L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
II Edizione - Accademia di Oplologia e Militaria
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mercoledì 29 marzo 2017

Edizione 2003. Nota V Parte I

massimo Coltrinari
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)

Se lo scontro del 18 settembre  1860, fosse stato risolutivo le disposizioni di far convegere su Ancona tutte le forze di invasione sarebbero state assurde.     
           

Tutte le forze d’invasione in marcia

Dopo cinque giorni dall'inizio delle operazioni il quadro operativo generale si era delineato: il gen. Manfredo Fanti ormai aveva ben compreso che l'Esercito Pontificio  avrebbe fatto ogni sforzo per concentrare tutte le sue forze disponibili su Ancona e qui cercare di dar vita ad un assedio il più lungo possibile, in attesa degli aiuto austro-francesi.

Per il gen. Fanti si presentò l'opportunità, con la decisione del De la Moricière di raggiungere Ancona,  di  proseguire con il V Corpo, che già stava avanzando senza ostacoli reali in Umbria verso il sud, perseguendo l'obbiettivo primario della campagna, oppure concentrare  tutte le forze d'invasione per  eliminare l'Esercito Pontificio. In questa seconda ipotesi, il V Corpo dall'Umbria doveva convergere su Ancona.

In verità Fanti non aveva dubbi. Fin dall'inizio della campagna il suo obbiettivo era quello di rendersi padrone delle Marche e dell'Umbria, per rendersi sicure le spalle,  e questo significava dover venire a battaglia con le forze pontificie.

 Nella sua relazione Fanti scrive:
"..saputo il concentramento di De la Moricière su Macerata ( mentre la nostra colonna di sinistra già era padrona della bassa valle d'Esino[1], fece eseguire il cambiamento di direzione a sinistra per chiudere il passo all'avversario in Val di Chienti, facendo in pari tempo scendere la colonna che si avanzava per la cresta dell'Appennino in Val Potenza. Ad assicurarmi frattanto le spalle, io lasciava una colonna mobile su Spoleto, con missione di impadronirsi di quella rocca e della lunga stretta che va a Terni, onde far fronte alle truppe che per avventura potessero sopraggiungere da Roma e dalla Comarca "[2]

Gli ordini furono eseguiti ed il V Corpo si dispose per passare gli Appennini . Il generale Morozzo della Rocca il 17 settembre 1860 emise il seguente ordine del giorno, che era in realtà un vero e proprio pacchetto d'ordini:

"Ordine del giorno 17 settembre 1860

Il V copro d'armata si avanzerà oggi per la strada di Ancona fino a Colfiorito ove prenderà posizione. Le colonne  sarà formata nell'ordine seguente, senza la benché menoma variante che io proibisco assolutamente:
Divisone di Riserva
 - Avanguardia,. Reggimento "Piemonte Reale", XXIII Battaglione Bersaglieri, XXIV Battaglione Bersaglieri,. 11a Batteria, 1a e 5a compagnia Genio ( con i soli loro cassi d'utensili)
- Grosso del Corpo d'Armata
 . Truppe della divisione di Riserva, Brigata "Bologna",. XXV Battaglione Bersaglieri, 7a Batteria,
- Truppe della 1a divisione
 .  XIV Battaglione Bersaglieri, 5a Batteria, Brigata  "Granatieri di Sardegna", 4° Reggimento "Granatieri di Lombardia", 16 ° Battaglione bersaglieri, due squadroni di Nizza Cavalleria, tutte le ambulanze del corpo d’armata riunite
  - Retroguardia ( la quale non raggiungerà il suo posto che domattina ) :
  . 3° Reggimento granatieri di Lombardia,. 6° Batteria d’artiglieria, 9° Battaglione Bersaglieri, due squadroni di Nizza Cavalleria, Viveri ed equipaggi ( per oggi seguiranno subito dopo il grosso del corpo d’armata ).
  - La colonna viveri ed equipaggi sarà formata come segue:
  . Viveri e foraggi dei diversi corpi nell’ordine che stanno in colonna le truppe,. Quartieri generali,  Equipaggi e tende dell’ufficialità, Tutti gli altri carri dell’armata,. Parco dell’artiglieria
   Il parco d’artiglieria starà a distanza di quattro o cinque ore di marcia dietro il corpo d’armata.
   Le truppe non avranno con loro altre vetture che quelle dei vivandieri ed i capi-corpo invigileranno alla severa esecuzione di questo ordine.
  Nelle posizioni che si prenderanno d’ora in avanti per pernottare non saranno fatti venire al campo d’ogni corpo che dietro comando espresso del comando generale del corpo d’armata.
 Li carri degli equipaggi degli ufficiali e le loro tende non raggiungeranno i corpi che dietro comando espresso del comando generale del corpo d’armata.
 La colonna dei carri d’ogni genere si parcherà o resterà sulla destra della strada, lasciandone ben libera e sgombra la sinistra, a seconda degli ordini che riceverà per pernottare.
 Li signori generali comandanti le divisioni prenderanno le maggiori precauzioni possibili affinché regni il più grand’ordine in marcia e non permetteranno a nessuno che s’arresti nel traversare i villaggi ed abitati.
 La testa di colonna si metterà in marcia alle ore 10 e mezza precise.
 Io pongo in avvertenza i signori comandanti le divisioni nonché le truppe tutte che stiamo in prossimità dell’inimico, quindi dev’essere cura di ognuno che gli ordini siano più che mai eseguiti colla massima puntualità.
                                                                                                                                 Della Rocca

