Sergio Benedetto
Sabetta
Il 2 luglio
1849 Giuseppe Garibaldi, non volendo assistere alla caduta della Repubblica
Romana, aveva emanato questo ordine del giorno: “Soldati! Ciò che io offro a quanti mi vogliono seguire eccolo: fame,
freddo, sete. Non paga, non caserma, non munizioni: ma avvisaglie continue,
marce forzate e fazioni alla baionetta. Chi ama la Patria e la gloria mi
seguiti”. Ben 4.000 uomini seguirono
lui ed Anita da Porta San Giovanni, recando con sé un solo cannone.
Il 3 luglio
i francesi entrarono in Roma ed il 4, con la baionetta in canna, irruppero
nell’Assemblea disperdendone i deputati, i triumviri allora si riunirono e si
accomiatarono dal popolo con queste parole: “Romani fratelli! Voi avete segnato una pagina, che rimarrà nella storia
documento della potenza di energia che dormiva in voi, e dei vostri fati futuri
che nessuna potenza potrà rapirvi.
Voi avete dato battesimo di gloria e consacrazione di
sangue generoso alla nuova vita che albeggia all’Italia; vita di popolo che
vuol essere e che sarà …
La vostra non è disfatta, ma vittoria di martiri, ai
quali il sepolcro è scala al cielo … La Repubblica Romana vive, eterna,
inviolabile nel suffragio dei liberi che la proclamarono, nella fede dei popoli
che caddero sotto le nostre mura per essa.
… Brevi sono i segni della violenza; è infallibile il
trionfo di un popolo che spera, combatte e soffre per la giustizia e per la santissima libertà”.
Mazzini fu accusato di essere fuggito all’entrata delle truppe francesi
in Roma, dalla seguente lettera pubblicata nel cinquantenario della sua morte è
chiaramente dimostrato come si trovasse nella città eterna e fosse presente
agli avvenimenti che si andavano svolgendo.
La lettera è
del 7 luglio 1849 in partenza da Roma, il timbro postale d’arrivo porta la data
del 13 luglio Lugano. E’ diretta al signor C. G. Grillenzoni (Svizzera )
Lugano.
1
Caro amico,
qui i francesi fanno da
conquistatori e s’infamano. Io sono celato, e sarò l’ultimo a partire; ma
finirò per uscire appena avrò veduto un po’ di chiaro nella via che vogliamo
prendere. Il partire non è facile; Civitavecchia è guardata, e per terra non si
può.
Vedremo a ogni modo. Se esco verrò in Isvizzera non a
Lugano. Forse, dovrò pregarti d’avvisare l’inglese alla volta di dove io sarò.
Ma di questo ti scriverò. Ora, se mai esso avesse qualche bisogno di denaro,
anticipa ti prego: restituirò subito. Qui tutti i migliori vanno via: tutti
ricusano servire il Governo Francese. La truppa si scioglie per non prestare
giuramento. Essi si circondano di spie, ladri e uomini infami. Lo stato
d’assedio è compiuto. Il popolo ammazza francesi alla spicciolata. Ma sono dai
trenta ai quaranta mila!
Verrà in Lugano un Arduini, rappresentante del Popolo
nella nostra Costituente; è buono;
accoglilo bene ed ama il tuo Giuseppe Mazzini.
Garibaldi è fuori con un pugno di gente; ma èi
impossibile che ci soccorrerà. Il suo nucleo dovrà disperdersi.
Saluta gli amici lombardi, se ve ne sono, e raccomanda
loro quell’Arduini; glie l’ho promesso”.
Tratto dal libretto del “ Comitato Internazionale per la
Fondazione della prima Università Mazziniana in Roma”, X marzo MCMXXII - Roma