L'Ultima difesa pontificia di Ancona . Gli avvenimenti 7 -29 settembre 1860

Investimento e Presa di Ancona

Investimento e Presa di Ancona
20 settembre - 3 ottbre 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860

L'Ultima difesa pontificia di Ancona 1860
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Onore ai Caduti

Onore ai Caduti
Sebastopoli. Vallata di Baraclava. Dopo la cerimonia a ricordo dei soldati sardi caduti nella Guerra di Crimea 1854-1855. Vedi spot in data 22 gennaio 2013

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il combattimento di Loreto detto di Castelfidardo 18 settembre 1860
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La sintesi del 1860

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Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo 18 settembre 1860

Il Volume di Massimo Coltrinari, Il Combattimento di Loreto detto di Castelfidardo, 18 settembre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pagine 332, euro 21, ISBN 978-88-6134-379-5, è disponibile in
II Edizione - Accademia di Oplologia e Militaria
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venerdì 10 ottobre 2025

Volume: G. De Pimodan, Vie du General de Pimodan , Paris, Librairie H. Champiom 1928

 VIE DU GÉNÉRAL DE PIMODAN


367

Annesso 6:

NOTE BIOGRAPHIQUE DE M. LUIGI SOLERA,  LIEUTENANT PIÉMONTAIS,


QUI ASSISTA A L'AGONIE DU GÉNÉRAL DE PIMODAN


Je suis le dernier fils du chevalier François Solera, ancien soldat du premier royaume d'ltalie, l'un des restes de la Moscova et de Leip-zig, qui, ayant continué après 1814 sa carrière dans l'armée autri-chienne où il se trouvait en 1848 comme major général, renonça alors au service étranger et prit une part active, d'abord comme ministre de la guerre, ensuite comme général de division, à la défense de Venise, et, après la chute de cette place, passa en Piémont, attendant dans l'exil de plus heureuses circonstances qu'il parvint à voir s'accomplir. Il put, après 1859, retourner en Lombardie où il vit actuellement comme lieutenant-général en retraite de l'armée royale.

Moi, en 1859, étant étudiant à l'Université, je m'engageai volontaire pour la guerre comme tant de jeunes Piémontais et Lom-bards. Je fus promu officier au commencement de 1860, dans le 18º de ligne; je pris part à la campagne d'Ancône et de Gaëte et quand, après la chute de cette dernière place, je vis s'inaugurer une nouvelle ère de paix, je donnai, pour reprendre mes études, ma démission qui fut acceptée.

J'obtins le doctorat et, m'étant appliqué à la carrière des sciences, je me trouve actuellement faire partie du corps enseignant de cette royale Université (de Pavie) comme assistant de la chaire de physio-logie. J'ai vingt-sept ans, et j'en avais vingt-deux lorsque se pas-sèrent les faits que je vais vous raconter.


1. Cette note émane de M. Luigi Solera lui-même.

domenica 28 settembre 2025

CESVAM REPORT 2021 - 2025

 

www.coltrinaricastelfidardo1860.blogspot.com

Il passaggio delle Marche dallo Stato preunitario allo Stato nazionale nel 1860 è il punto di partenza per presentare in questo spazio la Storia Militare del Risorgimento per avviare ricerche relative agli studi sugli Eserciti preunitari ed il valore militare nel Risorgimento.

Il Blog riporta gli studi effettuati per la creazione del Museo di Castelfidardo (1980 – 2010) e gli studi relativi alle operazioni nel 1860 ritenuto l’”anno mirabilis” della unificazione italiana

ll blog è espressione esterna del CESVAM - Istituto del Nastro Azzurro.

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sabato 20 settembre 2025

La Calda estate del 1860. La battaglia per la presa di Ancona. Versioni pontificie

 

OSIMO E LE CONSEGUENZE DEI COMBATTIMENTI DEL 18 SETTEMBRE 1860

Osimo al centro delle polemiche pontificie

Caduta Ancona il 29 settembre 1860, il 30 le truppe sarde presero possesso della città il 30 settembre, issando il tricolore sulla fortezza dell’Astagno. Il 3, via mare, giunse in Ancona e vi sostò fino al 7 ottobre, quando, seguendo le truppe si mise in marcia verso sud. Lasciò come Commissario per le Marche a svolgere il suo lavoro di rappresentante del Re l’on. Lorenzo Valerio. Ancona e le Marche tutte iniziavano la loro trasformazione, politica, amministrativa, sociale ed economica da quella preunitaria in sostanza pontificia a quella nazionale. In questo contesto anche in Osimo.si videro profondi cambiamenti. Ma prima che questi si palesassero nella loro compitezza, Osimo dovette assolvere ad un compito particolare: quello di assolvere al compito di assistere e curare i feriti pontificio sia dello scontro del 18 settembre, sia quelle feriti o ammalti nelle operazioni per la conquista di Ancona.

Osimo, quindi, si sobbarcò tutto il peso delle conseguenze dello scontro del 18 settembre, in quanto era l’unico centro che aveva le strutture e la capacità per .

Nella sua relazione conclusiva riassuntiva della attività svolta, redatta il 7 gennaio 1861, il magg. medico, Angelo Zavattaro, al momento della chiusura dell’ospedale di seconda linea sardo nel periodo settembre – dicembre furono raccolti da 200 a 300 feriti, e poi parecchie centinaia di ammalati. Questi dati si riferiscono al solo ospedale da campo non agli altri sei ospedali operanti nello stesso periodo ad Osimo. Un notevole aiuto fu dato da tutti i cittadini e Zavattaro mette in luce “ la non lenta compartecipazione di ogni classe di cittadini” all’opera di assistenza sia verso i militari piemontesi che i militari pontifici “ attesta alla vetusta Osimo meglio che le virtù cittadine la generosità e non municipale carità di patria e parla in sua lode meglio che non si saprebbe fare da chi scrive. Questa, - continua la relazione -, non incontrarono negli osimani odi o rancori ma solo, e non altrimenti che quelli, le più pietose e premurose sollecitudini.”

I deceduti presso gli ospedali non furono sepolti nelle chiese, ma si dispose che fossero inumati presso il Cimitero di San Giovanni. I deceduti furono 25 Pontifici e 6 Sardi

Osimo si mostrò in quei primi mesi unitari degna delle sue tradizioni di carità ed altruismo.1 Ma, come sempre succede per chi fa del bene e riceve in cambio l’esatto contrario, si trovò in mezzo alle polemiche sorte in relazione al trattamento dei feriti pontifici, susseguenti a quelle accesasi sul trattamento dei prigionieri pontifici. Secondo la convenzione di resa, la guarigione pontificia di Ancona, dopo aver deposto le armi e tutto l’equipaggiamento non individuale, si doveva concentrare alla Torretta ( Oggi Torrette). Qui, una volta raccolti, a scaglioni, per tappe, (cioè a piedi in quanto non vi erano altri mezzi) tutti i prigionieri furono avvitati in Piemonte e, via Rimini Bologna, Alessandria. Qui, una volta giunti i belgi, i francesi, gli austriaci e gli altri stranieri messi in libertà per tornare alle loro patrie, i cosiddetti indigeni, cioè gli italiani, furono trattenuti per qualche mese, e poi rilasciati anche loro. Durante il tragitto da Ancona ad Alessandria furono fatti oggetti da parte della popolazione dei paesi che attraversavano di manifestazioni ostili, di scherno, insulti e quant’altro, soprattutto in Romagna in cui era molto vivo il ricordo dei fatti del 1859 e delle repressioni poliziesche. Questi episodi furono riportati dalla stampa di parte cattolica che, come detto, avviarono polemiche accese e virulente. Accanto ciò si aggiunse il trattamento che i feriti pontifici ebbero all’indomani dello scontro del 18 settembre nella piana di Loreto, in cui in virtù di sciacalli e delinquenti comuni; molti di loro, come abbiamo visto, furono depredati. Molte testimonianze si aggiunsero, date dei feriti ricoverati negli ospedali di Osimo, Ed Osimo divenne il riferimento territoriale di tutte queste polemiche, anche per le versioni e le testimonianze dei parenti che da Osimo colloquiavano con le loro famiglie in patria. Da tutto questo, vi fu un filone che fu raccolto da vari scrittori di parte pontificia, primo fra tutti il De Segur, che scrissero pagine di fuoco di come i feriti , dopo, e i prigionieri pontifici furono trattati, dopo. Nasce con Osimo sullo sfondo, il mito dei “Martiri di Castelfidardo”, mito tanto inventato quanto falso, che inquinò per oltre un trentennio i rapporti tra le due sponde del Tevere.