Alla vigilia della Battaglia di Castelfidardo il V Corpo d’Armata era impegnato in una marcia senza il contatto con il nemico. In questa marcia le unità di Morozzo della Rocca diedero prova di coesione e di amalgama e nei 31 chilometri percorsi, necessari per superare l’Appennino non si ebbero inconvenienti di sorta.
Nella stessa giornata la colonna del generale Frignone dava l’assalto alla rocca di Spoleto. Questa era difesa da una guarnigione di 800 uomini al comando del magg. O Really, del battaglione di San Patrizio. Il combattimento fu violento e durò parecchie ore. Al termine la guarnigione si arrese e fu stipulata una convenzione di resa. Si ebbero nella fila della colonna Frignone 14 morti ( 11 bersaglieri e 3 granatieri) e 49 feriti ( 26 fra i bersaglieri e 23 fra i granatieri). Fra i caduti il tenete Boyer della 35° compagnia bersaglieri. Fra i pontifici si ebbero 3 morti e 10 feriti; tra questi ultimi il capitano Coppinger e il tenente Crean.
Con la presa di Spoleto tutta l’Umbria era sotto controllo delle forze Sarde. Sarebbe stato logico, se non si accetta il fatto che l’obbiettivo della campagna fosse Ancona, che le forze del V Copor anziché superare l’Appennino e puntare sulla Dorica, proseguissero compatte verso il Sud, incontro a Garibaldi. Era vitale, per i sardi, rendersi padroni della piazzaforte e per questo si assunsero l’onere di far marciare un intero corpo d’armata su Ancona, a rinforzo di quello del Cialdini impegnato a contrastare l’azione delle forze mobili pontificie.



[1] Fanti condusse la campagna tenendo sempre presente il quadro generale di situazione: le sue colonne, collegate tra loro, dovevano agire sempre di concerto: quella di destra era il V Corpo operante in Umbria, quella di sinistra era il IV Corpo ed era quella operante nelle Marche. Una divisione  aveva avuto l'ordine ".. di agire sulla cresta dell'Appennino, impadronendosi di Urbino, aveva per oggettivo Gubbio, affine di tenere legati i due Corpi che operavano separati dall'Appennino." Come scrive lo stesso Fanti nella sua relazione
[2] Relazione gen. Manfredo FANTI

mercoledì 22 marzo 2017

Edizione 2003 Nota IV Parte I



massimo coltrinari

(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)

