Massimo Coltrinari
Osimo in mezzo al campo di battaglia:
16 - 17 settembre 1860
Alle 23 del 15 settembre le avanguardie del IV Corpo d’Armata
da Torre di Jesi si misero in marcia con destinazione Osimo, obiettivo primario
della manovra. In testa il VII Battaglione Bersaglieri seguiti da una sezione
della 4a Batteria, poi da tutta la Brigata “Como” e dal resto della 4a
Batteria. Le truppe si misero in marcia quasi digiune, non essendo potuto
arrivare a Torre di Jesi, per la tendenza della strada, il carreggio dei
viveri. La marcia durò fino alle 5 del mattino del 16 settembre. Via via che
arrivavano in Osimo le truppe prendevano posizione, ma vi arrivarono stremate.
Appena giunti i soldati si stendevano in terra, allentandosi le buffetterie e
slacciandosi la divisa. Non diedero un buon spettacolo e l’impressione, per gli
Osimani, non fu delle migliori. Si temevano reazioni scomposte, con la
diffidenza che si ha per truppe che erano considerate “straniere”. Anche per
questo, per evitare tali reazioni, la popolazione iniziò ad offrire pane,
formaggio, frutta e vino. Passate le prime ore, ci si accorse che queste truppe
erano saldamente in pugno ai propri ufficiali; presto corse voce che avevano
avuto precise disposizioni di rispettare ogni cosa, anche le proprietà
ecclesiastiche e di non reagire se non in presenza di azioni di fuoco.
Osimo fu presidiata nel seguente modo: col 24° Reggimento
fanteria della Brigata “Como” si pose in riserva al centro della città, pronto
ad intervenire. Due battaglioni del 23° Reggimento fanteria della stessa
brigata furono posti a presidio della porta che guardava verso Ancona (San
Marco); gli altri due battaglioni del 23° Reggimento Fanteria si misero a
presidio della strada proveniente da Filottrano. Metà della 4a Batteria a
sostegno del 23° Reggimento e l’altra a sostegno del 24° Reggimento. Una
sezione (due pezzi) fu messa in batteria a Piazza Nuova, ove oggi una targa
ricorda questo suo posizionamento. In pratica Osimo, con oltre 900 soldati
schierati, era fortemente presidiata. Per tutta la giornata del 16 continuarono
ad arrivare le truppe rimanenti
Come sempre in guerra, le notizie sono confuse,
contradittorie, parzialmente non vere e false. Cialdini nel movimento verso
Osimo ricevette la notizia raccolta da alcuni contadini che De La Moricière era
da Macerata in marcia su Filottrano e quindi puntava su Torre di Jesi. Non fu
creduta per vera, ma per precauzione fece presidiare dal 16° Reggimento
Fanteria Torre di Jesi. Il resto del IV Corpo ebbe l’ordine di raggiungere Osimo
nella giornata del 16 settembre. Jesi e Torre di Jesi divennero la base
logistica arretrata del IV Corpo d’Armata, mentre la linea operativa di
interposizione alla sera del 16 settembre era Osimo. Anche per questo Cialdini
riteneva con l’arrivo in Osimo che le posizioni raggiunte fossero sufficienti
per interporsi alle forze pontificie provenienti da sud e dirette ad Ancona. La
conquista di Osimo fu una brillante azione a carattere logistico che impegnò a
fondo le truppe sarde, che dovettero operare in condizioni non certo ottimali,
tanto che giunsero sulle posizioni stremate.
Si legge nel Diario
del IV Corpo d’Armata:
“Non fu mai vista
stanchezza che uguagliasse quella delle truppe in questa giornata (16
settembre 1860, n.d.a.). gettandosi nei
fossi e nelle campagne vicine, erano sorde alla voce dello stesso generale. Si
aggiunga che i carri ed i viveri, i parchi e le riserve viveri tutte rimaste
indietro per la natura del terreno e la rapidità della marcia. Onde che le
divisioni passarono letteralmente 24 ore senza mangiare.”[1]
Il Generale Cialdini nel suo rapporto al Generale Fanti ebbe
modo di scrivere:
“Le salite e le discese
di Torre di Jesi quindi l’erta di Osimo allontanarono di nuovo i viveri dai
battaglioni; il calore del giorno fu eccessivo; le truppe arrivarono rassegnate
fino ad Osimo, ma quelle che dovettero avanzare a Castelfidardo ed alle
Crocette oppresse dalla fatica dalla sete e dalla sferza del sole e dalla
mancanza si sufficiente alimentazione giunsero in uno stato di prostrazione che
le faceva assolutamente incapaci di sostenere il benché minimo combattimento”.[2]
Questa manovra di interposizione ricorda alla lontana la
manovra napoleonica di Ulm, in cui con marce estreme, il Corso riuscì a far
capitolare per manovra l’intera guarnigione austriaca di 30.000 uomini. Con la
sua manovra, Cialdini pose le premesse per la vittoria dello scontro del 18
settembre.
Via via che giungevano ad Osimo, le truppe a rincalzo
scavalcavano quelle che avevano preso posizione e proseguivo verso est. Fu
disposto che, al comando del Comandante la Brigata “Bergamo” proseguissero per
San Sabino, Castelfidardo Crocette il II ed il XXVI Battaglione Bersaglieri, il
Reggimento “Lancieri di Novara” e la 5a Batteria. Gli ordini per queste truppe
erano chiari: raggiunto il quadrivio delle Crocette, spingersi verso i ponti di
Loreto, se trovati intatti e sgombri da forze nemiche tagliarli e renderli
impraticabili. Indi organizzarsi a difesa, pronti a dare l’allarme e a
ritirarsi con reazioni dinamiche locali. Era il rafforzamento della linea di
interposizione che Cialdini aveva iniziato due giorni prima, che aveva Osimo,
ove Cialdini pose il 16 settembre il suo Quartier Generale, il perno centrale.
Ad Osimo furono gironi di tensione e paura. La città
presidiata da migliaia di soldati, che aumentavano di numero di ora in ora. Chi
arriva e chi partiva. Si comprendeva anche dalle parole dei soldati stessi che
un attacco poteva arrivare sia da Ancona che da Loreto, in pratica si era tra
due fuochi. Queste paure aumentarono quanto l’indomani le truppe sarde furono
poste in allarme in quanto era stata avvista in tarda mattinata una consistente
colonna pontificia uscita da Ancona verso Camerano e si dirigeva verso la
vallata. Nel pomeriggio si sparse la notizia che le avanguardie di questa
colonna erano arrivate a San Biagio. Uno scontro a fuoco era temuto da un
momento all’altro.
La notizia si rilevò poi falsa. La colonna al comando del De
Courthen era la III Brigata operativa che, rientrata in Ancona, era uscita
dalla piazzaforte per andare incontro al De La Moricière che si sapeva essere
giunto a Loreto, ma non scese in pianura; si arrestò dopo Camerano e a sera
rientro in Ancona. Mentre la stragrande maggioranza delle truppe sarde riposava
in quel 17 settembre 1860 il presidio delle posizioni della linea di
interposizione di completavano arrivando a Monte San Pellegrino e Colle Oro,
ultime propaggini collinose verso il mare. Osimo visse un altro giorno di
angoscia e incertezza, con la popolazione che constatava di essere in mezzo ad
un campo di battaglia.
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