venerdì 15 dicembre 2017
domenica 5 novembre 2017
domenica 29 ottobre 2017
Figurino Storico Osimo
Plastico della Basilica di Loreto con soldati pontifici alcuni giorni prima dello scontro di Castelfidardo nel settembre 1860
lunedì 2 ottobre 2017
martedì 19 settembre 2017
Anninversario
Ieri, 18 settembre 2017, correva l'anniversario dello scontro tra i soldati del De La Moricière e quelli del IV Corpo d'Armata del gen. Cialdini nella piana di Loreto.
Presenti alla Cerimonia tenuta presso l'Ossario
il Presidente della Accademia di Oplologia e MIlitaria
Massimo Ossidi
e il Presidente della Federazione Provinciale
del Nastro Azzurro
Franco Mondaini
Lo scontro iniziò alle ore 9,20 e terminò alle ore 14
Il 19 settembre 1860 in una casa colonica di Villa Musone
si incontrarono il Gen Cialdini ed il colonnello pontificio Guenghoven e stipularono la resa degli oltre 5000 soldati che si erano ritirati a Loreto
determinando la fine dello scontro.
Iniziava la battaglia per Ancona
piazzaforte pontificia
mercoledì 26 luglio 2017
.
massimo coltrinari (centrostudicesvamòistitutonastroazzurro.org)
La
vigilia dello scontro di Castelfidardo:
17 settembre 1860.
Il Rafforzamento della linea di interposizione
La mattina del 17 settembre 1860 le truppe sarde
necessitavano di un meritato quanto improcastinabile riposo , dopo la gran
fatica sostenuta nei giorni precedenti. Di conseguenza tutta la mattinata del
17 settembre fu lasciata a disposizione dei reparti affinché provvedessero a
seconda delle loro esigenze.
Il Comando Sardo, seguendo le truppe, aveva deciso di
spostarsi da Osimo, a Castelfidardo, prendendo stanza non nel paese, ma nelle
pendici sottostanti, verso sud, nel Convento di Sant'Agostino. Era una sede
abbastanza agevole in quanto lungo la
via che conduceva sia ad Osimo che a Recanati-Loreto.
La valutazione della situazione operativa, abbozzata
nella mattina del 17 fece subito emergere un dato essenziale: occupando la
linea Osimo- Castelfidardo-Crocette e prolungandola fino a Colle Oro- Monte San
Pellegrino, occorreva orientarsi ad attendere attacchi nemici sia da nord che
da sud. Infatti la minaccia poteva venire tanto da una sortita della
guarnigione di Ancona, che informazioni recenti valutava in 7.000 uomini,
quanto dalle forze mobili di campagna del De La Moricière, che si stavano
concentrando su Loreto. Non improbabile quindi l'ipotesi di un attacco
coordinato dei pontifici, che avrebbero messo le truppe sarde tra due fuochi.
Si palesava quindi la necessità di organizzare un fronte difensivo verso nord
(Ancona) che verso sud (Loreto-Recanati) tenendo come asse di riferimento la Linea Osimo-Castelfidardo- Crocette-Colle
Oro-Monte San Pellegrino.
Era estremamente importante conoscere esattamente il
terreno, per valutazioni tattiche aderenti alla situazione.
La configurazione del terreno preso in esame dal
Comando Sardo è il bacino del fiume Musone, delimitato a sud dalla dorsale
Loreto-Recanati, a nord dalla dorsale Osimo- Castelfidardo-Crocette-Colle Oro,
e ad est dal Mare Adriatico, ed ad ovest dalla linea immaginaria Osimo- Recanati. Il fiume Musone ha un letto,
a nord dei Ponti di Loreto ampio mediamente sui 7-8 metri, mentre a sud di
detti ponti il letto si restringe fino a
3,5-4 metri. Le rive del Musone sono abbastanza alte, anche sui 3-4 metri, in
lunghi tratti ripide e franose.[1]
A circa quattro chilometri dalla foce, il Musone
riceve il torrente Vallato. Questi corre parallelo al Musone, alle prime
propaggini della dorsale su cui sorgono Castelfidardo ed Osimo. Due chilometri
più a valle il Musone riceve anche l'Aspio che scorre nella piana fra la
dorsale di Castelfidardo-Osimo, a sud, e la dorsale di Camerano a Nord.
L'Aspio, nella sua parte terminale, prima di immettersi nel Musone presenta una
larghezza media di circa 7 metri. Le due piane su cui scorrono il Musone e
l'Aspio si uniscono e raggiungono il mare e racchiudono il dosso collinoso ove
sorgono le alture di Monte San Pellegrino
e di Colle Oro ( o in dizioni simili di Monte Oro, o Montoro), elevate
mediamente sui cento metri sul livello del mare.. Colle Oro e, più indietro,
Monte San Pellegrino, sono le alture ove si svolgerà la seconda parte dei
combattimenti del 18 settembre 1860. E rappresentano le ultime propaggini della
dosale sui cui da est ad ovest, sorgono le Crocette, Castelfidardo, San Sabino ed
Osimo.
