martedì 10 marzo 2020
La Guerra del 1866. III di Indipendenza 8 Custoza 24 giugno 1866 2
(a)
I primi scontri (06:30
– 07:30)
- I Corpo d’Armata: dopo che a
Valeggio furono coordinate le priorità di sfilamento tra la 1^ e la 5^
Divisione lungo la strada che porta a Castelnovo, l’avanguardia della 5^
Divisione, che nel frattempo ha sbagliato itinerario e deciso di marciare da
sola verso Castelnovo, ha raggiunto Oliosi. Da Monte Vento, il principale punto
di osservazione, scorge movimenti di truppe nemiche verso nord-est a dimostrazione
che l’esercito imperiale aveva già passato l’Adige.
Non
appena, il grosso della 5^ Divisione giunge nei pressi della Pernisa viene
fatta oggetto di fuoco da parte del nemico. L’attacco prende di sorpresa tutti
e solo dopo un’attenta ricognizione il Gen. Sirtori, convinto sino a quel
momento che si trattasse di fuoco amico, diede ordine per assumere le
formazioni per la battaglia, ma le truppe austriache erano ormai giunte alle
alture intorno alla Pernisa. Le condizioni erano sfavorevoli: l’esercito
italiano aveva investito in quell’area circa due divisioni, mentre gli
austriaci cinque brigate. Il rapporto numerico era di circa 1 contro 2.
- III Corpo d’Armata: la 7^ Divisione
marciava sin dalle prime ore del mattino lungo la strada per Massimbona con
l’obiettivo di sfilare sulla sinistra di Villafranca ed andare a schierarsi
presso Ganfardine. L’ordine impartito era quello di muovere con il massimo
delle precauzioni dal momento in cui l’unità non disponeva di un adeguato
schermo della cavalleria e soprattutto di squadroni preposti all’esplorazione.
Il Gen. Bixio, comandante la divisione, era consapevole che alla sua destra
poco più avanti stava marciando la 16^ Divisione, che alla sua sinistra si
stava muovendo l’8^ Divisione e che in posizione leggermente più arretrata
procedeva la 9^ Divisione di riserva.
I
distaccamenti avanzati riportavano che Villafranca era completamente sgombera,
ma che poco più avanti era presente uno squadrone di ussari austriaci della
Brigata Bujanovics seguito da numerose colonne di cavalleria dalla direzione di
Sommacampagna e Ganfardine.
Verso
le ore 07:00, questi reparti entrano in contatto con le avanguardie della 16^
Divisione con una carica portata all’altezza di Ganfardine. Le avanguardie
della divisione a stento riescono a disporsi a quadrato per la difesa, ma una
volta completati questi movimenti sono in grado di stemperare l’ardore della carica
infliggendo numerose perdite. Stanche e disordinate dopo il primo attacco, le
unità austriache subiscono persino un contrattacco da parte dei Cavalleggeri di
Alessandria, inviati dal Comando di Corpo d’Armata. Le unità austriache si
ritirarono quasi subito dietro Ganfardine, inseguiti senza particolare vigore
da alcuni squadroni a cavallo.
Non
era trascorsa neanche un’ora da quell’abboccamento quando da Sommacampagna
alcuni (tre o quattro) squadroni di Ussari dell’Esercito Imperiale si
apprestano a caricare le avanguardie italiane, ma soprattutto la prima linea
della 7^ Divisione: il buon addestramento del personale impartito dal Gen.
Bixio permise di disperdere la carica con la pronta risposta della fanteria e
qualche salva di artiglieria, favorendo così il contrattacco dei Lanceri di
Foggia. Il Colonnello Pulz, nell’informare il suo comando superiore, scrive: “un’ora e mezza di combattimento con forte
cavalleria nemica […] presso Villafranca […]”[i].
Numerosi cavalleggeri austriaci nell’evitare il contrattacco italiano
sia da parte della 7^, ma soprattutto della 16^ divisione, aggirarono
Villafranca in direzione di Massimbona trovandosi, casualmente, nel cuore delle
retrovie del III Corpo d’Armata. Con poche scorribande portano il completo
scompiglio. Il panico era dilagato, contagiando anche alcuni “reparti di fanteria che insieme al supporto
logistico formavano una lunga colonna sino al Mincio”[ii]. In
quel marasma, infatti, confluivano i carriaggi della 7^ Divisione, le colonne
della 9^ Divisione e la Divisione di
( il prossimo post sarà pubblicato in data 25 marzo 2020)
[i]
Pollio A., Op. Cit., p. 109.
[ii]
Gioannini M. e Massobrio G., Op. Cit.,
p. 202.
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