Massimo Coltrinari (Ottobre/2)

OSIMO E LE CONSEGUENZE DEI COMBATTIMENTI DEL 18 SETTEMBRE 1860

Osimo e l’assistenza ai feriti. Il mito dei Martiri.



Mentre Osimo vedeva il suo tessuto sociale cambiare radicalmente ed i potenti di un tempo non erano più tali, mentre la separazione tra Stato e Chiesa ancora non era palese, ma era iniziata, l’assistenza ai feriti pontifici continuava, ma con crescente difficoltà. Le notizie che abbiamo le dobbiamo in gran parte le ricerche del sempre compianto e caro Mons. Carlo Grillantini che negli anni ottanta del secolo scorso, all’inizio delle ricerche sugli eventi sul passaggio delle Marche dallo stato preunitario allo stato nazionale fu prodigo di consigli ed indicazioni oltre ad una presenza disinteressata alle nostre iniziative.

Giacinto Lanascol , francese, proveniente da Quimper, mori a vent’anni il 20 ottobre 1860 all’Ospedale di San Marco a seguito di tre ferite da pallottole di fucile. Era assistito dalla madre e da suo zio, il conte Russel. Le sue ultime parole furono “Muoio contento; ho fatto il mio dovere.

Paolo Parceveaux, sottufficiale della fanteria di linea, francese, originario del Castello di Tronjoly, ferito al petto da palla di fucile, morì all’Ospedale Vecchio di Osimo il 14 ottobre, assistito al suo capezzale dal fratello Luigi. Le sue ultime parole furono “L’ultimo mio desiderio è di dare l’anima a Dio, il corpo a Nostra Signora di Loreto ed il cuore a mia madre.” Fu seppellito a Loreto, e secondo una usanza in voga nell’ottocento, nel solco delle reliquie di santi e uomini di chiesa, il suo cuore, chiuso in una teca di metallo fu portato a sua madre. Nel 1860 vigeva ancora la vecchia mentalità che considerava quasi una profanazione le necroscopie. Il presidente Sinibaldi con una lettera del 14 ottobre 1860 ne chiese il permesso al Cardinale Brunelli, che la concede.

Arturo Conte di Chalus, francese di Nantes, morto nel mese di ottobre all’Ospizio di San Leopardo, assistito dal suo compagno Giuseppe Guerin. Il De Segur scrisse così di lui “… combattè….cadde in mezzo alla mischia colpito da mitraglia in una coscia. Fu con altri ferito trasportato allo spedale di Osimo e stette calmo ed intrepido sopra l’insanguinato letto del suo dolore.”

Regoziano Picou, seminarista di Nantes, fu raccolto sul campo ferito ad una coscia e coperto dalla sola camicia e per il freddo quasi mezzo assiderato. Porato all’ospizio di San Leopardo ad Osimo per mancanza di letti, lo si dovette deporre in un confessionale rovesciato, dove stette vario tempo. La ferita sembrava rimargina ma si riaprì ed il poveretto morì dissanguato il 28 ottobre 1860.

Il De Segur dà una immagine così di parte che in tutte le descrizioni affiora il sospetto che i feriti pontifici non siano stati trattati con la dovuta cura. In realtà vi fu la massima dedizione ed assistenza, nei limiti e nella possibilità di Osimo che in pochi giorni dovette accogliere oltre 300 tra ammalati e feriti.

Infine un esempio di come spesso l’informazione è errata e come avere i mezzi per distinguer la realtà dalla propaganda, l’informazione dalla pubblicità, i fatti dalle opinioni

Nella figura è rappresentato uno dei simboli dei “martiri di Castelfidardo”, Giuseppe Guerrin seminarista che dovette vincere le resistenze dei suoi genitori per arrularsi. Partecipò due volte all’assalto di Casino Schiava, poi fu ferito gravemente. Trasportato in Osimo, visse la degenza con serintà d’animo, e, sentendo avvicinarsi la fine, invitò i presenti a recitare il “Te Deum”. FU prima seppellito a San Gregorio, poi il so corpo fu trasportato nella sua regione di provenienza, in Vandea

Ebbene nella iconografia che lo rappresenta, certamente posteriore al 1860, è riportato con indosso la divisa degli Zuavi Pontifici. Taled ivisa non era in uso nel settembre 1860, I Tiragliatori Franco Belgi, fanteria leggera indossavano l’uniforme pontificia di derivazione francese. Solamente nel dicembre 1860, al momento della ricostruzione dell’esercito Pontificio, il Bacdelieve, formando il nuovo corpo ebbe l’intuizione di ispirarsi agli Zuavi francesi. Da qui l’adozione di una uniforme “alla zuava”, che divenne il simbolo dell’ ultimo periodo del pluricentenario esercito papale. Guerin non vide mai questa uniforma, ma la tradizione iconografica che a lui si riferisce lo porta vestito da Zuavo. Questo in base a testimonianze e documenti raccolti.

Da qui la valutazione del DE Segur e dei suoi “martiri di Castelfidardo”, in cui la propaganda il mito e la visione di parte hanno un impiego a tutto tondo.

1 Una dettagliata ricostruzione della cura dei feriti dopo lo scontro del 18 settembre 1860 comprese le risultanze contabili tra il Comune di Osimo e l’Intendenza di Armata basata sulla documentazione esistente presso l’Archivio di Osimo è stata riproposta da M. Serrani, Osimo nel 1859 -1960, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Urbino, “Carlo Bo”, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea in Lettere Moderne, Anno Accademico 2006 - 2007

mercoledì 10 settembre 2025

La Calda estate del 1860. La battaglia per la presa di Ancona


Nel volume sono descritte tutte le fasi della battaglia per la presa di Ancona
 Primo esempio di cooperazione interforze tra Esercito e Marina
 nelle nascenti forze armate italiana






 

domenica 31 agosto 2025

La Calda Estate del 1860.La battaglia per la presa di Ancona V Parte

 


Osimo in mezzo al campo di battaglia: 16 - 17 settembre 1860

Alle 23 del 15 settembre le avanguardie del IV Corpo d’Armata da Torre di Jesi si misero in marcia con destinazione Osimo, obiettivo primario della manovra. In testa il VII Battaglione Bersaglieri seguiti da una sezione della 4a Batteria, poi da tutta la Brigata “Como” e dal resto della 4a Batteria. Le truppe si misero in marcia quasi digiune, non essendo potuto arrivare a Torre di Jesi, per la tendenza della strada, il carreggio dei viveri. La marcia durò fino alle 5 del mattino del 16 settembre. Via via che arrivavano in Osimo le truppe prendevano posizione, ma vi arrivarono stremate. Appena giunti i soldati si stendevano in terra, allentandosi le buffetterie e slacciandosi la divisa. Non diedero un buon spettacolo e l’impressione, per gli Osimani, non fu delle migliori. Si temevano reazioni scomposte, con la diffidenza che si ha per truppe che erano considerate “straniere”. Anche per questo, per evitare tali reazioni, la popolazione iniziò ad offrire pane, formaggio, frutta e vino. Passate le prime ore, ci si accorse che queste truppe erano saldamente in pugno ai propri ufficiali; presto corse voce che avevano avuto precise disposizioni di rispettare ogni cosa, anche le proprietà ecclesiastiche e di non reagire se non in presenza di azioni di fuoco.