Su questo terreno il sistema viario principale era
rappresentato da due strade: quella fondamentale era la strada postale Roma-Ancona, che da Loreto, attraverso la
valle del Musone, passando il Musone stesso su un ponte di legno ( Ponti di
Loreto) arriva al torrente Vallato, che è superato ai ponti del Molino, si
dirige verso Campanari, per salire alle Crocette, poi discende a San Rocchetto
e quindi, superato l'Aspio su Camerano e quindi Ancona. L'altra strada
principale, sempre da Loreto, segue quella postale fino al ponte del Molino,
qui, piegando verso ovest, per le prime propaggini della dorsale, avendo a
sinistra il torrente Vallato, raggiunge Osimo, e da qui con andamento nord,
traversa San Biagio, L'Aspio e per la valle della Baraccola, giunge Ancona.
Il terreno, nel 1860, era coltivato per la gran parte,
in pianura, solcato da strade di campagna., con presenza di numerosi cascinali,
denominati dal nome della famiglia o delle famiglie che li abitavano. Saranno
queste strade di campagna che saranno utilizzate dalle forze pontificie per
portare il loro attacco. Sulla dorsale di Colle Oro, sorgeva un cascinale, nel
1860, che portava il nome di Casino Sciava, che, dopo la battaglia ebbe il nome
di Casa De Pimodan, sia perché vi fu ricoverato il gen. De Pimodan, sia perché,
con i giardini e terreni circostanti furono acquistati dalla sua vedova.[2]
A metà del declivio, verso il piano, fronte al mare,
vi era sempre nel 1860 la casa Serenella del Mirà; questa casa fu distrutta
durante la battaglia, incendiandosi, e sulle cui rovine, leggermente fu
costruita l'attuale casa. Tale casa fu denominata successivamente, dal Pio
Istituto della Santa Casa di Loreto con
il nome di "Casa di Sopra di Santa Casa".
Dopo la battaglia si provvide a costruire in questa area,
un Ossario, a ricordo dei Caduti, area che comunemente viene chiamato
"Battuta". Accanto a questo ossario, successivamente alla battaglia,
fu costruita, fra l'Aspio ed il Musone, un'altra casa denominata Casa Serenella del Mirà che,
evidentemente, nel 1860 non esisteva. In pianura sorgeva la casa colonica
Andreani-Catena, cosi chiamata nel 1860 perché abitata da due famiglie che,
secondo l'uso del tempo, coltivavano a mezzadria il terreno annesso. Oltre vi
era casa Arenici, che insieme alla casa Camilletti ( Camilletto) rappresenta
l'asse di movimento dell'attacco della brigata de Pimodan. L'asse di movimento
della colonna del De La Moricière investe le strade che collegano casa Simia e
casa Camilletti. Saranno questi cascinali, dalla tipica architettura spontanea
marchigiana
L'area di Colle Oro e di Monte San Pellegrino è
boschiva. Tale area è denominata Selva di Castelfidardo, nel 1860 molto più
estesa di quella di oggi, Selva che rappresenta l'ultimo retaggio delle antiche
foreste che ricoprivano parte del settore sublitoraneo e delle basse colline
marchigiane.[3]
Il terreno era quindi vario, articolato, non facile,
che dava ai pontifici parecchi opportunità.
Nell'apprezzamento di situazione, alla mattina del 17
settembre, il Comando Sardo ritenne che i Pontifici, con obbiettivo Ancona,
potevano prendere la strada postale che
da Loreto portava ad Ancona. Era la
situazione più ovvia, essendo la strada la più breve e la più facile. Se De La Moricière avesse
scelto questa soluzione, occorreva solo presidiare le posizioni più convenienti
ed attendere l'attacco pontificio. Non poteva essere trascurata di contro,
l'ipotesi che De La Moricière avesse preso la strada che da Loreto, per Osimo,
porta ad Ancona. Anche in questo caso occorreva presidiare le posizioni. Terza
ipotesi, infine, era quella che de La Moricière, che si sapeva grande tattico
per i suoi trascorsi in Algeria, attuasse una diversione verso Osimo e poi, con
il grosso tentare di passare lungo la strada postale.
Questo apprezzamento di situazione, sbarrare le due strade che da Loreto
portavano ad Ancona e, nel contempo, garantirsi da attacchi sia da Nord che da
sud, è alla base del piano posto in essere dai Sardi il 17 settembre e che
segnerà gli avvenimenti nelle prime ore del 18 settembre. Il gen. Cialdini così
sintetizza, nella sua relazione al gen. Fanti, questo apprezzamento:
"Era
urgente di meglio assicurare la doppia difesa assicurare
la doppia difesa a fronte ed alle spalle nostre, e di pormi in misura di
respingere un attacco nemico su qualunque punto venisse prescelto, tanto più
che nuovi avvisi avvertivano avere il gen. De Pimodan precipitata la marcia, ed essere prossimo a
Loreto.
