sabato 13 maggio 2017
Edizione 2003. Nota VII Parte I
massimo coltrinari
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)
La
situazione alla sera del 17 settembre
La
sera scese rapidamente e, come dice il Vigevano, "le colline di Castelfidardo, il Monte Conero ed il mare erano
completamente avviluppati dall’oscurità ed una solenne calma si distendeva su i
due eserciti che pur erano a così stretto contatto"[1]
Questa
calma è facilmente spiegabile. Le truppe sia sarde che pontificie erano reduci
da tre giorni di marche pesantissime e non era il caso di prendere in
considerazione ipotesi di azioni notturne, anche se a breve raggio, sia per la
stanchezza che per la scarsa dimestichezza dei luoghi[2]
Le truppe sarde, quindi, erano schierate secondo gli
intendimenti di Cialdini: sia verso Loreto ( Sud ) che verso Ancona ( Nord )
per fronteggiare ogni possibile attacco dei pontifici. Il fronte verso sud si
rivelava più robusto di quello verso nord, che era più che altro imbastito. Una
analisi di detto schieramento porta a rilevare che era stato approntato un
dispositivo così articolato:
-
un nucleo centrale di manovra, della consistenza di 8
Battaglioni;
-
ogni linea doveva organizzarsi in nuclei difensivi e linee avanzate che erano dotate anche di posti
di osservazione e vedette. La consistenza di detti nuclei, che erano per il
fronte Sud ad Osimo, San Sabino, Castelfidardo, spianata di casa Camilletti,
Crocette, era di 14 Battaglioni, 10 squadroni, 24 pezzi. Per quello verso Nord,
posto al quadrivio di San Biagio, Abbadia, San Rocchetto, era di 13
Battaglioni, 2 squadroni e 16 pezzi.
Le linee avanzate erano, verso Sud, quelle di
Rostichetto, del ponte di Loreto, del ponte del Molino, di Poggio Montoro;
quelle verso Nord erano attrezzate al ponte Ranocchia ed ai porti della piana
dell’Aspio.
Secondo il Comando Sardo tale dispositivo permetteva
di attuare una capillare vigilanza nel momento in cui i pontifici avessero
preso l’iniziativa; sarebbero stati prima trattenuti, poi logorati con
atteggiamenti di difesa attiva ( per mezzo dei nuclei difensivi ) e poi
sopraffatti con l’azione determinante del nucleo di manovra.
Gli intendimenti del Comando Sardo erano quanto mai
lodevoli. Ma questo schieramento presentava una grave lacuna dal punto di vista
tattico. Era stato completamente disatteso il principio dei vincoli organici. I
vari reparti che formavano lo schieramento sia verso sud che verso nord erano
unità diverse. Il Comandante della 4° Divisione, Generale Villamarina, aveva
nel suo settore, in prima linea reparti della 7° Divisione e, i seconda linea,
quelli della 7° Divisione, Generale Leotardi, nel suo settore aveva in prima
linea truppe della 4° Divisione e le sue nel settore, come detto, di
Villamarina. Questo frammischiamento poteva essere fatale ai Sardi se la battaglia
avesse richiesto una energica azione di comando.
Un’altra
carenza riscontrabile in questo dispositivo fu quella che il Comando Sardo non
ordinò ricognizioni o esplorazioni nonostante la numerosa cavalleria
disponibile. Le notizie che erano giunte al Cialdini, per tutta la giornata del
17 settembre, erano frammentarie e
spesso non verificate: il dispositivo risente di questa carenza di
informazioni.
Questo
fece sì che il Cialdini fosse convinto che un attacco potesse venire, con le
maggiori probabilità, lungo la strada posta, sull’asse ponti di Loreto,
Campanari, Crocette. Infatti in questo settore il dispositivo era veramente
robusto.
Questo
dispositivo pari a 27 Battaglioni, 12 squadroni e 40 pezzi di Artiglieria,
permetteva al Gen. Galdini di “Vigilare, trattenere, e logorare il nemico coi
nuclei difensivi, e di batterlo coll’azione risolutiva del nucleo di manovra”.
Si
erano prese le opportune misure per coordinare l'azione di terra con quella in
mare. La Squadra sarda doveva assolutamente, l'indomani 18 settembre,
presentarsi davanti Ancona e minacciare sbarchi per indurre la guarnigione
pontificia a non uscire dalla piazzaforte e correre in aiuto delle forze mobili
presenti a Loreto. Ma quello che più preoccupava Cialdini era le insufficienti informazioni
sia sul terreno che sulle intenzioni del nemico, cosa che, come abbiamo visto
fortemente influenzava il dispositivo predisposto.
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