Osimo fu presidiata nel seguente modo: col 24° Reggimento fanteria della Brigata “Como” si pose in riserva al centro della città, pronto ad intervenire. Due battaglioni del 23° Reggimento fanteria della stessa brigata furono posti a presidio della porta che guardava verso Ancona (San Marco); gli altri due battaglioni del 23° Reggimento Fanteria si misero a presidio della strada proveniente da Filottrano. Metà della 4a Batteria a sostegno del 23° Reggimento e l’altra a sostegno del 24° Reggimento. Una sezione (due pezzi) fu messa in batteria a Piazza Nuova, ove oggi una targa ricorda questo suo posizionamento. In pratica Osimo, con oltre 900 soldati schierati, era fortemente presidiata. Per tutta la giornata del 16 continuarono ad arrivare le truppe rimanenti

Come sempre in guerra, le notizie sono confuse, contradittorie, parzialmente non vere e false. Cialdini nel movimento verso Osimo ricevette la notizia raccolta da alcuni contadini che De La Moricière era da Macerata in marcia su Filottrano e quindi puntava su Torre di Jesi. Non fu creduta per vera, ma per precauzione fece presidiare dal 16° Reggimento Fanteria Torre di Jesi. Il resto del IV Corpo ebbe l’ordine di raggiungere Osimo nella giornata del 16 settembre. Jesi e Torre di Jesi divennero la base logistica arretrata del IV Corpo d’Armata, mentre la linea operativa di interposizione alla sera del 16 settembre era Osimo. Anche per questo Cialdini riteneva con l’arrivo in Osimo che le posizioni raggiunte fossero sufficienti per interporsi alle forze pontificie provenienti da sud e dirette ad Ancona. La conquista di Osimo fu una brillante azione a carattere logistico che impegnò a fondo le truppe sarde, che dovettero operare in condizioni non certo ottimali, tanto che giunsero sulle posizioni stremate.

Si legge nel Diario del IV Corpo d’Armata:

Non fu mai vista stanchezza che uguagliasse quella delle truppe in questa giornata (16 settembre 1860, n.d.a.). gettandosi nei fossi e nelle campagne vicine, erano sorde alla voce dello stesso generale. Si aggiunga che i carri ed i viveri, i parchi e le riserve viveri tutte rimaste indietro per la natura del terreno e la rapidità della marcia. Onde che le divisioni passarono letteralmente 24 ore senza mangiare.”1

Il Generale Cialdini nel suo rapporto al Generale Fanti ebbe modo di scrivere:

Le salite e le discese di Torre di Jesi quindi l’erta di Osimo allontanarono di nuovo i viveri dai battaglioni; il calore del giorno fu eccessivo; le truppe arrivarono rassegnate fino ad Osimo, ma quelle che dovettero avanzare a Castelfidardo ed alle Crocette oppresse dalla fatica dalla sete e dalla sferza del sole e dalla mancanza si sufficiente alimentazione giunsero in uno stato di prostrazione che le faceva assolutamente incapaci di sostenere il benché minimo combattimento”.2

Questa manovra di interposizione ricorda alla lontana la manovra napoleonica di Ulm, in cui con marce estreme, il Corso riuscì a far capitolare per manovra l’intera guarnigione austriaca di 30.000 uomini. Con la sua manovra, Cialdini pose le premesse per la vittoria dello scontro del 18 settembre.

Via via che giungevano ad Osimo, le truppe a rincalzo scavalcavano quelle che avevano preso posizione e proseguivo verso est. Fu disposto che, al comando del Comandante la Brigata “Bergamo” proseguissero per San Sabino, Castelfidardo Crocette il II ed il XXVI Battaglione Bersaglieri, il Reggimento “Lancieri di Novara” e la 5a Batteria. Gli ordini per queste truppe erano chiari: raggiunto il quadrivio delle Crocette, spingersi verso i ponti di Loreto, se trovati intatti e sgombri da forze nemiche tagliarli e renderli impraticabili. Indi organizzarsi a difesa, pronti a dare l’allarme e a ritirarsi con reazioni dinamiche locali. Era il rafforzamento della linea di interposizione che Cialdini aveva iniziato due giorni prima, che aveva Osimo, ove Cialdini pose il 16 settembre il suo Quartier Generale, il perno centrale.

Ad Osimo furono gironi di tensione e paura. La città presidiata da migliaia di soldati, che aumentavano di numero di ora in ora. Chi arriva e chi partiva. Si comprendeva anche dalle parole dei soldati stessi che un attacco poteva arrivare sia da Ancona che da Loreto, in pratica si era tra due fuochi. Queste paure aumentarono quanto l’indomani le truppe sarde furono poste in allarme in quanto era stata avvista in tarda mattinata una consistente colonna pontificia uscita da Ancona verso Camerano e si dirigeva verso la vallata. Nel pomeriggio si sparse la notizia che le avanguardie di questa colonna erano arrivate a San Biagio. Uno scontro a fuoco era temuto da un momento all’altro.

La notizia si rilevò poi falsa. La colonna al comando del De Courthen era la III Brigata operativa che, rientrata in Ancona, era uscita dalla piazzaforte per andare incontro al De La Moricière che si sapeva essere giunto a Loreto, ma non scese in pianura; si arrestò dopo Camerano e a sera rientro in Ancona. Mentre la stragrande maggioranza delle truppe sarde riposava in quel 17 settembre 1860 il presidio delle posizioni della linea di interposizione di completavano arrivando a Monte San Pellegrino e Colle Oro, ultime propaggini collinose verso il mare. Osimo visse un altro giorno di angoscia e incertezza, con la popolazione che constatava di essere in mezzo ad un campo di battaglia.

1 Coltrinari M., Il combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo. 18 settembre 1860., Roma. Università Sapienza, Edizioni Nuova Cultura, 2009, pag. 85


2 Ibidem

mercoledì 20 agosto 2025

La Calda Estate del1860. La battaglia per la presa di Ancona. Dallo Stato d'Assedio alla Prima Linea

 


Osimo incredula è sorpresa dagli avvenimenti

Dallo Stato d’assedio alla prima linea

Ai primi di settembre 1860 qualche cosa di anomalo e di grave fu avvertito ad Osimo. Vi era una frenesia insolita nei responsabili Pontifici; mons. Randi, delegato Apostolico ad Ancona, ma che nel giugno 1859, al momento dei tumulti seguiti alla partenza della guarnigione austriaca per il nord, si era rifugiato in Osimo, ritenendola più sicura, lasciando Ancona di notte e senza dare disposizione alcuna, lasciando una impressione pessima. In quei primi giorni del settembre 1860 aveva dato disposizioni di ripristinare in Osimo luoghi ed uffici “per ogni evenienza”. Le notizie da Roma erano praticamente le solite. Giungevano, invece, in Osimo notizie da Ancona molto inquietanti. La vicenda del cittadino inglese, ma in realtà italiano, Pasquale Tommasi divenne nota a tutti. Questi aveva apertamente violato ogni norma politica agendo e sostenendo le idee liberali e promettendo interventi, anche esterni, per avviare una opposizione che in realtà portava ad una rivolta vera e propria. La Gendarmeria pontificia aveva sequestrato carte compromettenti ed anche materiale di propaganda e politico. Le prove erano schiaccianti. Il Governatore di Ancona De Quattrebarbes ne aveva fatto partecipe non solo il comandante della Piazza, col. O’Gady, ma anche il generale De La Moriciere al suo quartier generale a Spoleto. Il pericolo imminente di una sovversione era palese. L’intervento del console britannico in Ancona fu così pesante che ottenne la liberazione del Pasquali, che fu imbarcato su un piroscafo diretto a Trieste; tutti compresero, di fronte alle accuse evidenti di spionaggio e sovversione, che in tutta la vicenda c’era dietro l’Inghilterra. Che l’Inghilterra, anglicana e massonica, si interessasse così da vicino delle vicende di Ancona e delle Marche lasciava riflettere. In realtà è ampiamente dimostrato che dietro Cavour vi era la Francia, dietro il partito progressista, rivoluzionario e democratico, impersonato da Mazzini, Quadrio, Bertani, e lo stesso Garibaldi ed in Ancona da Alessandro Orsi, vi era l’Inghilterra. Questo non fu mai a fondo tenuto in considerazione dovuta dai responsabili pontifici e dai loro consiglieri austriaci.

