La cattura
del generale Lamoricière non fu voluta ?
(in “Per il primo cinquantenario della liberazione delle Marche”, numero
unico pubblicato dall’Associazione Marchigiana per la storia del Risorgimento
italiano, Roma 1910)
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È noto come, non appena decisa la battaglia di Castelfi-
dardo, il generale Lamoricière, con parte del suo Stato
Maggiore, tentasse la ritirata in Ancona, prendendo la
via della marina, cioè Numana, Sirolo, Monte Conero,
strada Trave, Ancona.
Ebbene,
più volte io mi son chiesto, come da Ca-
merano, dov'erano otto pezzi d'artiglieria e un generale,
il Della Rocca, che risiedeva nella casa del marchese
Giulio Mancinforte, non si fosse fermato il fuggiasco e
catturato. Non sapevo spiegarmi questo fatto se non
con l'ammettere che nessuno s'era accorto della ritirata
del Lamoricière, o che assolutamente, forse per non
trovare complicazioni internazionali, non si fosse voluto
arrestare. Sempre più però mi venivo confermando in
questa seconda ipotesi, perchè contemporanei
della bat-
taglia, tuttora viventi, tra i quali il segretario del co-
mune di Camerano, signor Leonardo Zoppi, ricordano
di aver veduto benissimo, a occhio nudo, il Lamori-
cière e gli altri a cavallo, e di aver scorto col cannoc-
chiale perfino i filetti delle monture. Dunque?
Di
questi giorni, in questa rinnovata primavera della
patria, ho voluto procedere a un'inchiesta sul fatto, e
benchè nulla (m'è stato assicurato) risulti dagli archivi
del comune di Camerano, nè alcuna memoria
scritta
esista in proposito in casa del marchese Mancinforte, da
testimonianze di vecchi, che conservano piena lucidità
di mente, m'è stato confermato che non si è voluto
assolutamente
arrestare il capo delle orde papaline. -
Doga Celeste fu Antonio,
pensionato garibaldino, ora
residente al Poggio
(frazione del comune di Ancona),
asserisce di essere
stato guida di una compagnia di
soldati partiti da
Camerano per troncare la ritirata del
Larnoricière. Al capitano egli disse che la strada breve
e sicura per riuscire, era la strada di terra, tuttora esi-
stente, detta dei Molini (lungo il torrente Boranico)
che mena a quella del Trave, precisamente per dove
più tardi avrebbe dovuto transitare il
generale nemico.
Da notarsi che il Doga, per il suo mestiere di calde-
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raio, specialmente
della campagna di Camerano e din-
torni, era molto pratico delle località. Ma il capitano rispose che aveva l'ordine di andare a Massignano, e vi si fece guidare. Ivi giunto seppe che Lamoricière s'era fermato al convento dei Camaldolesi, sulla vetta del Conero, da dove, dopo una breve refezione, era partito, seguendo i sentieri del monte e costeggiando la frazione di Poggio fino al Trave. Esclamò allora quel capitano: «Che sbaglio abbiamo fatto!», come testi- monia Giovanni Tangherlini fu Angelo, ottantenne, ora residente al Poggio, e in quei tempi a Massignano. Questi lo guidò al Poggio stesso, ma troppo tardi chè già il Lamoricière s'era avvicinato ad Ancona, senza che si potesse più sperare di raggiungerlo.
Del
tragitto percorso dal Lamoricière, come ho in-
dicato più sopra, ho raccolto numerose testimonianze, le quali tutte confermano che. assolutamente s'è cer- cato di inseguirlo, senza volerlo mai raggiungere, col troncargli la strada.
Ora
resta a domandarsi: Proprio vero che quel ca-
pitano, di cui nessuno ha saputo dirmi il nome, s'era sbagliato, o è vero invece ch'egli avesse avuto ordini tassativi dai suoi superiori di lasciare liberamente en- trare il Lamoricière in Ancona per tutto predisporre alla difesa? Se fosse vera questa secorida ipotesi, quali ragioni devono avere influito su tale deliberato?
Non
a me, umile raccoglitore di notizie storiche,
è dato significare una risposta esauriente. Ad altri quindi, conoscitori profondi delle condizioni politiche nazionali ed internazionali di quei tempi, lascio la parola.
A
me basta aver trovato conforto di testimonianze,
le quali ancora una volta assodino, che se il generale La- moricière, nella sua ritirata, si trovò fuori del tiro dei cannoni, non fu abilità la sua, e che fu imperizia o altro da parte dell'esercito piemontese, l'esser riuscito, senza molestie, a scappare da Castelfidardo ad Ancona.
Camerano, agosto 1910.
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