venerdì 3 maggio 2019
Note sul simbolo nazionale
Alle origini della Bandiera
Percorso Storico del Tricolore
Italiano
Col. Antonio Cesari
Dall’identità del suo gruppo, dal
desiderio dell’uomo di farsi riconoscere a distanza, è nata, fin dai tempi
antichi, l’insegna prima oggetto semplice, fatto a mano, poi un punto di
riferimento per i combattenti durante la guerra. Ritroviamo
le insegne presso tutti i popoli, di natura pacifica o bellicosa, con evidenti
riferimenti alla cultura di ciascuno: dalla testa dell’animale come illusione
dell’uomo primitivo di poter acquisire le virtù dell’ucciso, alla statuetta del
dio Horus come venerazione del popolo egizio verso la divinità e di conseguenza
verso il sovrano che la incarna, fino all’aquila delle legioni romane,
espressione visiva delle potenza. Anche nella Bibbia troviamo molti riferimenti
ad insegne e vessilli del popolo di Israele. La stessa asta, sulla quale di
solito è innalzata l’insegna, è interpretata come simbolo di potere e di
anelito dell’uomo verso il cielo.
In particolare, i signa (raffigurazione
di animali o di simboli sacri) ed i vexilla (pezzo di stoffa colorata) erano
usati regolarmente dall’esercito romano. L’insegna romana con un’aquila,
simbolo di Giove con le ali spiegate e con il fulmine tra gli artigli, adombra
già la trasformazione dell’insegna in bandiera verificatesi dopo il Mille.
Era tradizione che l’uomo sul
quale si posasse fosse predestinato da Zeus ad altri destini o alla regalità,
ma era ugualmente tradizione classica e poi specificamente romana che l’aquila
fosse segno di vittoria.
La cavalleria romana inoltre ebbe
una propria insegna, la prima del generale in Occidente: un drappo quadrato, di
solito rosso, con frange, attaccato ad una sbarra fissata orizzontalmente a
forma di croce, in cima ad un’altra asta terminante a lancia: il classico
stendardo di cavalleria, quindi, nato dalla necessità di non portare emblemi
ingombranti o pesanti a cavallo. Era tradizione romana festeggiare una
ricorrenza durante la quale……(fotocopia incompleta)……una nazione, pur sempre di
un sistema, quello feudale.
Ed i contatti con i popoli
orientali, quasi certamente con i Cinesi, fornirono il tessuto, la seta, che
permise il passaggio da un’insegna in legno e metallo ad una in tessuto a più
colori: dopo il Mille, alla ripresa dei commerci e durante le Crociate, fu un
fiorire di bandiere che accompagnavano le imprese militari e navali. E
soprattutto le navi, la cui comunicazione era affidata esclusivamente a mezzi
ottici, innalzavano un vessillo per indicare da quale porto provenissero. Dai
portoni dell’epoca, libri che contengono la descrizione delle coste e dei porti
con tutte le relative notizie utili ai naviganti, apprendiamo che Genova usò
l’insegna di san Giorgio, bianca con la croce rossa, pisa adottò una bandiera
tutta rossa, Venezia il vessillo rosso con il leone di San marco, Amalfi, una
bandiera azzurra con la croce biforcuta bianca.
L’epoca moderna vede i vessilli
fregiarsi di stemmi. Infatti l’araldica, che conduce studi e ricerche in questo
settore, ci conferma che la diffusione degli stemmi risale al XII secolo, prima
presso la grande nobiltà feudale e successivamente si estese anche a semplici
cittadini che ricoprivano cariche di un certo rilievo.
Quando l’età feudale lasciò il
passo agli Stati unitari l’insegna non rappresentava il popolo ma la dinasti
regnante perché lo Stato era considerato giuridicamente come proprietà
personale del monarca. Possiamo quindi affermare che fino al settecento la
bandiera rappresentava visivamente il potere e serviva come punto di
riferimento per i soldati in battaglia.