Il governatore civile De Quattrebarbes aveva indizi che alimentavano sospetti di sovversione ogni giorno, mentre il comandante della Piazza di Ancona col. O’Gady ordinava ispezioni e ricognizioni in tutto il territorio compreso quello di Osimo. Ai primi di settembre si videro passare reparti pontifici che provenivano da Macerata ed andavano a rafforzare la guarnigione di Ancona. Erano i reparti operativi della III Brigata pontificia al comando del De Courthen: con il suo arrivo, la piazzaforte di Ancona da difensiva divenne offensiva. Oltre alle pattuglie di Gendarmeria nel territorio di Osimo si videro anche pattuglie di soldati a piedi e drappelli di cavalleria. I contadini, venendo in Osimo, oltre che ai loro signori e padroni non facevano mistero che i soldati parlavano apertamente di guerra. Ovvero ci si aspettava che Garibaldi portasse la rivoluzione nello Stato Pontificio, ovvero un attacco da sud.

Le dicerie e le voci si accavallavano sempre più, come quella di un Ufficiale dei Bersaglieri austriaci che era stato pesantemente insultato da alcuni viaggiatori nella carrozza che lo portava da Camerano in Ancona. Questi viaggiatori giunti in città si dileguarono, la polizia arrestò il postiglione ed iniziò varie perquisizioni sia in città che a Camerano. Altre voci riferivano che un soldato della Gendarmeria ausiliare pontificia aveva ferito con la sua spada, durante un alterco, un “rivoluzionario”. Per questo episodio il soldato fu elogiato e ricevette un premo in denaro, mentre una compagnia di soldati fu inviata a Camerano a rinforzo dei reparti di gendarmeria ivi presenti. Anche per questo il ten. Baldoni, comandante della Gendarmeria pontificia di Ancona, venne in Osimo e chiese al Comune di predisporre alloggi e vettovagliamento per circa 100 soldati. Continuavano a passare, soprattutto per la strada postale sotto Castelfidardo, continuamente drappelli di soldati sia a piedi che a cavallo. In Osimo l’inquietitudine aumentava di giornp in giorno: vi erano tanti indizi che qualcosa stava per succedere ma nessuna certezza. Inquietava il silenzio che proveniva da Roma: generalmente dalla Città Eterna arrivano notizie certe e sicure. Molte famiglie di Osimo avevano stretti legami familiari con famiglie romane anche altolocate e a loro si chiedevano notizie; anche loro brancolavano nel buio. Da Pesaro, peraltro, mons. Bellà, delegato apostolico di quella città, aveva informato le Autorità che in Toscana, quasi a ridosso del confine, era stato sequestrato un carico di armi e munizioni diretto prima a Pesaro poi via mare in Ancona.1 Il 5 settembre mons. Bellà lanciò l’allarme. Notizie certe provenienti da Pergola e da Fossombrone parlavano apertamente di rivolta; per questo chiese l’invio a Pesaro di una compagnia di Gendarmeria come rinforzo al III battaglione di fanteria di linea al comando del ten. col Zappi. Era prevista, per informazioni raccolte oltre confine, una sollevazione di Urbino e delle città dell’alto pesarese. Le autorità militari pontificie presero molto sul serio queste notizie temendo l’inizio di una rivolta nelle Marche. Per questo il 6 settembre fu messa in allarme la III Brigata pontificia che da Ancona doveva essere pronta, su ordine, a marciare prima su Pesaro poi su Urbino. Le unità presenti nel pesarese passarono sotto il diretto controllo del ten. col. Zappi. Il 7 settembre giunse la notizia che Pergola e Fossombrone si erano sollevate e dato inizio alla rivolta, disarmando i posti della gendarmeria e costringendo i pochi soldati pontifici a ripiegare su Pesaro. Zappi immediatamente ordinò ad una compagnia di formazione di uscire da Pesaro e portarsi si Pergola e Fossombrone per ristabilire l’ordine. Intanto le prime compagnie della III Brigata uscirono da Ancona e si portarono a Senigallia. Alla sera del 6 settembre le notizie erano ancora più inquietanti tanto che il De Quattrebarbes e il O’Gady, di concerto con il De Courthen, chiesero per l’indomani a De La Moricière di proclamare lo Stato d’Assedio e la legge marziale, per avere più libertà di agire. De La Moricière, da Spoleto, convinto che il vero pericolo provenisse da sud portato da Garibaldi, voleva le sue retrovie tranquille e sotto il suo controllo. Diede l’autorizzazione alla proclamazione dello Stato d’assedio, che fu proclamato per la città di Perugia2 e provincia e poi esteso a tutte le Marche3 il 7 settembre 1860. Appena i manifesti di detta proclamazione furono affissi in Osimo, le preoccupazioni divennero ancora più forti. Alcune famiglie benestanti, memori di quanto era successo il giugno dell’anno precedente, iniziarono a fare preparativi per raggiungere Roma, ritenuta sicura ed al riparo da ogni sovversione. Altri, invece, invitavano alla calma in quanto le forze pontificie erano consistenti, che le autorità avevano la situazione sotto controllo e che prima che Garibaldi arrivasse in Osimo doveva passare del tempo, ricordando che a Roma vi era una guarnigione di 25.000 soldati francesi. Ogni giorno che passava la situazione diveniva, però sempre più grave.

Fa impressione l’edizione ultima del giornale il “Piceno” che si stampava ad Ancona con ampi spazi bianchi, dovuti alla censura esercitata direttamente dal De Quattrebarbes”. Finalmente giunse il Osimo l’edizione del “Giornale di Roma” del 10 settembre 1860 che riportava un’ampia panoramica di quanto stava accadendo nelle Marche. Colpisce che anche Macerata è coinvolta negli eventi sovversivi. Tra l’altro si apprende che un buon tratto dei pali del telegrafo verso Osimo sono stati abbattuti e che sono intervenuti i gendarmi e i cantonieri per ripristinarli.

De La Moricière, De Courthen, O’Gady, de Quatrebarbes, tutti sono determinati a reprimere la rivoluzione sul nascere, assistiti in ciò dai delegati Pontifici, soprattutto mons. Randi a Pesaro e mons. Randi in Ancona. Tutte le forze militari e di polizia vengono mobilitate, e vi è la certezza di poter avere facile successo sui rivoluzionari sia per il numero sia per la determinazione dei comandanti, che non esitano ad impiegare anche l’artiglieria pur di avere ragione di ogni rivolta.

Questo porta un po' di sicurezza in Osimo, anche se la notizia che una colonna di oltre 600 rivoluzionari dalla bassa Romagna ha passato il confine ed invaso Urbino e poi Fossombrone, già in rivolta con Pergola non rassicura. Sono in marcia su queste città consistenti forze pontificie, ovvero tutta la III Brigata operativa uscita da Ancona. Corre voce che hanno ricevuto l’assicurazione che, una volta repressa la rivolta, avranno 12 ore di libertà di saccheggio in queste città per punire la popolazione che appoggia apertamente i rivoluzionari. Tale notizie viene smentita categoricamente da De La Moricière, ma inquieta ancor più gli abitanti di Osimo che ormai hanno la certezza che si andrà incontro a giorni veramente difficili. In questo clima surriscaldato, come un fulmine a ciel sereno che sorprende tutti, giunge la notizia da parte di mons. Bellà che l’11 settembre 1860, le truppe del Regno di Sardegna, gli intimano di sospendere ogni azione contro i rivoluzionari e che contemporaneamente stanno passando il confine e puntano a porre l’assedio a Pesaro. Nessuno in Osimo comprende che cosa stia succedendo, tantomeno immagina che nel giro di quattro giorni Osimo si troverà sulle linee di scontro la l’Esercito Sardo e l’Esercito Pontificio per il possesso di Ancona. E’ l’inizio della invasione delle Marche dell’Umbria di una forza di 35.000 uomini al comando del gen. Fanti. (continua)



1 La notizie indirettamente fu confermata da un agente del servizio segreto pontifici, il Niccolini, che in una lettera al Mons, Randi il 6 settembre in cui scrive che “..dal confine toscano e precisamente in località Luviano dove ai poderi la Sig,ra Buonaparte belle sequestrati e confiscati dalla Finanza Toscana 9 carri di fucili che erano 1500 e cio per essere stati senza regolari recapiti questi erano diretti alla abitazione della predetta Signora. Così siamo sicuri che le armi non sono state a noi introdotte, ma è certo che sono lì ai confini per l’occorrenza” Cfr. Scoccianti S, Appunti sul servizio informativo pontificio nelle Marche nel 1859-1960. Citato in Coltrinari M., L’Ultima difesa pontificia di Ancona 7-29 settembre 1860. La Fine del potere temporale dei Papi nelle Marche, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2014. Pag 255

2 Sono noti i fatti del 1859 accaduti in questa città, che sono passati alla storia come “Le stragi di Perugia”, perpetuate dai soldati della II Brigata operativa al comando del gen Schmit.