Riflettendo
alla solidità della posizione di Osimo, da cui inoltre potevasi scoprire la
venuta del nemico quattro ore prima che giungesse, riflettendo che il
concentramento nemico operavasi in Loreto, e che la posizione delle Crocette
era di meno difficile conquista di tutte le altre, e che la strada di Loreto
per le Crocette era di meno difficile conquista di tutte le altre, e che la
strada di Loreto per le Crocette era la linea più breve per il nemico onde
giungere ad Ancona, argomentai che intorno a Castelfidardo convenisse riunire
il nerbo delle mie forze, coprendo soltanto gli altri aditi in guisa da non
lasciali esposti ad una sorpresa, sicuro di arrivare poi sempre in tempo a
difenderli ad oltranza"[4]
In questo piano risulta evidente che il Comando Sardo
escludeva la mattina del 17 settembre la eventualità che i pontifici potessero
raggiungere Ancona in forze utilizzando, oltre che le strade principali dette
sopra, anche il tratto pianeggiante di terreno che da Colle Oro arriva al mare.
Secondo il Vigevano,
"si conosceva l'esistenza di
una strada che da Porto Recanati, percorrendo gli scoscesi dirupi , lambendo il mare, passava il Musone
utilizzando un guado poco a valle della confluenza coll'Aspio e per Numana,
Sirolo, Poggio conduceva ad Ancona" [5]
Se i pontifici avessero preso questa strada, c'era il
rischio che tutta la manovra messa in atto dal 14 settembre potesse essere vanificata.
Informazioni assunte presso gli abitanti assicuravano, che il guado del Musone,
a valle della confluenza con l'Aspio era impraticabile e che la strada non era
in grado di sopportare il passaggio di consistenti forze. Ma queste
informazioni non soddisfacevano del
tutto il Cialdini. Nel corso della giornata furono raccolte altre informazioni
su questo punto. Cialdini voleva essere certo che a valle dei ponti di Loreto
il Musone non fosse guadabile. Alcuni abitanti fecero presente che il Musone, a
valle delle confluenza con l'Aspio, era guadabile, ed anche facilmente.
Confrontando queste ultime informazioni con quanto
precedentemente valutato, si impose un aggiornamento di situazione.
In
primo luogo fu rafforzata la linea di Colle Oro. Fu disposto che il XXVI Battaglie Bersaglieri già posto a Casa Serenella del Mirà, il
giorno 18 settembre dovesse occupare anche Casa Andreani-Catena.; il XII
Battaglione Bersaglieri doveva rafforzare gli avamposti e le pattuglie lungo il
Musone, soprattutto in direzione dei Ponti del Molino.
[1] Sarà questa caratteristica
morfologica che trarrà in inganno, come vedremo oltre, il ten. Col. Piola
Caselli , durante la ricognizione svolta nella notte tra il 17 ed il 18
settembre. Per Piola Caselli il fiume Musone, a valle dei Ponti di Loreto era
inguadabile
[2] Oggi è conosciuta con nome
di Villa Ferretti ( o Milesi-Ferretti) dal nome degli attuali proprietari
[3] La Selva di Castelfidardo
presenta numerose caratteristiche botaniche peculiari. Essa è un querceto
mesofilo di grande interesse, a tutt'oggi, botanico, floristico ed ambientale
Orsomanno E., Ballelli S., Catorci A., Formica E.,
Atlante Iconografico di Piante Rare o significative della Selva di
Castelfidardo – Area Floristica delle
Marche, Italia Nostra – Sezione di Castelfidardo, Castelfidardo, 1992
[4] Rapporto a S.E. il
generale in capo sulle operazioni del IV Corpo d'Armata dall'11 settembre al 29
settembre " in Cellai M., Fasti militari della guerra
d'indipendenza, Milano, Tipografia degli Ingegneri, 1883
[5]
Vigevano A, La Campagna nelle Marche e nell'Umbria, cit, pag. 319-320
mercoledì 12 luglio 2017
Edizione 2003 Nota XI
I Movimenti
sardi del 17 settembre 1860
Mentre la mattina le truppe sarde si riposavano,
furono approntati gli ordini per rafforzare le posizioni sulla dorsale
Castelfidardo – Crocette. Tali ordini prevedevano:
il Q. G. del corpo d’armata doveva spostarsi da Osimo
a Castelfidardo ( Convento di Sant’Agostino ).
Da San Sabino alle Crocette dovevano spostarsi:
- il Q.
G. della 4° Divisione;
-
la Brigata Regina (9° e 10° Reggimento di fanteria);
-
VI Battaglione Bersaglieri.
Il 15° Reggimento Fanteria doveva:
-
presidiare l’Abbadia con il III e il IV Battaglione
con il sostegno di una sezione della 1° Batteria del 5° Reggimento di
Artiglieria.
Il 16°
Reggimento Fanteria doveva presidiare con il II e III Battaglione Torre di Jesi
e muovere per raggiungere Osimo con il I e il IV Battaglione, insieme ad una
sezione della I batteria del 5° Reggimento d'Artiglieria.
Il VI e VIII Battaglione Bersaglieri, a sera, dovevano
lasciare le Crocette e presidiare S. Rocchetto, di fronte a Camerano.
