Kanzler, a quest’ordine, aveva la possibilità di rientrare ad Ancona utilizzando la strada Corinaldo-Jesi-Osimo-Ancona; era la strada più lunga ma abbastanza sicura, essendo ben distante da possibili eventuali attacchi sardi. Kanzler, invece, sceglie di giocare d’azzardo, e non si hanno documenti che giustificano questo atteggiamento. Decise di percorrere la strada più breve, ovvero puntando su Senigallia, e da qui lungo la strada litoranea arrivare in Ancona, pur sapendo che i sardi avevano già conquistato Pesaro e soprattutto avevano conquisto Fano.
La colonna partì all’alba da Mondavio e si diresse su Corinaldo e poi Brugetto, con un dispositivo di marcia così composto:
avanguardia: al comando del cap. Avensperg
.1a compagnia del III battaglione bersaglieri austriaci
grosso: al comando diretto del Kanzler, con alle dirette dipendenze il magg. Serra
. plotone gendarmi
. II battaglione del 1° reggimento di linea
. sezione d’artiglieria della 1a batteria
. I battaglione bersaglieri austriaci ( sei compagnie)
retroguardia
. due compagnie del I battaglione bersaglieri austriaci, al comando del cap. Rooner
In pratica la colonna muoveva con due compagnie bersaglieri in testa ed in coda con la parte centrale le forze di fanteria sostenute dall’artiglieria da campagna.
La colonna non ebbe ostacoli fino a Brugetto, dove si fermò per qualche ora. Durante questa sosta la colonna fu avvista da pattuglie di cavalleria sarda in perlustrazione. Sulla base di questa constatazione, Kanzler diresse la colonna in Val Misa, e passo alla riva destra del Misano, a circa 5 miglia, all’incirca 9 chilometri da Senigallia. Qui lo raggiunse la notizia che Senigallia era occupata da elementi di cavalleria nemici.
Kanzler, non tenendo in evidenza gli ordini del de Courten che gli imponevano di raggiungere Ancona con tutte le forze alle sue dipendenze, decise di tentare un colpo di mano contro i Sardi a Senigallia, convinto della sua superiorità, in un secondo momento si sarebbe ritirato su Ancona. Un vero e proprio colpo d’arresto alla avanzata sarda.
Erano circa le 12 del 13 settembre 1860. La colonna pontificia si avviò verso Senigallia.
Alle 14 il cap. Centurione dello Stato Maggiore della 7a divisione al comando del generale Leotardi, riuscì a scorgere dagli avamposti di Sant’Antonio la colonna pontificia in movimento verso la costa; immediatamente informò il comandante della brigata Bergamo colonnello Avogadro di Casanova. Questi inviò incontro ai pontifici immediatamente due compagnie di bersaglieri, la 46a e la 48a.
Nel mentre questo movimento era in atto, intorno alle 15 il colonnello Kanzler viene di nuovo informato che Senigallia è stata raggiunta da consistenti forze sarde, tra le quali vi era una forte aliquota dia artiglieria che si faceva ammontare a 24 cannoni. Queste informazioni cambiavano radicalmente il quadro tattico: sarebbe stato veramente da sprovveduti attaccare forze superiori; quindi Kanzler decise di rinunciare seduta stante al colpo di mano e di dare corso agli ordini ricevuti, ovvero raggiungere Ancona il più presto possibile. Presa la ripida strada del Vallone di Sant’Angelo, al fine di arrivare in Ancona, per Case Bruciate, Fiumesino e quindi Ancona.
La catena di comando sarda era già allertata; il gen. Leotardi ordinava verso le 15,30 alla brigata Como rinforzata da un squadrone di Lancieri di Milano, di rimanere in riserva pronta ad intervenire, ordinava alla brigata Bergamo di marciare verso S. Antonio con il 25° reggimento fanteria e uno squadrone di Lancieri di Milano ed una sezione di artiglieria. Ai suoi diretti ordini, una colonna composta dal 26° reggimento fanteria, due squadroni di Lancieri di Milano (2° e 3°) ed i rimanenti pezzi della 5a batteria, con l’intendo di rimontare la vallata del Misa.
Il primo contatto fra le due forza contrapposte avvenne verso le 16 tra la 46a e la 48a compagnia bersaglieri; successivamente anche il I e il II battaglione del 25° reggimento fanteria riuscirono a prendere contatto con la retroguardia della colonna pontificia. Questa retroguardia, come visto , al comando del cap. Rooner iniziò a resistere a nord di Sant’Angelo; presto, vista la superiorità nemica iniziò a ripiegare su San Silvestro. Kanzler la rinforzò con due compagnie del 1° reggimento indigeno e con due pezzi di artiglieria da campagna, con le due compagnie al comando del tenente Roversi e del tenente Venanzi. Queste forze, prendendo posizione a San Silvestro e poi su successive posizioni riuscivano, alternando tempi di arresto fomentati e reazione dinamiche, ad acquistare tempo permettendo al grosso di proseguire verso Montemarciano.