3 Tra le misure che suggerisce, anche quella di somministrare una multa di 10.000 scudi a quelle famiglie facoltose che mostrano segni di simpatia per la rivoluzione. Questa misura la ritiene molto più efficace di una scarica di fucileria. Aa Osimo questo provvedimento suggerisce ad alcune famiglie di professare lealtà e fiducia al Governo Pontificio

domenica 10 agosto 2025

INFOCESVAM N. 3 DEL 2025 MAGGIO GIUGNO 2025, 1 LUGLIO 2025

 

INFOCESVAM

BOLLETTINO NOTIZIE DEL CENTRO STUDI SUL VALORE MILITARE

centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org

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ANNO XII, 65/66/, N. 3, Maggio - Giugno 2025, 1 luglio 2025

XII/3/1001 La decodificazione di questi numeri è la seguente: XII anno di edizione, 3 il Bimestre di edizione di INFOCESVAM, 1001 il numero della comunicazione dal numero 1 ad oggi. Il presente Bollettino svolge anche la funzione di informazione “erga omnes” dello stato, sviluppo e realizzazione dei Progetti dell’Istituto del Nastro Azzurro, in funzione del supporto scientifico alla offerta formativa dei Master. Inoltre dal gennaio 2023 ha assunto anche la funzione di aggiornamento delle attività di implementazione dell’Archivio Digitale Albo d’Oro Nazionale Dei Decorati al Valor Militare Italiani e Stranieri dal 1793 ad oggi, con la pubblicazione di un ANNESSO. L’ultima indicazione aggiorna o annulla la precedente riguardante lo stesso argomento

XII/3/1002 - La sessione estiva di Laurea (Anno Accademico 2024 – 2025 ed anni accademici precedenti) per i Master di 1° Liv. Storia Militare Contemporana e Politica Militare Comparata dal 1960 ad oggi si è tenuta in sede il giorno 16 giugno 2025. Di seguito i nomi dei laureati.

XII/3/1003 – Progetto 2020/2 Prigionia italiana in mano Britannica 1941 -1947. Il Primo volume Africa Orientale Italiana 1935-1940. “Impero: tra realtà e propaganda” è nella versione Bozza 1 Revisione. Compilazione Indici dei Nomi propri, geografici e militari. La copertina è stata composta ed edita.

XII/3/1004 - Collaborazione CESVAM – Associazioni. Roma. 26 giugno 2025 il Direttore del CESVAM, presso la sede del Gruppo Medaglie d’Oro ha presidetuo alla presentazione del Volume di Giovanni Cecini “ I grandi Eroi della Seconda Guerra Mondiale”

XII/3/1005 - I Laureati alla Sessione di Laurea estiva di Politica Militare Comparata (vds XII/3/1002) sono: Dr. Casamento; Dr. Corona. Si sono ritirati per questo anno accademico 4 frequentatori.

XII/3/1006 - XII/2/984 – Progetto 2024/4 “Dal Corpo di Liberazione ai Gruppi di Combattimento” Predisposto il Manoscritto 1. Chiesto preventivo di Spesa alla Casa Editrice. Predisposta Bibliografia, Prefazione, Premessa, Ringraziamenti

XII/3/1007 - In distribuzione il n. 2 del 2025 della Rivista QUADERNI. Numero Copie su carta 250, di cui 200 in distribuzione, 10 Archivio Emeroteca, 40 a disposizione. Richiedere copie su carta a: segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org

XII/3/1008 - E’ in preparazione il “CESVAM REPORT” Settembre 2021 – Agosto 2025. N 4 della Rivista QUADERNI” che completa i Report Settembre 2014 – Agosto 2019 (2019) e Settembre 2019 – Agosto 2021 ( 2021). Richiesto preventivo di Spesa. Edizione speciale della Rivista “QUADERNI”

XII/3/1009 - I Laureati alla Sessione di Laurea estiva di Storia Militare Contemparane dal 1792 ad oggi (vds XII/3/1002) sono: Dr.ssa Pasin; Dr. Rustioni, Dr.Boldrini, Dr. Piccione, Dr. Picchierri, Dr.Foria. Si sono ritirati per questo anno accademico 5 frequentatori. Tutti i laureati hanno manifesto l’intenzione di continuare a collaborare con il CESVAM

XII/3/1010 – Castelferreti (AN) - Collaborazione CESVAM – Associazioni. Roma. 26 giugno 2025 il Direttore del CESVAM, insieme al presidente della Federazione Regionale delle Marche, MAVM Claudio Fiori, il 13 giugno 2025 ha presenziato al Convegno “81° anniversario del passaggio del Fronte 1944- 2025. E’ stata svolta la Relazione “Il valore militare al femminile durate la Guerra di Liberazione 1943 – 1945”. Ricordata la staffetta partigiana Teresa Vergalli.

XII/3/1011 - Canale You Tube dedicato all’Istituto del Nastro Azzurro. Mese di Maggio, 4 Video, mese di Giugno, 4 video. Redazione ed edizione a cura del CESVAM I video sono trasmessi ogni giovedì, (ore 08.00). Titolo Canale ISTITUTO NASTRO AZZURRO CESVAM

XII/3/1012 – In occasione della presentazione (Vds. XII/3/1004 del Volume di Giovanni Cecini il 26 giugno 2025 è stato consegnato l’Emblema Araldico al Dott. Goffredo Zignani, nipote della MOVM Goffredo Zignani, fucilato dai tedeschi il 19 novembre 1943 ad Elbassan (Albania). Il Dott. Goffredo Zignani ha chiesto di iscriversi alla Federazione Provinciale di Ancona, per continuare la collaborazione con il CESVAM.

XII/3/1013 - Progetto 2024/2 – Progetto “ 80° della Liberazione. 1944. I Martiti di Fiesole e gli Eccidi in Toscana”. Collaborazione con la Federazione Regionale della Toscana. Coautore Manuel Vignola. Predisposto il Manoscritto 2. Acquisti i dati della II e III Parte ( Vittine da 2 a 9 e Vittime da 10 a 49) Si hanno quindi tutti gli episodi (1415) in cui si sono avute vittime plurime

XII/3/1014 - Collaborazione CESVAM – Associazioni. Associazione Ex Allievi della Nunziatella Sezione del Lazio. Cinema in Divisa. Dato il contributo alla presentazione dei fil di carattere storico. Ed al Giornale illustrativo. Svolto mercoledi 11 giugno 2025 l’incontro di presentazione, alla Scuola Ufficiali dei Carabinieri, di Roma, l’incontro di presentazione per il 2025/2026.

XII/3/1015 - La sessione estiva di Laurea (Anno Accademico 2024 – 2025 ed anni accademici precedenti) per i Master di 1° Terrorismo ed Antiterrorismo Internazionale si è tenuta in sede il giorno 30 giugno 2025. Di seguito i nomi dei laureati.