La 7a Divisione ricevette questi ordini:
-
il 23° Reggimento Fanteria, con 4 pezzi della 4a
batteria, dove portarsi al quadrivio di S. Biagio, riunendosi alla sua Brigata;
-
il 24° Battaglione Fanteria doveva continuare a
presidiare il quadrivio di San Biagio;
-
la 3° e la 4° Batteria del 5° Reggimento e uno
squadrone dei Lancieri di Vittorio Emanuele dovevano altresì raggiungere il
quadrivio di San Biagio;
-
il 25° Reggimento di Fanteria doveva porre:
- il III Battaglione alla destra della strada che
conduceva da Castelfidardo a
Loreto, e attestarsi a ridosso della cascina
Camilletti;
- il II e il I Battaglione a sinistra della medesima
strada
- il IV Battaglione, a Castelfidardo;
-
il 26° Reggimento di Fanteria doveva porre:
- il I, II, III Battaglione alle Crocette con la 2°
Batteria del 5° Reggimento d’Artiglieria;
- il
IV Battaglione, con due pezzi della 5° Batteria e uno squadrone dei Lancieri di
Novara spingersi ai piani dell’Aspio.
Il XI e XII Battaglione Bersaglieri e una sezione
della 5° Batteria del 5° reggimento a sinistra del Vallato, con il XI a
occidente della strada delle Crocette e il XII più ad oriente.
Il Reggimento Lancieri di Novara dietro l’XI e XII
Battaglione Bersaglieri, mentre il Reggimento Lancieri di Vittorio Emanuele II
fra Rostichetto e la strada Loreto - Castelfidardo.
Il parco Artiglieria della 7° Divisione al
Bivio della strada che dalla Abbadia porta ad Osimo e San Biagio.
Alla sera del 17 settembre tutti questi ordini furono
eseguiti e compiuti. In considerazione di ciò si può dire che fu attuata
completamente la manovra iniziata dal Cialdini il 14 settembre. La linea di
interposizione risultava così delineata:
Fronte
sud, verso Loreto-Recanati:
Nucleo difensivo delle Crocette. - A mezzodì del
villaggio, fronte ai ponti di Loreto, la 4 a batteria da, 16 dell'8°
reggimento artiglieria, addetta alla riserva;
più innanzi, presso al poggio che sovrasta ai cascinai de Campanari, la
2a batteria da 8 del 5° reggimento artiglieria; tra le due batterie,
i tre primi battaglioni del 26°
reggimento fanteria. La brigata Regina in riserva, ad occidente delle Crocette.
Il quartiere generale della 4 a divisione alle Crocette.
Nucleo difensivo di Castelfidardo. - A metà strada fra
Loreto e Castelfidardo, a cavallo della via, la 6a batteria di obici
da 15 del 5° reggimento artiglieria, e sulla destra di essa una sezione della 5a
batteria del 5° reggimento. Davanti all'artiglieria, i tre primi battaglioni
del 2° reggimento fanteria, fronte ai ponti di Loreto. Il quartiere generale
del IV° corpo d’armata, con il comando della brigata Bergamo ed il 4°
battaglione dell'anzidetto reggimento, in Castelfidardo.
Posti avanzati. - Al ponte del Molino sul Vallato,
l’11° e 12° battaglione di bersaglieri con due pezzi (coperti da uno
spalleggiamento) della 5a
batteria del 5° reggimento artiglieria. Alla Santa Casa di Sopra, il 26°
battaglione di bersaglieri.
Linea d’osservazione. - I reggimenti lancieri di
Milano e di Vittorio Emanuele (8 squadroni) a monte dei ponti di Loreto sul
Musone e sul Vallato; tre squadroni del reggimento lancieri di Novara nella
regione pianeggiante davanti ai Campanari.
Posti di segnalazione. - A Castelfidardo ed alle
Crocette. A queste occupazioni avanzate, oltre che sbarrare il più breve
percorso da, Loreto ad Ancona, cioè le strade di Castelfidardo e de11e
Crocette, dalla qual parte si attendeva come più probabile 1' avanzata dei
pontifici, spettava anche il compito di osservare i passaggi del Musone più a
valle verso la marina. Nuclei difensivi di Osimo, S. Sabino ed Abbadia. - sulla
destra della fronte dinanzi descritta, nuclei difensivi erano ad Osimo, S.
Sabino ed Abbadia, costituiti da, truppe della brigata Savona, comandata dal
colonnello brigadiere Regis. In Osimo, preparato a difesa, erano il comando
della 7a divisione, due battaglioni del 23° reggimento, sostituiti
nella notte dal 17 al 18 da due battaglioni del 16°. A S. Sabino due battaglioni del 15°
reggimento fanteria, con il comando della, brigata Savona.. Alla Badia i
rimanenti due battaglioni del 15° reggimento fanteria, con il parco divisionale
di artiglieria. La 1a batteria del 5° reggimento artiglieria era
divisa per sezioni fra i tre nuclei; ad Osimo erano pure quattro pezzi della 4
a batteria del 5° reggimento artiglieria, che poi andarono a raggiungere
al quadrivio di S. Biagio il resto della propria batteria che era colà con la
brigata Como. Infine, ancora più a destra, a Torre di Jesi, rimasero a presidio
degli accessi da Filottrano ed a custodia delle comunicazioni con Jesi, i rimanenti
due battaglioni del 16° reggimento fanteria.