Una battaglia d’incontro: 

la fase esecutiva


Alla sera del 10 Settembre il Comando Pontificio dirama le disposizioni per la raccolta e 1'adunata delle forze mobili dislocate in Umbria, sull'asse Terni - Spoleto - Foligno. L'incertezza nella quale il Generale De La Moricière fu lasciato per tutta la giornata del 10 Settembre non permise di inviare ordini precisi e tassativi alla Brigata Schmid che 1'll Settembre, quando ormai era troppo tardi.
 Quindi si incolonnarono verso le Marche le Brigate Cropt e De Pimodan, in totale circa 8.500 uomini. La giornata dell'11 Settembre fu spesa per i preparativi e la messa in campagna delle truppe. A sera la situazione era la seguente:
2a Brigata (De Pimodan): a Terni; 4 a Brigata o di riserva (Cropt): a Spoleto; 1 a Brigata (Schmid): a Città della Pieve; e 3 a Brigata (De Courten): nelle Marche.
Le notizie giunte nella giornata dell'11 Settembre al Quartier Generale Pontificio a Spoleto ormai sono chiare: 1'insurrezione sarda era cominciata e Pesaro e Fano, investite. De La Moricière conferma gli ordini di radunata di tutte le forze a Spoleto, poi di marciare su Colfiorito e, quindi, su Macerata. Nel diramare questi ordini, il Comandante in Capo Pontificio valutava che 1'invasione sarda sarebbe stata di molto rallentata dall'investimento e dalla resistenza delle piazzeforti di Pesaro  e quella di Fano. L'ipotesi minima era individuata in due, tre giorni per Pesaro ed uno-due giorni per Fano. Riteneva, quindi, di avere tempo sufficiente, sull'ordine di quattro, cinque giorni,  per radunare tutte le forze.
 Confermava 1'ipotesi di non effettuare nessuna azione contro le truppe del V Corpo d'Armata sardo che dalla Toscana scendevano in Umbria, incentrando tutta la manovra  sul  prevenire quelle del IV Corpo che, era evidente, puntavano su Ancona.
 Alle ore 24 del 12 Settembre le truppe Pontificie iniziarono il movimento: la Brigata Cropt da Foligno, via Colfiorito, per Serravalle; la Brigata De Pimodan da Spoleto doveva serrare su Foligno. Iniziava alle ore 24 del 12 Settembre la manovra che portò i Pontifici al combattimento di Castelfidardo.
I movimenti erano per lo più a forte connotazione logistica: la Brigata De Pimodan non incontro difficoltà, mentre la Brigata Cropt ebbe inconvenienti con 1'artiglieria nel tratto Foligno - Scopoli e Case Nove - Cantoni, data la forte pendenza. Si dovette aggiogare un paio di buoi ad ogni traino, non essendo sufficienti le due pariglie regolamentari. Alla sera del 13 Settembre 1860 la Brigata Cropt era tutta a Serravalle e la Brigata De Pimodan a Foligno.
La Brigata Cropt ricevuti ordini verbalmente dal Generale De La Moricière inizio all'alba il movimento da Serravalle a Tolentino. In testa marciava un battaglione di linea e due pezzi di artiglieria al Comando del ten. col. Blumenstihl; a 400 metri marciava il resto della colonna. Non vi era necessità di adottare misure di sicurezza accurate: informazioni prese presso i contadini davano la strada per Macerata libera; a sera la Brigata Cropt era a Tolentino. La Brigata De Pimodan lasciava Foligno e giunse senza intralcio a Serravalle incontrando gli stessi inconvenienti per 1'artiglieria che ave va incontrato Cropt. L'apprezzamento di situazione a Tolentino, la sera del 14 settembre, era il seguente: la manovra per raggiungere Ancona era iniziata senza inconvenienti: affinché riuscisse si doveva ulteriormente accentuare la celerità di ogni movimento, e contare ancora sulla  efficienza del  servizio informazioni, al fine di evitare sorprese.
De La Moricière da Tolentino emanava gli ordini conseguenti a questo apprezzamento di situazione. Le truppe rimaste in Umbria le pose alle dirette dipendenze del Ministero della Guerra, a Roma. Ordina al Comandante di Ancona, Colonnello Gady, di presidiare Monte Polito, Monte Pelago e la Lunetta Scrima e di comunicare a mezzo manifesti a tutta la popolazione di Ancona che il Generale francese Goyon con 25.000 uomini, il 17 Settembre sarà a Roma con tutta la sua truppa, ovvero i francesi stanno arrivando in aiuto ai Pontifici.