IL TRICOLORE ITALIANO
(Articolo n° 12 della
Costituzione della Repubblica Italiana)
“ la bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e
rosso, a tre bande verticali di uguali dimensioni.”
(Carlo Azeglio Ciampi, presidente
della repubblica Italiana, Intervento alla cerimonia ai Complessi Monumentali
di san Martino della Battaglia e di solferino in occasione del giorno
dell’Unità nazionale e festa delle Forze Armate, il 4 novembre 2001)
“Non è un caso che i padri Costituenti, come simbolo di questo insieme
di valori fondamentali, all’articolo 12, indicavano il tricolore italiano.
Il tricolore non è semplice insegna di stato. E’ un vessillo di libertà, di una libertà
conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei
principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della propria
storia e della propria civiltà.
Per questo, adoperiamoci perché in ogni cosa ci sia un tricolore a
testimoniare i sentimenti che ci uniscono fin dai giorni del glorioso
Risorgimento.”
La bandiera italiana è il Tricolore, composto da tre bande
verticali di uguali dimensioni; partendo dall’asta i colori sono: verde,
bianco, rosso.
Il 7 gennaio la stessa bandiera è
protagonista della giornata Nazionale della bandiera, istituita dalla Legge n°.
671 del 31 dicembre 1996.
I toni cromatici dei colori della
bandiera della repubblica Italiana, indicati dall’art. 12 della costituzione,
sono definiti dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2
giugno 2004, UCE 3.3.1/14545/1, con i seguenti codici Pantone tessile, su
tessuto stamina (fiocco) di poliesteri, e dal decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 14 aprile 2006:
“Disposizioni generali in maniera
di cerimoniale e di presenza tra le cariche pubbliche –Gazzetta Ufficiale n.
174 del 28 luglio 2006- il verde prato brillante (17-6153), il bianco latte
(11-0601) e il rosso pomodoro (18-1662).”
Il termine “bandiera” deriva
dalla voce teutonica Randa, banda o striscia di stoffa colorata che i soldati
di una fazione calzavano sulla fronte per distinguersi dai miliziani di un
altro gruppo. Questo accadeva negli antecedenti all’uso delle divise militari.
L’uso delle bandiere è comunque
antichissimo, almeno 1500 anni prima di Cristo. Ci sono diverse testimonianze
in merito: la Sacra
Scrittura ci informa che le dodici tribù d’Israele avevano
ogniuna un proprio vessilli, ed anche l’ ”Arca dell’Alleanza” procedeva il suo
cammino ben segnalata da stendardi che riproducevano il contrassegno della
nazione ed il sigillo religioso adottato dal popolo d’Israele.
Omero racconta poi che i Greci “portarono bandiere all’assedio di Troia e
con questi medesimi simboli distinsero pure le loro navi” ancorate di
fronte alla città di Priamo. La fanteria di Roma aveva come segno di
riconoscimento il ben noto signum
militare ben diverso dal vexillum che
era proprio della cavalleria, il sigmun
era dipinto sul pettorale. Oppure sbalzato nel cuoio del giustacuore, o sul
pettorale dell’armatura. Il vexillum
era un drappo appeso ad un’asta. Come spiega Cesare nel suo diario scritto
durante l’invasione della Gallia (Francia) “De
bello gallico”, ogni legione era preceduta da soldati che reggevano “l’aquila con le ali spiegate e coi fulmini”
dorati.
Queste insegne distinguevano ogni
coorte, ogni manipolo, ogni centuria, in modo che in qualsiasi momento “Cesare poteva controllare lo spiegamento
delle sue forze e la loro ubicazione sul terreno di scontro”. Cesare ci
informa inoltre delle diversità di questi simboli. Quello della coorte era di
porpora con un drago dipinto o ricamato o con altro simile animale; le altre
due, dello stesso colore, portavano nel mezzo lettere dell’alfabeto che
servivano a distinguerle collocandole nella strategia dello spiegamento.
Il vessillo era formato da un
drappo di stoffa pregiata all’estremità di una picca.
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