Fronte
Nord, verso Camerano ed Ancona:.
Per opporsi, fronte verso 1'Aspio, ad un eventuale
attacco del presidio di Ancona, il generale Cialdini aveva occupato S.
Rocchetto ed il Quadrivio di S. Biagio. Il nucleo della Badia, doveva servire
di collegamento fra i due. Con tali occupazioni si intercettavano le due
principali comunicazioni provenienti da Ancona, per Camerano e la vallata della
Baracola. Nucleo difensivo di S. Rocchetto. - Vi era disposto il 4° battaglione
del 26° reggimento fanteria con la rimanente sezione della 5 a batteria del 5° reggimento artiglieria.
Questo nucleo fu poi rinforzato da uno squadrone del reggimento Lancieri di
Novara e dal 6° e 7° battaglione di bersaglieri, provenienti dalle Crocette.
Nucleo difensivo del Quadrivio di S. Biagio. -
L'intera brigata Como agli ordini del colonnello brigadiere Cugia, con la 4
a batteria da 8 del 5° reggimento
artiglieria, la 3 a batteria da 16 del 5° reggimento artiglieria, ed
uno squadrone dei Lancieri di Vittorio Emanuele.
Posti avanzati. - Al ponte delle Ranocchie, distrutto,
un battaglione del 23° reggimento fanteria, con una sezione della 4 a
batteria del V° reggimento artiglieria.
Posti d’osservazione. - Poggi di Offagna e dorsale di
Case Galli, sul versante verso 1' Aspio, dominanti per ampio tratto le
provenienze da Val di Baracola. In sostanza: nel settore di Ponte Molino,
Crocette, Castelfidardo rimpetto agli accessi da Loreto, erano disposti 18
battaglioni di fanteria o di bersaglieri, 10 squadroni e 22 pezzi; nelle
rimanenti sezioni della fronte verso sud, 4 battaglioni e 4 pezzi; lungo la
fronte verso Ancona erano collocati i restanti 13 battaglioni di fanteria o
bersaglieri, 2 squadroni e 16 pezzi.
domenica 9 luglio 2017
Edizione 2003. Nota X
massimo coltrinari (centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
Le operazioni nel pomeriggio del 17 settembre 1860
Riposatesi nella mattina, le truppe del Cialdini
furono messe in allarme nel pomeriggio della vigilia della battaglia da due
episodi:
-
La comparsa della colonna pontificia proveniente da
Ancona sulle alture di Camerano;
-
L’attacco pontificio ai ponti di Loreto.
La
comparsa di pontifici sul fronte Nord, presumibilmente usciti da Ancona, destò
una certa apprensione nel Cialdini. Poteva significare che l’indomani si
dovesse combattere sia verso nord che verso sud. Era una ipotesi non certo
favorevole, ma che doveva essere presa in considerazione. Quando la
ricognizione, nel tardo pomeriggio del 17 segnalò che i pontefici si stavano
ritirando su Ancona, il Comando Sardo ne prese atto raccomandando la massima
vigilanza alle truppe schierate verso Camerano e l’Aspio.
Il
secondo episodio viene solo accennato, non essendo rilevante ai fini della
condotta tattica dei sardi. Le truppe che presidiavano i ponti di Loreto, poco
più avanti dei Campanari, lungo la strada postale, poco prima del tramonto
scorsero venire avanti da Villa Musone alcuni cavalieri che presumibilmente
furono identificati come dragoni pontifici. Era evidente che i cavalieri
pontifici stavano svolgendo una ricognizione per acquisire informazioni e
saggiare eventuali reazioni avversarie.
Quando
furono a tiro due pezzi della 5° Batteria, in posizione di copertura dei ponti,
aprì il fuoco a mitraglia si ritirò prontamente.
giovedì 1 giugno 2017
Edizione 2003 Nota IX
Il
Coordinamento tra le forze di terra e quelle di mare sarde.
La flotta sarda, al comando del Contrammiraglio
Pellion di Persano, composta da sei
unità, era partita da Napoli l’11 settembre. Il 17 era comparsa nelle acque
antistanti Ancona, dirigendosi su Senigallia, eletta questa ancoraggio
operativo per le azioni contro Ancona. L''Ammiraglio Persano ritenne utile incontrare il gen. Cialdini per una armonizzazione degli sforzi. 17 settembre 1860
venerdì 19 maggio 2017
Edizione 2003 Nota VIII Parte I
massimo coltrinari
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)
INCONTRO TRA PERSONA E CIALDINI 17 SETTEMBRE 1860
Pellion di Persano ritenne, al suo arrivo a
Senigallia, di dover sbarcare a terra, prendere una carrozza e cercare di
abboccarsi con Cialdini. Infatti lo raggiunse al suo Quartier Generale a
Castelfidardo. Durante l’incontro, dopo una analisi della situazione, Cialdini
ordina alla flotta di effettuare, l’indomani 18 settembre 1860, un
bombardamento su Ancona e minacciare sbarchi. Questo al fine di non fare uscire
dalla piazzaforte la guarnigione pontificia ed evitare che porti aiuto alle
truppe del De La Moricière. E’ una manovra indiretta per proteggere il fronte
Nord dello schieramento sardo. Stabilito questo, il Persano ritorna a
Senigallia e si predispone per l’azione. Nel suo Diario così descrisse
quell’incontro:
"15
settembre 1860 – Al far del giorno si avvista Rimini.