Telegrafò anche al Colonnello Zambelli ad Ancona: “ Ho ricevuto le vostre lettere del 13 corrente. Inviate tutte le vostre spie in giro e tenetemi informato esattamente e continuamente delle mosse e delle posizioni del nemico: non risparmiate denaro.”
Evidente 1'esigenza di essere ben informato sulle mosse del nemico. De La Moricière cura anche il morale delle sue truppe. Insiste presso Mons. Gasparoli, Com. Apostolico del Santuario di Loreto per avere la  bandiera così detta di Lepanto: avere questa insegna alla testa delle truppe è sicuramente un fattore positivo per il morale. Infine non trascura il fattore celerità; impone una velocità operativa di ritmo elevato. Ordina a Cropt di proseguire nella notte del 14 sul 15 verso Macerata e di raggiungerla, ed alla Brigata De Pimodan di raggiungere Tolentino. Le truppe rispondono bene agli ordini.
Nei giorni 12, 13, 14 Settembre hanno percorso, quelle di Cropt i 97 chilometri, che separano Spoleto da Tolentino e si stanno avviando a raggiungere Macerata, distante 17 chilometri; quelle del De Pimodan ne hanno percorsi 87, (Terni - Serravalle) e si stanno accingendo a per corre i 37 chilometri per poter raggiungere Tolentino. Una velocità operativa di tutto rilievo, ancora più da sottolineare se si considera che le truppe Pontificie non erano allenate e non avevano i necessari mezzi logistici completi.
Alla sera del 14 Settembre la situazione è la seguente: la 1a Brigata ormai circondata a Perugia, la 2 a, De Pimodan, in marcia su Tolentino,  la 3 a , De Courten, interamente riunita ad Ancona, la 4 a, Cropt in marcia su Macerata.
Durante la giornata del 15 Settembre 1860 la manovra Pontificia si attua senza intoppi o difficoltà. Cropt arriva a Macerata alle 7 di mattina de1 15 settembre e a questa brigata si aggregano 120 gendarmi del Capitano Zampieri.
De Pimodan raggiunge Tolentino. Da Macerata De La Moricière manda un messaggio a Roma, ove fa il punto di situazione. La prima parte della manovra Pontificia era riuscita: le truppe del V Corpo del Generale Morozzo Della Rocca non sono riuscite ad agganciare quelle del De La Moricière, pur distanti solo due giornate di marcia. E’, questo, un insuccesso dei Sardi, dovuto in primo luogo alla carenza di informazioni, alla scarsa conoscenza dei luoghi ed infine a ritardi dovuti al fatto di accettare combattimenti isolati, contro forze Pontificie disperse, alla ricerca di successi facili e parziali. Una risoluta azione su Foligno, prima che il De La Moricière avesse avuto modo di iniziare il movimento verso Macerata, avrebbe di molto abbreviato la campagna.
Macerata non distava che due giornate di marcia da Ancona. Cropt vi era giunto nella prima mattina del 15: con azione risoluta poteva esserci a metà della giornata del 17 Settembre. De Pimodan il giorno dopo, il 18 Settembre: per De La Moricière la realizzazione del suo piano non pareva proprio impossibile. Nel pomeriggio del 15 Settembre si tiene a Macerata un Consiglio di Guerra a cui partecipò il Gen. De Pimodan che aveva lasciato Tolentino a cavallo, scortato da pochi uomini.
Al consiglio partecipano, oltre a Cropt anche il Colonnello Blunemstihl ed altri Ufficiali Superiori. Nella conferenza si presero le seguenti decisioni:  proseguire il 16 Settembre su Ancona in due scaglioni, Cropt su Loreto, De Pimodan su Macerata;  seguire, con la prima colonna la strada più sicura, la seconda avrebbe scelto la stessa strada; riunire tutte le forze a Loreto; non impegnarsi assolutamente in combattimento;  vagliare le decisioni alla luce delle informazioni ricevute.
Ancona distava 56 chilometri ed occorreva scegliere bene le successive mosse, in quanto i Sardi erano in veloce movimento verso Sud. De Pimodan ritornò alla sua brigata, a Tolentino, non senza aver fatto una ulteriore analisi della situazione con De La Moricière: conclusero che la miglior cosa da fare era quella di riunire tutte le forze a Loreto. Alle 2 antimeridiane del 16 Settembre 1860 al Generale De La Moricière giunsero ulteriori informazioni e notizie sui movimenti delle truppe sarde.