XII/3/1016 - Progetto 2024/3 – Progetto “ Il Valore Militare e le Fosse Ardeatine”. Collaborazione con Aladino Lombardi. Contatti diretti con la Direzione del Museo della Liberazione di Via Tasso a Roma. Predisposto il Manoscritto n. 3. Predisposto i materiali per tutti i decorati. Predispostta Bibliografia, Premessa, Nota Autore, Presentazione e Prefazione .

XII/3/1017 – Pesaro – Collaborazione CESVAM Federazioni. Federazione Provinciale di Pesaro. Federazione Provinciale di Teramo, 13 giugno 2025. “ Lassu dove volano gli eroi. Storie di aviatori pesaresi e teramani. Il Presidente della Federazione Regionale delle marche dell’Istituto MAVM Claudio Fiori ha svolto un intervento sui temi del Valore Militare e suoi significati. Presentata una vetrina con alcune le pubblicazioni del CESVAM e del materiale divulgativo.

XII/3/1018 – Nel prossimo numero si darà conto delle CHAT attivate per agevolare la comunicazione circolare tra tutte le componenti CESVAM

XII/3/1019 - Gli articoli, note ed altro materiale per la rivista QUADERNI devono essere inviati alla Redazione (quaderni.cesvam@istitutonastroazzurro.org) entro il 15 luglio 2025 p.v., per la valutazione e la preparazione del N. 3 del 2025. (Uscita luglio 2025)

XII/3/1020 – Progetto 2024/1 – “80° della Guerra di Liberazione. Monte Marrone. 1 -10 Aprile 1944. la svolta”. Predisposto in bozza i capitoli I, II, III, IV, e la Bibliografia generale e di pertinenza. Compilati La Premessa, Introduzione, Bibliografia, Nota dell’Autore. Richiesto il preventivo alla Casa Editrice. Predisposto il Manoscritto 2.

XII/3/1021 - In occasione della Conferenza (Vds. XII/3/1010) il 13 giugno 2025 è stato consegnato l’Emblema Araldico al Dott. Carlo Mariotti Zignani, nipote del pludecorato Carlo Mariotti, combattente della I e della II guerra mondiale Il Dott. Carlo Mariotti è socio della Federazione Provinciale di Ancona dell’Istituto del Nastro Azzurro

XII/3/1022 - I Laureati alla Sessione di Laurea estiva di Terrorismo ed Antiterrosimo (vds XII/3/1015) sono: Dr.ssa Bernardini; Dr. Sprenberg, Dr.Speranza, Dr. Garbo, Dr. Alfano , Dr.Revelli. Dr.Avallone, Dr. Aldramaki. Si sono ritirati per questo anno accademico 6 frequentatori. Alcuni di loro hanno manifesto l’intenzione di continuare a collaborare con il CESVAM

XII/3/1023 - Progetto 2024/3 – Titolo. “Dal Corpo Italiano di Liberazione ai Gruppi di combattimento”. Terminata la raccolta del materiale documentario e di quello iconografico. Predisposto il manoscritto 3. da predisporre la Copertina.Predisposto Nota Autore e Ringraziamenti. Predisposta Bibligrafia

XII/3/1024 – Indirizzo del Canale You Tube dell’Istituto Nastro Azzurro. La parola da digitare sulla icona di ricerca è CESVAM

XII/3/1025 - Prossimo INFOCESVAM (luglio - agosto) sarà pubblicato il 1 settembre 2025. I precedenti numeri di INFOCESVAM (dal gennaio 2020) sono pubblicati su www.cesvam.org e sul sito dell’Istituto del Nastro Azzurro/ comparto CESVAM. e sui vari blog sia storici e che geografici.

(a cura di Massimo Coltrinari) info: centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org



giovedì 31 luglio 2025

La Calda Estate del 1860. La battaglia per la presa di Ancona III Parte

 

La fine del potere temporale dei Papi  nelle Marche.

Osimo, abbandonata a se stessa (13 -16 settembre 1860)

Lo stato d’assedio proclamato il 7 settembre 1860 in tutte le provincie delle Marche fece capire agli osimani che la situazione era diventata critica. Le disposizioni delle autorità pontificie erano tassative. Nessuno usciva più di casa. Il Gonfaloniere, come allora si chiamava quello che da là di un mese si sarebbe chiamato Sindaco, Andrea Bonfigli stava vivendo quei gironi di settembre con estrema angoscia. Le disposizioni erano severissime: bastava un nonnulla che si finiva in carcere con pesanti accuse. Come tutti gli osimani aveva compreso che qualcosa di molto grosso stava accadendo, ma non si sapeva dove andare a parare. Si teneva una riedizione dei fatti di Perugia del 1859, ovvero una strage fra quei civili che per superficialità od altro si mostravano ostili: i soldati del Papa, che la tradizione dileggia, erano rudi e determinati e non esitavano a sparare in presenza di una minaccia grave e la rivolta per loro era da reprimere senza esitazione. Il Gonfaloniere sapeva che in Osimo vi erano esponenti mazziniani e cavourriani, e simpatizzanti, molti dei quali in contatto con i rivoluzionari di Ancona. Ma ormai il tempo delle rivolte era finito. Il 13 settembre giunse in Osimo la notizia che Pesaro era caduta che le truppe “piemontesi” erano in marcia su Ancona. Il giorno dopo giunse la notizia che Perugia era anch’essa caduta. Giunse anche la notizia che il Delegato Apostolico di Pesaro, Mons. Tancredi Bellà, a cui fu confiscato ogni bene, tra cui la tanto curata ed amata cantina contenente oltre 3000 bottiglie di vino, era stato fatto prigioniero e tenuto in mutande tutta la notte in piedi nella piazza davanti al palazzo dell’Arcivescovado., mentre uscivano di prigione tutti i detenuti, sia comuni che politici. Era ormai chiaro che le rivolte di Pergola, Fossombrone ed Urbino erano state un’esca, quasi una trappola per far uscire le truppe pontificie dalle loro fortezze, per affrontarle in campo aperto. Ora erano in ripiegamento su Ancona. Di ora in ora la situazione si aggravava e nella giornata del 14 settembre giunse la notizia che una colonna “piemontese” stava marciando su Osimo. Gli ultimi soldati pontifici si raccolsero in piazza e nessuno sapeva cosa fare. Inizialmente si pensava ad una organizzazione di difesa di Osimo imbastita in modo dilettantistico, poi arrivò l’ordine da Ancona che tutti i militari, gendarmi, ausiliari ed impiegati civili pontifici dovevano raggiungere la piazzaforte e mettersi a disposizione del col. O’ Gady. In breve Osimo fu lasciata sgombra da ogni militare pontificio ed affidata a sé stessa. Il 13 settembre, quindi, si erano allontanati da Osimo i gendarmi e gli ausiliari pontifici e la città si trovò priba di autorità ed ogni abitante temeva per l’incertezza del domani. Il potere civico fu preso in mano dal Gonfaloniere Bonfigli e dal Rossi che, servendosi dei bandisti musicali in divisa e dei loro armati, iniziarono a dare un minimo di sicurezza alla cittadinanza inviando staffette alle truppe Sarde ed a perlustrare le strade dei dintorni ed a predisporre l’ingresso delle truppe sarde che era dato per imminente

Il IV Corpo d’Armata sardo, al comando del gen. Cialdini il 14 settembre aveva raggiunto Senigallia. Inviate truppe (i Lancieri di Milano e due battaglioni di fanteria a Rocca Priora con compiti di sicurezza), il grosso iniziò quella manovra di interposizione che sarà la chiave di volta di tutta la campagna delle Marche. Avuta conoscenza che una forte colonna pontificia era dall’Umbria in marcia su Ancona (erano 8500 pontifici al comando del De La Moricière che intendeva raggiungere Ancona per organizzare una estrema difesa) Cialdini scelse la linea di cresta delle colline antemurale ad Ancona per intercettarla e dare battaglia in campo aperto, cercando di evitare quindi un assedio della piazzaforte che sarebbe stato dispendioso in termini soprattutto di tempo.

