Ancona cura poco la sua storia, scrive Massimo Coltrinari.
Eppure segnali di inversione di tendenza si colgono da qualche anno a questa
parte. Merito di studiosi e appassionati con curriculum e percorsi formativi
assai variegati. Accanto allo straordinario lavoro di Massimo, teso al recupero
della nostra memoria storica sull’Ancona risorgimentale e non solo, Claudio
Bruschi ha scritto all’inizio del 2012 una opera importante sul “Campo
trincerato di Ancona”. Poi si sono spesi Marina Turchetti con il suo Laboratorio
culturale, Enzo Monsù, che ha valorizzato le fortificazioni di Pietralacroce
nel 150° anniversario dell’Unità nazionale, il compianto Enzo Jannaci, che ha
ricostruito una pagina di storia minuta sul versante dei “vinti di Salò”, ma
anche studiosi e giornalisti amanti della storia come, vado in ordine sparso,
Antonio Luccarini, Rodolfo Bersaglia, Giampaolo Milzi, Fausto Pugnaloni, Fabio
Barigelletti, Franco Frezzotti, Nino Lucantoni, Roberto Domenichini, Gilberto Piccinini,
Roberto Giulianelli, Lucilla Niccolini, Giorgio Guidelli, Roberto Giulianelli, Giuseppe
Barbone, Giorgio Petetti, Giuseppe Campana, Ruggero Giacomini, Giorgio Mangani,
Massimo Papini e l’Istituto Storia Marche. E molti altri che, mi perdoneranno
la mancata citazione, hanno a cuore la memoria e la storia di questa strana Città.
Tutti hanno dato un contributo nel riscoprire la ricchissima storia dorica
dalla fondazione a opera dei siracusani, 2400 anni orsono nel 2013, al
terremoto del 1972, quaranta anni fa. Lo hanno fatto con opere a carattere
scientifico oppure con saggi e opuscoli (basta dare un’occhiata alla sempre
ricca vetrina di Canonici dedicata da cinquanta anni alla storia locale), organizzando
trekking urbani, rassegne, mostre, scrivendo articoli sui quotidiani locali
(come nella pagina domenicale de “Il Messaggero” intitolata “Acque e lune”), o
infine fornendo stimoli e impulsi a costruire nuovi itinerari e percorsi di
ricerca. E un piccolo contributo, scusate, l’ho dato anch’io, prima
organizzando per
Generosamente (e scherzosamente), il generale Coltrinari mi
definisce “l’uomo che fa parlare le pietre” però in effetti per “Lezioni di storia” ho
sempre tenuto in mente il legame tra “pietre” e fatti, magari utilizzando il
luogo (della memoria) quale set per la rievocazione. Anche gli ultimi percorsi
del trekking urbano nazionale che ho curato, con i colleghi del settore
Attività culturali – Turismo del Comune (tra i quali quello organizzato a
Pietralacroce, frazione dorica ricca di storia risorgimentale, in occasione del
150° anniversario dell’Unità nazionale), si basano sul concetto del “fare
parlare le pietre”, e su di un assunto allo stesso tempo “scientifico” e
divulgativo della storia. Perché l’altro principio di cui sono convinto, pur
espresso in maniera un po’ provocatoria, è il seguente: o la ricerca storica
acquisisce (anche) un carattere divulgativo o non è.
E’ sufficiente tutto ciò per parlare di rinascita oppure in
periodo di crisi ci si ripiega sul proprio passato? Non ho una risposta a
questa domanda però l’attenzione del pubblico (e non solo di quello anconetano)
nei confronti della nostra storia è incoraggiante. Alla fine l’obiettivo è
semplice: diffondere la conoscenza delle “pietre” per preservarle e conservare
la memoria storica della nostra Città.
Sergio Sparapani
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