Si seppe che Cialdini puntava con il grosso delle truppe su Filottrano. Era la manovra diversiva attuata fittiziamente dal Cialdini, di cui si dirà quando analizzeremo la manovra del IV Corpo, volta a confondere il nemico.
Su questa informazione, le truppe sarde su Filottrano, il De La Moricière, alle 3 antimeridiane del 16 Settembre, decideva i seguenti movimenti:  la colonna Cropt prendesse la strada sul dorso dei colli fra il Chienti e il Potenza e, per Monte Santo, Santa Maria in Potenza, raggiungesse Porto Recanati;  la colonna De Pimodan, seguisse la medesima strada.
Le ragioni di questo ordine tattico, complesse. Pressato dalla necessità di giungere a Loreto il più presto possibile, De La Moricière prese la strada più lunga, mentre la via diretta era quella per Recanati. Le ragioni di questo ordine tattico, non certo chiaro a prima vista, sono da ricercarsi più che nella giustificazione della salvaguardia del tesoro, nel fatto che De La Moricière era convinto che Cialdini puntasse su Filottrano. Infatti, De La Moricière saputo che il grosso dell'Esercito Sardo sarebbe stato presto a Filottrano, ritenne, passando per il Chienti e il Potenza, di mantenersi il più lontano possibile dal nemico: inoltre aveva il dominio delle quote, e, quindi, la possibilità di respingere eventuali attacchi di cavalleria, combattendo su posizioni solide.
Oltre a queste ragioni sarebbe riuscito a porre in salvo il tesoro dell’Armata. 
La decisione di porre in salvo il tesoro, che poteva essere inviato a Porto Recanati con buona scorta, e che De La Moricière pone, nel la sua relazione, a fondamento della decisione di prendere la strada più lunga, non può giustificare la decisione del Comandante in Capo di non prendere la strada più corta per Loreto. La presenza presunta su Filottrano dei Sardi, la salvezza del Tesoro, più ragioni di ordine puramente tattico sono alla base della decisione delle ore 2 del 16 Settembre 1860 e che influenzo in modo determinante i successivi avvenimenti.
Si arriva, così, all'antivigilia della battaglia di Castelfidardo
I movimenti sono posti in essere dalle 3 antimeridiane: la Brigata Cropt si pone in marcia ed alle ore 18 del 16 Settembre arriva a Porto Recanati, distante da Macerata 31 chilometri. Qui imbarca il tesoro dell'Armata e, dopo ricognizione, provvede ad occupare Loreto, distante 5 chilometri, alle ore 24. In totale nel al giornata del 16 Settembre la Brigata aveva percorso 36 chilometri: tale risultato permette una considerazione.
Se il De La Moricière avesse preso la via di retta Macerata-Loreto, (23 chilometri) nella giornata del 16 Settembre la colonna Cropt, essendo la via non occupata dalle truppe sarde poteva giungere ad Ancona o per lo meno a ridosso di essa. Ovvero la manovra del De La Moricière almeno per la Brigata Cropt avrebbe potuto aver successo. Più difficile sarebbe stato per la colonna De Pimodan giungere il 17 ad Ancona, in quanto sicuramente intercettata dalle avanguardie del Cialdini. Ma in questo caso le opportunità erano tutte intatte, potendo De La Moricière operare anche con 1e forze di Ancona, con sortite dalla Piazzaforte.
La Brigata De Pimodan, lasciata all'alba Tolentino alla sera del 15 Settembre era a Macerata. In testa marciavano solo due compagnie; in retroguardia un battaglione con due pezzi: segno evidente che si temeva un qualche attacco della Cavalleria sarda alle spalle proveniente da Filottrano. E questo avvalora ancor più il fatto che la presunta occupazione di Filottrano era alla base delle decisioni Pontificie.
La sera del 16 Settembre 1860 la Brigata  Cropt era a Loreto e quella De Pimodan a Macerata.
La giornata del 17 Settembre fu dedicata completamente a rettificare le posizioni: ormai De La Moricière aveva deciso di aspettare De Pimodan a Loreto e qui radunare tutte le sue forze. Dispose quindi che a Loreto si creasse un semicerchio difensivo di avamposti, con punti di osservazione e di presidio alcuni verso la strada per Recanati e altri verso quella per Porto Recanati. Osservatori furono posti nei luoghi più alti della città. Nel primo pomeriggio giunse a Loreto la colonna De Pimodan, stanca, affamata, ma con il morale alto e ben saldo.