Un trabaccolo
papalino ci dà notizie le nostre truppe si trovano già a Senigallia; notizia
che ci viene confermata da altri ed altri, successivamente ed accuratamente
interrogati.
-
Retrocedo
quindi a tutta forza di macchine per quella rada, nella quale mi ancoro, colla
divisione, alle 10 e mezza antimeridiane; e lasciato senza più il comando al
Vittorio Emanuele, a cui spetta per anzianità di grado del suo comandante, mi
reco tosto a terra, facendo seguire dal mio aiutante di bandiera, in cerca del
Generale Cialdini, col quale devo abboccarmi. Vengo a risapere ch’egli aveva
lasciata Senigallia sin dal 15; né già l’aveva trattenuto la stanchezza somma
de’ suoi soldati affranti da marce precipitate, standogli anzi tutto a cuore di
giungere in tempo a Castelfidardo affine di precludere la strada al La
Morcière, che da Macerata veloce volgeva per Ancona.
-
Castelfidardo
è la chiave di tutte le vie che da quelle parti conducono a quella città forte,
ed il Cialdini non era uomo da lasciarsela sfuggire.
Avuto un veicolo qualunque, per cura di
certo signor Conte Gherardi, padre o zio che fosse di un nostro ufficiale di
marina, mi vi getto entro di botto col mio aiutante di bandiera, e via a
precipizio sulle tracce del generale Cialdini, che però non possono raggiungere
se non alla sua metà, cioè a Castelfidardo, ove era arrivato da pochi momenti.
Abboccatomi
con esso lui all’istante, egli con brevi parole mi spiga la sua posizione di
guerra, che mi riempie d’ammirazione, dacché, pur pigliandola a furia, a tutto
aveva provveduto, non trascurando persino gli stratagemmi di guerra.
Io invito
chi si contenta di leggermi a voler prendere conoscenza delle mosse eseguite
dal generale Cialdini in quella marcia accelerata, che troverà descritta nella
relazione ufficiale di quella campagna di guerra nell’Umbria e nelle Marche;
vedrà con quant’arte militare, con quale audacia, con che fermo volere e con
quale antiveggenza quel capitano, veramente insigne, seppe mandarla ad effetto
e farsi così sicuro della vittoria.
Indi
m’invita a retrocedere senz0altro, per non mettere ritardo a fare coi legni che
comando una dimostrazione contro la piazza d’Ancona, all’interno d’impedir
sortite a quella guarnigione, o d’obbligarla a rientrare, ove ne avesse
operate; ed intanto che si danno a cercarmi cavalli freschi per condurmi
indietro, mi trattiene a prender parte alla cena già preparata per lui e pel
suo seguito: così ho il bene di conoscere il tenente – colonnello cavaliere
Piola, suo capo di stato maggiore, ufficiale distinto, e a lui molto accetto; ed
i suoi tre aiutanti di campo – il marchese Mosti, ferrarese, il conte
Serristori, toscano, ed il conte Borromeo, lombardo - , tutti e tre ricchi
signori che, devoti alla causa italiana, non che sentir la privazione delle
agiatezze cui sono abituati, vanno lieti delle fatiche che incontrano, e più,
di offrir la vita alla patria.
