suo schieramento, cioè
dalle Crocette. Anche per questa ragione Cialdini si trovava ad Osimo nel
momento in cui la battaglia raggiunse il suo culmine alle 11 circa del 18
settembre, nella regione opposta a Colle Oro.
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