Uno degli interrogativi che a questo punto si possono porre è quello relativo alla domanda se la manovra del De La Moricière riuscì?

Secondo i presupposti di base occorre rispondere negativamente: non gli riuscì di giungere ad Ancona con tutte le forze stanziate in Umbria. La sera del 17 Settembre era costretto a prendere in esame 1'ipotesi di impegnare un combattimento, cosa che voleva assolutamente evitare. Aveva, però, il Generale De La Moricière colto successi parziali: era sfuggito alle truppe del V Corpo che, indecise, non riuscirono ad agganciarlo; aveva dimostrato che in pochi mesi era riuscito a forgiare un esercito degno di questo nome con 1'aver percorso, dal 12 al 16 Settembre, una notevole distanza, senza che  le truppe si sfaldassero. Infatti tutte quelle partite dall'Umbria raggiunsero Loreto e potevano ancora raggiungere Ancona, combattendo. Il Generale De La Moricière aveva giocato le sue carte abbastanza bene, anche se, occorre rilevare che abbia abboccato con troppa facilità al tranello tesogli dal Cialdini con la notizia che Filottrano era occupato.  Cristoforo De La Moricière aveva accettato il comando delle truppe papali 1'8 Aprile 1860, dopo insistenze da parte del Pro Ministro per 1e Armi Xavier de Merode, suo parente. 

mercoledì 8 marzo 2017

Edizione 2003 Nota III Parte II

PARTE II


La carriera militare del De La Moricière fu brillante ed ebbe il suo massimo splendore nelle campagne in Algeria e Tunisia condotte dall'Esercito Francese tra il 1830 e il 1840. Meno brillante fu la carriera politica: oppositore di Napoleone nel 1848-1852 fu emarginato progressivamente dalla scena politica francese. Nell'assumere il Comando delle truppe Pontificie era conscio di non avere appoggi diretti da Parigi; contava però sull'appoggio del partito cattolico molto influente in Francia, anche tramite 1'imperatrice Eugenia e sull'aiuto fattivo del1'Austria. La sua attività come Comandante fu frenetica: modellò progressivamente le truppe di campagna Pontificie sulle istituzioni francesi: riordinò la Fanteria, istituì il Corpo dei Bersaglieri Pontifici, in cui fece affluire i volontari austriaci, rimise ordine nell'Artiglieria e nell'Arsenale del Belvedere, e diede una configurazione operativa alla Cavalleria ed alle altre Armi.
La sua opera fu coronata da successo: infatti al momento della dichiarazione di guerra riuscì a radunare e portare le truppe mobili Pontificie dall'Umbria alle Marche con una marcia degna dei migliori eserciti del tempo. Quindi a livello professionale si può dire che il de La Moricière non aveva deluso le aspettative di chi lo aveva scelto, anche relazione a quello che era il livello operativo dell’Esercito Pontificio prima della sua assunzione del comando.
Certamente poteva anche riuscire, senza sparare un colpo, arrivare ad Ancona ed evitare lo scontro aperto.
Uno dei motivi per cui il Generale De La Moricière prese la strada che da Macerata porta a Porto Recanati per le alture del Chienti e del Potenza, e che nella sostanza gli fece perdere quella mezza giornata di vantaggio che aveva su Cialdini,  è senza dubbio quello di porre in salvo il Tesoro dell'Armata papale.
De La Moricière aveva mandato nella primavera del 1860 una somma di 500.000 mila franchi ad Ancona; questa somma, custodita nella Cittadella dell'Astagno, doveva servire solo per casi estremi. Il Comando Piazza di Ancona, invece, per superare le momentanee deficienze di cassa, attinse a questa somma, non riconoscendone l'intangibilità. Di modo che, al momento della invasione sarda, l'11 Settembre 1860, il Comandante civile di Ancona, Conte di Quattrebarbes, fece presente al Generale De La Moricière che Ancona aveva urgentemente bisogno di denaro.
Il Comandante in Capo si vide costretto a chiedere a Roma, al Pro Ministro per le Armi De Merode, il denaro necessario per Ancona. Al momento di mettersi in marcia da Spoleto, avendo immediatamente ricevuto varie casse di monete d'argento, il Generale De La Moricière si trovò appesantito da un  considerevole “treno di cassa”, come allora si definiva l’amministrazione militare.
Al Generale De La Moricière stava molto a cuore preservare questo tesoro; aveva chiesto ad Ancona delle cannoniere; all'appuntamento a Porto Recanati si presentò il postale San Paolo, con a bordo il Sig. De La Perraudiere, volontario di cavalleria.  Il tesoro fu imbarcato in gran fretta: infatti notizie ultime davano i Sardi a Loreto; inoltre il mare ingrossava; furono imbarcate tutte le casse, compreso il denaro che serviva all'Armata per i servizi ordinari.
Con il Tesoro si imbarcava anche il Sottointendente Ferri. La fretta fu all'origine di un grave inconveniente: a Loreto De La Moricière aveva bisogno di farina, ma non aveva soldi per pagarla, essendo tutti i molini caduti in mano nemica. “Gli abitanti” , riferisce nella sua relazione , “nonché a noi bene affetti, vedendo 1'inferiorità delle nostre forze, volevano essere pagati in contanti, ed abbiamo già detto come la cassa di servizio era stata trasportata ad Ancona. Eravamo quasi senza denaro.”[1] Ovvero 1'Armata Pontificia, dopo aver allungato la via per imbarcare il Tesoro e salvarlo, perdendo ore preziose, si trovava quasi a digiunare, il 17 Settembre a Loreto, per mancanza di denaro. La vicenda del Tesoro è sintomatica: scarsa previdenza amministrativo - logistica da parte dei sottordini incidono fortemente nelle scelte operative del Comando Pontificio.
De La Moricière, forse, però giustifica 1'aver scelto la strada più lunga per andare da Macerata a Loreto con la scusa di porre in salvo il Tesoro, per non ammettere di essere stato tratto in inganno dal Cialdini con la diversione, fittizia, su Filottrano. 