Il generale Leopardi, preso atto che ormai il grosso dei Pontifici stava sfuggendo, spinse in avanti la sua scorta di lancieri, che tentò una carica, ma fu costretta, per l’esiguo numero ed anche per il terreno difficile e poco adatto alla cavalleria, ed anche per la fermezza del nemico, a ritirarsi.
Ordinò al colonnello de Barral, che si pose al comando del 2° e del 3° squadrone dei Lancieri di Milano, con l’appoggio di una sezione di artiglieria, e di due compagnie dei bersaglieri.
Condotti dallo stesso colonnello De Barral i due squadroni caricarono ripetutamente, scompaginando le due compagnie di bersaglieri austriaci, gli uomini delle quali in gran parte furono fatti prigionieri ed i bersaglieri sardi si impadronirono del bagaglio e della cassa di guerra. Le due compagnie indigene, invece, riuscirono a tenere il passo e a rimanere compatte. Lancieri e bersaglieri. Avanzando la sera il colonnello Casanova ritenne di desistere da ogni azione e quindi pose fine all’inseguimento.
Riusciva al colonnello Kanzler di raggiungere con il grosso delle truppe Montemarciano, da dove, temendo che il bivio di case Bruciate fosse occupato, si diresse per Chiaravalle, e qundi per castelferreti e Falconara, ove si fece sosta per qualche ora. Qui trovò il IV battaglione bersaglieri austriaci e due pezzi della 9° batteria, che il de Courten aveva inviato a fiume sino proprio per proteggere la ritirata alla forze in ripiegamento dal Montefeltro.
Uniti tutte queste forze, all’1 dopo mezzanotte del 14 settembre entrava in Ancona, avendo compiuto in 22 ore una marcia di 60 chilometri.
Il bilancio di questo scontro fu, per i Sardi, un soldato ucciso e tre feriti, tra cui il maggiore Groppello, tutti appartenenti ai Lancieri di Milano; questo reggimento ebbe pure 19 cavalli messi fuori combattimento. I Pontifici ebbero, tra feriti e prigionieri, 135 uomini; fra i feriti quattro ufficiali, i capitani Roomer e Paoli, i tenenti Ricetti ed Hovas.
Le considerazioni che si possono fare su questo scontro vengono riassunti dal Vigevano in queste parole:
“La rinuncia del generale Leotardi ad agire contro le truppe pontificie, quando queste erano state segnalate a Brugnetto, causa la stanchezza delle truppe, era riuscita a favorire la ritirata dei Pontifici. Ma il colonello Kanzler colla sua mossa verso Senigallia rinunziò al vantaggio che impensatamente gli veniva offerto di ritirarsi indisturbato e venne a mettersi in una situazione che egli stesso definì criticissima dalla quale si districò con abilità, ma con difficoltà, sacrificando oltreché parte del materiale quasi due compagnie, e a ben maggiore sacrificio avrebbe dovuto sottostare se la cavalleria sarda fosse stata impiegata riunita per prevenirlo o per cadere su un determinato punto della sua linea di ritirata”
Cialdini, giunto a sera a Senigallia, informava in questi termini il Primo Ministro Cavour e il generale Fanti
“13 settembre ore 10,30 pomeridiane. La divisione Leotardi giunta quest’oggi a Senigallia si accampò sulla strada di Ancona. Informato il generale che due battaglioni nemici vagavano per le vicine colline, benché avesse le truppe stanchissime, partì con qualche battaglione e coi Lancieri di Milano a dar loro la caccia. Le disperse e rientrò a tarda sera con 200 prigionieri circa, tutti tedeschi fra i quali alcuni ufficiali. I Lancieri di Milano eseguirono una bella carica, col colonnello De Barral in testa, ed ebbero il maggiore Groppello ferito alla coscia ed una ventina di cavalli fuori combattimento. L’ora tardissima non permise maggiori risultati.”
Da Ancona, di questi avvenimenti venne informati il Comandante in Capo. De La Moricière ne informa il Pro Ministro De Merode con questo dispaccio
“Tolentino 14 settembre 1860. Al Ministro delle Armi. Roma.
De Courten si era ritirato in Ancona, lasciando Kanzler e Vogelsang. Ricevo in questo momento il seguente dispaccio del generale de Courten. Olonna Kanzler e Vogelsang erano state tagliate fuori da Senigallia; entrato in questo momento in Ancona con i loro due pezzi. Circondate a S. Angelo da una intera divisione piemontese, hanno saputo bravamente resistere, aprendosi la strada in mezzo al nemico, percorrendo 45 miglia di strada di montagna. Battaglione bersaglieri ha perduto 60 uomini circa e 4 ufficiali e battaglione Serra (indigeni) poca gente. Il Comandante il Capo de La Moricière.”
Lo scontro di San Silvestro, quindi, rappresenta un'altra sconfitta per i pontificio, caduti nel tranello di accorrere nel Montefeltro a reprimere i moti di rivolta, venendo meno al principio della massa. Anche se il numero varia, si persero dai 60 ai 135 ( Cialdini parla di 200 uomini) soldati perduti, che sarebbero stati utili alla difesa di Ancona. In sostanza, uno scontro che si poteva evitare e che incise negativamente a livello strategico-operativo.
Post Scriptum
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