Fatto
avvertito che il legno è in pronto, m’accomiato dal Cialdini con una buona
stretta di mano, avendo da tempo contratta con lui dimestichezza per opera
principalmente di Massimo D'Azeglio; e quella strada, che avevo fatta a
precipizio, rifaccio a rompicollo, sferzando e risferzando quei poveri cavalli,
che pur correvano di carriera; ma non ci era via di mezzo: bisognava giungere
ad Ancona colla divisione il più presto possibile, e la circostanza non
ammetteva il pensiero che si potesse rimanere a mezzo cammino col biroccio
fracassato e la testa rotta"[1]
[1] Carlo Pellion di Persano,
“Diario privato politico – militare dell’ammiraglio C. di Persano nella campagna
navale degli anni 1860-61”, Firenze, Civelli, 1869
sabato 13 maggio 2017
Edizione 2003. Nota VII Parte I
massimo coltrinari
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)
La
situazione alla sera del 17 settembre
La
sera scese rapidamente e, come dice il Vigevano, "le colline di Castelfidardo, il Monte Conero ed il mare erano
completamente avviluppati dall’oscurità ed una solenne calma si distendeva su i
due eserciti che pur erano a così stretto contatto"[1]
Questa
calma è facilmente spiegabile. Le truppe sia sarde che pontificie erano reduci
da tre giorni di marche pesantissime e non era il caso di prendere in
considerazione ipotesi di azioni notturne, anche se a breve raggio, sia per la
stanchezza che per la scarsa dimestichezza dei luoghi[2]
Le truppe sarde, quindi, erano schierate secondo gli
intendimenti di Cialdini: sia verso Loreto ( Sud ) che verso Ancona ( Nord )
per fronteggiare ogni possibile attacco dei pontifici. Il fronte verso sud si
rivelava più robusto di quello verso nord, che era più che altro imbastito. Una
analisi di detto schieramento porta a rilevare che era stato approntato un
dispositivo così articolato:
-
un nucleo centrale di manovra, della consistenza di 8
Battaglioni;
-
ogni linea doveva organizzarsi in nuclei difensivi e linee avanzate che erano dotate anche di posti
di osservazione e vedette. La consistenza di detti nuclei, che erano per il
fronte Sud ad Osimo, San Sabino, Castelfidardo, spianata di casa Camilletti,
Crocette, era di 14 Battaglioni, 10 squadroni, 24 pezzi. Per quello verso Nord,
posto al quadrivio di San Biagio, Abbadia, San Rocchetto, era di 13
Battaglioni, 2 squadroni e 16 pezzi.
Le linee avanzate erano, verso Sud, quelle di
Rostichetto, del ponte di Loreto, del ponte del Molino, di Poggio Montoro;
quelle verso Nord erano attrezzate al ponte Ranocchia ed ai porti della piana
dell’Aspio.
Secondo il Comando Sardo tale dispositivo permetteva
di attuare una capillare vigilanza nel momento in cui i pontifici avessero
preso l’iniziativa; sarebbero stati prima trattenuti, poi logorati con
atteggiamenti di difesa attiva ( per mezzo dei nuclei difensivi ) e poi
sopraffatti con l’azione determinante del nucleo di manovra.
Gli intendimenti del Comando Sardo erano quanto mai
lodevoli. Ma questo schieramento presentava una grave lacuna dal punto di vista
tattico. Era stato completamente disatteso il principio dei vincoli organici. I
vari reparti che formavano lo schieramento sia verso sud che verso nord erano
unità diverse. Il Comandante della 4° Divisione, Generale Villamarina, aveva
nel suo settore, in prima linea reparti della 7° Divisione e, i seconda linea,
quelli della 7° Divisione, Generale Leotardi, nel suo settore aveva in prima
linea truppe della 4° Divisione e le sue nel settore, come detto, di
Villamarina. Questo frammischiamento poteva essere fatale ai Sardi se la battaglia
avesse richiesto una energica azione di comando.
Un’altra
carenza riscontrabile in questo dispositivo fu quella che il Comando Sardo non
ordinò ricognizioni o esplorazioni nonostante la numerosa cavalleria
disponibile. Le notizie che erano giunte al Cialdini, per tutta la giornata del
17 settembre, erano frammentarie e
spesso non verificate: il dispositivo risente di questa carenza di
informazioni.
Questo
fece sì che il Cialdini fosse convinto che un attacco potesse venire, con le
maggiori probabilità, lungo la strada posta, sull’asse ponti di Loreto,
Campanari, Crocette. Infatti in questo settore il dispositivo era veramente
robusto.
Questo
dispositivo pari a 27 Battaglioni, 12 squadroni e 40 pezzi di Artiglieria,
permetteva al Gen. Galdini di “Vigilare, trattenere, e logorare il nemico coi
nuclei difensivi, e di batterlo coll’azione risolutiva del nucleo di manovra”.
Si
erano prese le opportune misure per coordinare l'azione di terra con quella in
mare. La Squadra sarda doveva assolutamente, l'indomani 18 settembre,
presentarsi davanti Ancona e minacciare sbarchi per indurre la guarnigione
pontificia a non uscire dalla piazzaforte e correre in aiuto delle forze mobili
presenti a Loreto. Ma quello che più preoccupava Cialdini era le insufficienti informazioni
sia sul terreno che sulle intenzioni del nemico, cosa che, come abbiamo visto
fortemente influenzava il dispositivo predisposto.
venerdì 5 maggio 2017
Edizione 2003. Nota II Parte II
La
ricognizione notturna sul Musone: notte del 17 settembre sul 18 settembre
Il Cialdini dispose, di conseguenza, la
sera una ricognizione "in
loco", ovvero lungo il Musone, la cui esecuzione fu affidata al capo di stato Maggiore del IV
Corpo, ten. col. Piola Caselli.
I risultati furono semplicemente catastrofici e fu all'origine della sconfitta dei sardi il 18 settembre 1860
Edizione 2003 Nota VI Parte III
Massimo Coltrinari
(centrostuducesvam@istitutonastroazzurro.org)
La Ricognizione sul fiume Musone del 17 settembre 1860
Piola Caselli fu accompagnato in tale ricognizione dal
ten. Orero, che nelle sue memorie così descriveva quelle ore:
" Tuttavia,
la sera del 17 essendogli (al Cialdini ) nato il dubbio per nuove informazioni
attinte a Castelfidardo ove erasi trasferito il quartiere generale, che le
difficoltà di guado e di praticabilità delle strade non esistessero o no
fossero insuperabili come da prima era stato supposto, affidò al suo Capo di
Stato Maggiore ( ten. col. Piola Caselli ) l’incarico di mettere tosto le cose
in chiaro col mezzo di una ricognizione.