La manovra del Cialdini rappresenta una delle migliori esecuzioni sul terreno del generale nativo di Castelvetro e che varrà l’imperitura memoria nelle nostre terre.
Il Generale Cialdini, agli ordini del Comandante in Capo Manfredo Fanti era al Comando del IV Corpo sardo. Tale grande unità era ordinata su tre Divisioni: la 4a, la 7 a e la 13 a. Secondo il piano generale doveva operare nelle Marche e conquistare al più presto Ancona e battere in campo aperto le eventuali forze Pontificie. Poi, passare ad operare verso il Sud. Fin dal 9 Settembre il IV Corpo era pronto ad operare. La 7 a e la 4 a Divisione dovevano investire Fano e Pesaro; la 13 a operare in soccorso e sostegno dei rivoluzionari operanti nel Montefeltro. Le operazioni iniziarono all'alba dell'11 Settembre e presto il ritmo delle operazioni fu sostenuto. Nella giornata dell'11 e del 12 Settembre le truppe sarde investirono e conquistarono sia Pesaro che Fano. Nella giornata del 13 Settembre, la 4 a e 7 a Divisione marciarono lungo la strada adriatica verso Senigallia, mentre la 13 a Divisione, dopo aver portato soccorso ai patrioti raggiunse ed oltrepassò Cagli.
Questo ritmo elevato delle operazioni aveva di molto allungato le linee di rifornimento dei Sardi. I vari parchi erano rimasti indietro, mentre quello d'assedio addirittura era per mare, nel Tirreno, ed il carreggio ancora in Emilia. Il Comando sardo valutò che occorreva una sosta al fine di riorganizzare le truppe. Con tale decisione, dettata del resto dalla necessità, si concessero altre 24 ore di vantaggio, nella corsa verso Ancona, al Generale De La Moricière, che in quel 14 Settembre aveva la Brigata Cropt in marcia verso Macerata e la Brigata De Pimodan verso Tolentino. La sosta del 14 Settembre fu conveniente mente utilizzata, però, dal Cialdini, per mettere a punto le operazioni dei giorni successivi, alla luce delle informazioni acquisite sui movimenti Pontifici. Nella sua relazione a Fanti, il Cialdini così spiega le ragioni che lo convinsero ad adottare il suo piano, dando inizio a quella manovra che lo portò successivamente a Castelfidardo:
Tali notizie mi turbarono assai, giacché m'era ormai difficilissimo, se non impossibile, di precludergli la strada di Ancona. Avrei potuto da Sinigallia portarmi addirittura su Torretta e di là andarmi a collocare a Castro, onde tener così le due strade da Macerata per Osimo e le Crocette di Castelfidardo mettono ad Ancona. Ma oltreché un tal movimento in tanta prossimità della piazza, che pur doveva contenere settemila uomini di truppe buone e fresche, era in se stesso pericoloso per il mio grave attiraglio di carri; era poi impossibile d'altronde trasportare rapidamente da Torretta in Val Baracola questo stesso attiraglio, dovendo sormontare 1'elevato contrafforte che da Sappenico [Sappanico] discende a Posatore sottu Ancona, traversato da strade senza fondo di ghiaie, rotte in molti luoghi e con frequenti pendenze maggiori del 15 per cento. Oltreciò io non aveva sufficienti forze per disporre di una divisione a tutela delle mie comunicazioni che sarebbero state prontamente tagliate, qualora mi fossi collocato la dove accennai.