La 7a e la 4a Divisione si incolonnarono quindi da Senigallia, lasciando la strada litoranea per Jesi e Torre di Jesi, che furono raggiunte il 15 settembre. Secondo le valutazioni dello Stato Maggiore del IV Corpo d’Armata, saputo che De La Moriciére era a Macerata, questi per raggiungere Ancona poteva utilizzare la strada Macerata- Monte Cassiano - Monte Fano-Osimo, circa 31 chilometri, che era la più diretta. Poteva anche utilizzare la strada Macerata – Val Potenza – Recanati – Castelfidardo (30 chilometri) ed infine la strada Macerata – Monte Lupone – Monte Santo – Santa Maria di Potenza – Porto Recanati – Loreto (38 chilometri). Cialdini doveva assolutamente occupare e presidiare le posizioni di cresta tra Osimo e Castelfidardo, mentre per le posizioni in costa tra Castelfidardo ed il mare bastava occupare le Crocette, bloccando la strada postale Roma- Ancona. Occorreva procedere, nonostante la stanchezza, in avanti e mettere in atto stratagemmi affinchè il Comando Pontificio prendesse decisioni contrari ai suoi interessi. Tenendo presente questa esigenza, il Cialdini ideò ciò che poi fu chiamata “La diversione di Filottrano

Persuaso che le poche forze del generale De La Moricière lo costringerebbero per qualche giorno ad essere cauto” scrive il Cialdini, volli tentare di spingerlo a scegliere la strada più lunga con uno di quei stratagemmi volgari che però riescono quasi sempre in guerra. Feci partire subito uno squadrone di Lancieri per Filottrano, che arrivò nel cuore della notte. Secondo gli ordini avuti il capitano dello squadrone fece gran chiasso risvegliò e spaventò tutto il paese trattò arrogantemente il Municipio ed ordinò 24.000 razioni che io intendevo di prendere l’indomani nel mio passaggio da Filottrano per Macerata. La cosa fu certamente creduta poiché gran parte delle chieste razioni fu preparata ed il municipio non mancò di mandare avviso al generale nemico” 1

Il “volgare stratagemma” riuscì alla perfezione. De La Moricière prese la strada più lunga e giunse a Loreto solo la sera del 16 settembre, mentre la I Brigata del generale de Pimodan arrivò solo il giorno dopo, la sera del 17 settembre. De La Moricière aveva perso il lieve vantaggio che aveva. Se avesse preso la strada Macerata - Monte Cassiano – Monte Fano – Osimo: (31 chilometri) i Pontifici sarebbero passati per Osimo circa 24 prima dell’arrivo delle truppe del Cialdini ed avrebbero raggiunto senza combattere Ancona. Per Osimo sarebbe stata una vera iattura. Infatti in poche ore sarebbero arrivati 8500 soldati stanchi ed affamati che chiedevano viveri. Queste truppe erano poco controllate, composta per lo più da francesi, belgi, irlandesi ed “indigeni” come erano chiamato gli italiani. Si sarebbero svolte le scene che si ebbero a Loreto tra il 16 ed il 17 settembre quando molto soldati pontifici si abbandonarono a violenze a danno della popolazione ed anche di alcuni ecclesiastici, violenze dettate per lo più dalla ricerca disperata di qualcosa da mangiare.

In realtà Cialdini, che era a conoscenza che le truppe pontificie avevano 24 ore di vantaggio su di lui si pose come obiettivo l’occupazione di Osimo. Riuscire ad occuparla, nella speranza che lo stratagemma di Filottrano avesse funzionato, vi era speranza di impedire che i Pontifici giungessero in Ancona. Iniziò una corsa contro il tempo dove tutto fu sacrificato pur di raggiungere la città dei senza testa. Per Osimo questo significò la fine del potere temprale dei Papi.







1 Cialdini E., Rapporto a S.E. il Generale in capo sulle operazioni del IV Corpo d’Armata dall11 settembre al 29 settembre 1860. Documenti. In Rivista Militare Italian Volume III, Anno, V giugno 1861. Per inciso da questo rapporto si deduce che Cialdini non era il comandante delle truppe sarde operanti, ma un subordinato. IL Comandante in Capo era il gen. Manfredo Fanti, che aveva preparato il piano strategico di operazioni assegnando al IV Corpo (Gen Cialdini) di occupare le Marche ed al V Corpo (generale Morozzo della Rocca) di occupare l’Umbria, sempre sotto il suo diretto ed esclusivo comando.

domenica 20 luglio 2025

La calda estate del 1860. La battaglia per la presa di Ancona I Parte

 

Osimo agosto 1860: la tranquillità prima della tempesta

Note di storia risorgimentale. La trasformazione dell’assetto economico-sociale

L’estate del 1860 si presentava ad Osimo come le altre estati. I responsabili pontifici si erano ripresi dagli avvenimenti dell’anno precedente, quando una situazione abbastanza tranquilla divenne improvvisamente difficile. La presenza ad Ancona di una guarnigione di 5000 soldati austriaci, presente dal 1849, garantiva la pace e la sicurezza. Nessuno aveva l’ardire di promuove rivolte o altro e tutto sembrava procedere per il meglio. Improvvisamente nel nord scoppia la guerra tra il Regno di Sardegna e l’Austria, e, in modo sorprendente, al fianco del Governo di Torino scende le Alpi una Armata francese. Parigi e Napoleone III si alleavano con la rivoluzione. Una contraddizione che in molti non riuscivano a comprendere. La Francia era una delle Potenze cosiddette cattoliche, insieme all’Austria, che garantiva la sopravvivenza dello Stato Pontificio e manteneva a Roma una Guarnigione di circa 25.000 soldati per prevenire ogni rivoluzione, come era successo nel 1848. Napoleone III alleato al Cavour era incomprensibile. I meglio informati assicuravano della lealtà dell’Imperatore Cattolico, che garantiva al Pontefice la sopravvivenza assicurando in ogni circostanza che gli spettava di diritto il cosiddetto Patrimonio di San Pietro, territorio corrispondente all’odierna regione del Lazio. Queste affermazioni di Napoleone III erano interpretate come una assicurazione per lo Stato Pontifico, inteso come territori che andavano si dal Lazio, ma comprendevano anche l’Umbria, le Marche e le Romagne.

Il Cardinale Antonelli, capo della politica vaticana, e la stessa Segreteria di Stato, vedevano con diffidenza Napoleone III, ma non riuscirono mai a capire i suoi disegni. Il suo intervento in Italia era motivato dal fatto che mirava a contrastare il predominio austriaco in funzione strategica. La Francia, dopo aver acquisito il controllo del mediterraneo occidentale ed aperte le vie per l’Algeria e la Tunisia, dove si era installata, ora puntava a portare la sua influenza nel mediterraneo orientale, verso l’Egitto, riprendendo i vecchi piani predisposti da Napoleone. La prova generale di questa espansione era stata fatta nel 1854-1855 con la cosiddetta guerra di Crimea, a cui si aggregò, come noto il Cavour, per portare all’attenzione il problema Italiano sulla scena europea. Alla Francia occorreva avere punti di appoggio concreti, ovvero basi che le permettessero di arrivare nel mediterraneo orientale. I progetti e le idee che, poi, nel 1867 portarono alla apertura del canale di Suez a Parigi erano materia di attento studio. In pratica alla Francia occorreva basi prima in Adriatico, per tentare il successivo balzo vero i mari greci. Chi impediva tutto ciò era l’Austria, che non accettava un suo ridimensionamento nella penisola italiana che dal 1815, avendo definito l’Italia “una semplice espressione geografica, assoggettava ai suoi interessi tutti gli stati italiani, Papa compreso.