Il ten.
col. Piola Caselli ai di cui ordini furono posti due battaglioni bersaglieri
(XI e XII), prese con sé il ten. Orero e due carabinieri a cavallo con le
lanterne e torce a vento, e per la strada che da Castelfidardo va a Loreto,
scese al Musone, dove trovammo i due battaglioni che stavano preparandosi alla
partenza. Ci ponemmo in marcia poco prima di mezzanotte seguendo dapprima la
sponda sinistra del Vallato e quindi quella del Musone donde doveva cominciare
la ricognizione.
Il ten.
col. Piola Caselli procedeva in testa seguito dal ten. Orero e dai carabinieri.
La notte era limpida, ma il terreno boschivo. Il passo alquanto celere dei
nostri cavalli ci allontanò ben presto dalla testa dei due battaglioni che in
fila lunga e sottile ci seguivano per il sentiero da noi battuto. Eravamo
ancora lontani dal punto ove ad un chilometro e mezzo dalla foce il Musone e
l’Aspio si uniscono, quando non sentendo più alcun rumore dietro di noi, ci
arrestammo ad attendere la colonna. Il silenzio continuava. Ci era in verità
parso di udire qualche cosa, come di colonna in marcia, ma uno dei carabinieri,
dall’orecchio fino e che era l’uomo fidato del Capo di Stato Maggiore, ci disse
che il leggero fruscio che sentivamo di gente che si muoveva tra le piante
proveniva dall’altra riva. Allora, senza più preoccuparci della colonna che
avrebbe dovuto seguirci, continuammo da soli la ricognizione allontanandoci e
avvicinandoci al fiume come ci conducevano le tracce di sentiero che
incontravamo nella nostra direzione. Con pali malamente fabbricati sul sito
scandagliammo tre o quattro volte le acque. Questo scandaglio eseguito nella
quasi oscurità non fece che confermare nel Tenente Colonnello Piola
l’impressione che le fantastiche ombre notturne avevano esercitato sopra i suoi
occhi ed anche sui miei; trattavasi, cioè, di un fiume profondo all’incirca due
metri a rive talmente alte e difficili da escludere la possibilità del
passaggio di una colonna senza il getto di un ponte e senza un lungo lavoro di
sterro.
Mantenendoci
in questa impressione giungemmo al confine dell’Aspio. Anche questo corso
d’acqua che dovevamo attraversare per proseguire la nostra ricognizione sino al
mare, ci parve profondo e a rive scoscese e forse l’avremmo dichiarato come il
Musone, inguadabile, se l’accorto e robusto carabiniere, quello dell’orecchio fino,
il quale non era come noi affranto dalla fatica e dal sonno, non si fosse fatto
avanti col suo cavallo ed ad un tratto, discese la riva e spintosi nell’acqua,
non fosse risalito, sano e salvo sull’altra sponda. Il buon esempio fu, un po’
per stimolo di sprone, ma più per istinto, seguito dai nostri cavalli. Da
questo momento, forse in causa del rigurgito provocato dall’alta marea, il
Musone ci parve un abbraccio di mare solo transitabile su barche"[1].
La ricognizione, nel complesso, fu eseguita male. Innanzitutto
fu fatta di notte e questo non poteva aiutare a fare un buon lavoro. Piola
Caselli e Orero, forse, sopraffatti anche dalla stanchezza, non furono
meticolosi nel ricercare gli elementi di decisione. Sta di fatto che
confermarono al Cialdini che il Musone era, a valle, inguadabile.
Questa conferma della primitiva valutazione indusse il
Comando Sardo a non prendere le adeguate contromisure e a correre, quindi, un
grosso pericolo: in pratica esso lasciava libera una via di accesso ad Ancona
alle truppe pontificie raccolte a Loreto. Se il comando pontificio sicuramente
meglio informato, avesse scelto di passare in quel punto il Musone e di
proseguire speditamente verso Ancona, senza impegnarsi in combattimenti, forse
non ci sarebbe stata alcuna battaglia di Castelfidardo. De La Moricière avrebbe
potuto raggiungere Ancona indisturbato o al massimo avrebbe impegnato una
aliquota minima di forze. I tempi per attuare tutto questo c’erano tutti.
La
ricognizione ebbe termine all'alba del 18 settembre, e Piola Caselli ebbe modo
di riferire a Cialdini dei risultati alle 8,30 del 18 settembre, quando
Cialdini rientrò dalla ispezione del fianco sinistro del suo schieramento, cioè
dalle Crocette. Anche per questa ragione Cialdini si trovava ad Osimo nel
momento in cui la battaglia raggiunse il suo culmine alle 11 circa del 18
settembre, nella regione opposta a Colle Oro.
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