Per ultimo era evidente che, volendo io collocarmi fra la piazza e il Generale De La Moricière, non dovevo mai farlo in tanta vicinanza di Ancona, che la guarnigione udendo il cannone, potesse in men di due ore venirmi alle spalle, ed unirsi con facile concerto all'attacco di fronte del Generale De La Moricière. Riflettei poi che le marce forzate avrebbero stancato le truppe da lui condotte, e che in numero di tre o quattro mila non oserebbero esporsi ad incontrarmi, ne vorrebbero abbandonare il Generale Pimodan, che le seguiva di un giorno con altre cinque o sei mila. Era naturale che il generale nemico non amasse perdere gran parte delle sue truppe senza combattere, ed ammettendo che nella notte del 14 egli dormisse a Macerata potendo così la sera seguente trovarsi in Val Musone, ei doveva assolutamente scegliere uno dei due partiti: o passare oltre e condursi in Ancona,  Castro dista da Ancona poco più di sette chilometri coi 4.000 uomini che aveva sotto la mano, od attendere in Loreto o Recanati, la riunione del generale Pimodan che non poteva sfuggirmi; nel secondo caso, io passando per Jesi sarei arrivato a tempo a pormi fra Ancona e lui.
La somma di queste riflessioni mi decise a dirigermi su Jesi, città che poteva mettersi brevemente in istato di difesa, che aveva alle spalle una strada per le mie sussistenze, troppo lontana dalla piazza perché la guarnigione fosse in grado di spingere una sortita sino ai miei magazzini”. [2]
I concetti espressi si attuarono in una manovra che è all’origine della
         Battaglia di Castelfidardo
All'alba del 15 Settembre le forze sarde erano in movimento: la 7a Divisione procedette per la via Flaminia, fino alle foci dell'Esino, poi si diresse verso 1'interno nella direzione di Chiaravalle. La 4 a Divisione procedeva nella stessa direzione percorrendo le alture tra il Misa e 1'Esino. Fu disposto che un battaglione del 23 Reggimento percorrendo le strade a mezza costa tra Torre Albani, Montignano in direzione di Jesi, assicurasse la necessaria protezione. I “Lancieri di Milano”, con due battaglioni del 23° Reggimento Fanteria presero posizione al ponte di Rocca Priora per fronteggiare una eventuale sortita Pontificia da Ancona.
La Brigata “Bergamo” ebbe 1'ordine di presidiare Monte Marciano. Un dispositivo di sicurezza degno di nota, nel segno del rispetto che Cialdini nutriva per i Pontifici e per mettersi al riparo da ogni sorpresa. In ogni caso gli ordini che il Comandante del IV Corpo emanava erano perentori. Ad esempio, al Comandante della Riserva, il 14 Settembre da Senigallia concludeva un ordine con queste parole, che certamente non erano tenere: “Raccomando che non succedano sbagli ne male intelligenze che io assolutamente non saprei tollerare una seconda volta. Se vi sono dubbi la S.V. Ill.ma mandi a chiedere spiegazioni, ma si guardi seriamente dal fare passi falsi che finirebbero per riuscirle funesti.”[3]


[1] Relazione De La Moricière
[2] Relazione Cialdini
           [3] Relazione Cialdini

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