Questo significava anche alterazione degli equilibri economici, che avrebbe inciso sulla vita di Osimo e degli osimani. Da una imprenditoria agricola, si doveva passare ad una imprenditoria commerciale e di trasporto, ovvero per Osimo entrare in concorrenza con Ancona, da sempre orientata ai commerci avendo il porto. In varie famiglie benestanti anconetane, come i Fazioli e in tutta la comunità ebraica, lo statu quo era un ostacolo e si vedevano limitare, essendo in contatto con famiglie imprenditoriali inglesi tramite la organizzazione massonica, i loro investimenti e le loro possibilità di profitti. Osimo con le sue famiglie, I Leopardi. I Bellini imprentati con i Brighenti e le altre avevano investimenti sulla terra, sull’agricoltura e in parte anche sul latifondo, come le altre famiglie possidenti di Loreto, Recanati e Jesi. Tutti costoro vedevano i cambiamenti come un salto nel buio. Sul campo politico, da qui il loro appoggio al Governo Pontificio, considerato un paladino della conservazione e dello status quo, appoggiato dall’Austria, sempre contraria ad ogni rinnovamento che avrebbe portato sicuramente alla sovversione ed alla rivoluzione. In Ancona l’orientamento era all’opposto: si era per Cavour ed il suo liberalismo, con venature anche progressiste, ma limitate per lo più all’ideale, non all’espetto economico.

La perdita delle Romagne sul finire del 1859, era stata compensata nelle Marche con l’arrivo di una forte guarnigione pontificia di oltre 4000 uomini al comando del Barone svizzero Kalbermatten, un rude soldato che riteneva suo dovere imporre lo status quo con la forza. Tale approccio non faceva buon gioco all’elemento conservatore, che cercava in ogni modo di ingraziarsi la popolazione con modi molto più intelligenti.

In quell’agosto 1860 in una situazione tutta in divenire, iniziò quella serie di episodi che a capo di circa trenta giorni cambiò radicalmente il profilo socio-economico di Osimo.

Garibaldi, nel 1859, aveva tentato di portare una azione rivoluzionaria ed impadronirsi di Ancona quando era vicecomandante dell’Esercito dell’Italia Centrale. Spalleggiato da una Comitato segreto rivoluzionario operante nella dorica guidato da Alessandro Orsi, tentò di impadronirsi del porto. L’azione fu sventata da un agente del servizio segreto pontificio che aveva una delle sua sedi in Osimo, operante sotto diversi nomi, tra cui Erra, Angeli, Micheli, ecc. che addirittura organizzò un incontro segreto amoroso in cui attirare Garibaldi per ucciderlo, tramite la complicità del suo aiutante di campo che faceva il doppio gioco, in una località a ridosso di Ancona (alcune fonti parlano in modo improprio anche di Osimo) che fallì all’ultimo momento. Contrario all’azione di Garibaldi era anche Manfredo Fanti, capo dell’esercito dell’Italia Centrale che agiva su ordini di Cavour. Lo sventato pericolo di un intervento negli Stati del Papa da parte del partito progressista, non fece abbassare la guardia ai moderati che, nel prosieguo, orientarono Garibaldi ad altre imprese, tra cui quella di portare la rivoluzione nel meridione d’Italia, sull’esempio di Pisacane. In molti speravano a Torino che Garibaldi facesse la stessa fine di Pisacane, ma questa volta le cose andarono diversamente. Era la spedizione dei Mille che portò Garibaldi, il 7 settembre 1860 ad entrare a Napoli. La sua intenzione era quella di marciare su Roma. Occorreva fermarlo. Cavour non trovò altra soluzione che proporre a Napoleone III di scendere nella bassa Italia con l’esercito sardo e bloccare le iniziative garibaldine Roma non si doveva toccare, ma le Marche e l’Umbria si. Questo era il grande equivoco in cui cadde la diplomazia pontificia.

IL 31 agosto fu una giornata particolare. Ad Osimo in una riunione di possidenti, presente il Delegato Apostolico Randi, si cercava di valutare la situazione, con le preoccupazioni di un futuro incerto, con una vendemmia da fare; nessuno immaginava quelle che in pochi giorni sarebbe successo. Nello stesso giorno Farini e Cialdini, furono mandati a Chambery da Cavour per illustrare la situazione a Napoleone III, e a chiedere il tacito assenso di invadere le Marche e l’Umbria per scendere a fermare Garibaldi. L’assenso fu concesso. Per Osimo iniziava un conto alla rovescia che l’avrebbe portata a cambiare radicalmente il suo assetto economico-sociale, ad iniziare, con l’applicazione delle leggi Siccardi sugli Ordini religiosi, e per molte famiglie, fino ad allora floride e potenti, un inizio di decadenza e oblio che è ben rappresentato oggi dallo stato di abbandono dei due principali palazzi signorili che si affacciano sulla Piazza principale di fronte al Municipio. Un montacarichi in ferro arruginito troneggia da oltre 25 anni, che si potrebbe ormai catalogare come esempio del secolo scorso di archeologia industriale, rammenta come quei giorni del settembre 1860 cambiarono ogni cosa. (continua)

giovedì 10 luglio 2025

Carlo Pellion di Persano. La Presa di Ancona. Diario privato e politico-militare 1860

 


Saggio introduttivo ( Pag. XXII di Enzo Ferrante)

 

Dopo la presentazione della figura e dell'opera dell'ammiraglio Carlo Pellion di Persano tra il 1860 ed il 1866, offertaci in termini essenziali dall'ambasciatore Gaja, è opportuno avvicinar-si al testo persanico del Diario privato politico-militare con un approccio storico-analitico.

 

Il Diario vede la luce per la prima volta in quattro distinti vo-lumetti tra il 1869 ed il 1871¹ e quindi, da un punto di vista temporale, nel quadro della bibliografia dell'ammiraglio si colloca tra i suoi scritti di carattere storico-critico sulla campagna navale del 1866, cioè tra i Fatti di Lissa (1866) e L'ammiraglio Carlo di Per-sano nella campagna navale dell'anno 1866. Schiarimenti e documenti (1872). In una pausa dunque del personale sforzo ermeneutico volto al chiarimento delle complesse e controverse vicende navali del Sessantasei di cui era stato protagonista, l'am-miraglio si volge alla rievocazione di una pagina felice della sua lunga carriera in Marina, il cui fine apertamente dichiarato con una comprensibile amarezza, soprattutto nella prefazione della seconda parte dell'opera, è quello di far conoscere come abbia servito il Paese e qual ricompensa n'abbia toccata. Due anni do-po la condanna di fronte al Senato del Regno costituitosi in Alta Corte di Giustizia, il Persano infatti sta ancora combattendo la sua battaglia polemica contro i suoi feroci ed implacabili detrattori; l'epistolario dell'ammiraglio ci permette di mettere meglio a fuoco quali siano le motivazioni di fondo che lo spingono an-cora a scrivere, tra urgenze contingenti e finalità d'ordine più generale, uscendo dal suo abituale riserbo perché, com'egli stesso si esprime, mi par tempo ormai [sic] di sostituire la nuda ma irresistibile eloquenza dei fatti alla vuota e sofisticata rettorica delle passioni.

Carlo Pellion di Persano. La Presa di Ancona. Diario privato e politico-militare 1860, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 19191

Il Commento al presente volume è susul Canale You Tube: Indirizzo Massimo Coltrinari  in data 23 giugno 2025


venerdì 20 giugno 2025

Tesi di Laurea Gabriele Riccioni L’assedio cristiano cattolico, cristiano ortodosso e musulmano di Ancona del 1799 Premessa

 Master in “Storia militare contemporanea 1796-1960”

L’assedio cristiano cattolico, cristiano ortodosso e musulmano di Ancona del 1799

 ANNO ACCADEMICO 2022/2023

 Alle mie passioni, ai miei valori, a me.


“I francesi trionfavano facilmente contro le insurrezioni parziali di piccole popolazioni sprovvedute di armi, di capi e di ogni altro presidio; ma non potevano domare e molto meno sopprimere lo spirito dell’insurrezione. Nell’Italia, allora assai più religiosa di adesso, l’odio contro le inumanità e le empietà della rivoluzione aveva preceduto l’arrivo delle armate repubblicane; i sacrilegi, gli spogli e le violenze degli attuali governi satelliti della Francia avevano ingrandito l’odio; e l’ira universale non era più tenuta in freno dalla paura, attese le continue vittorie che si andavano raccontando delle armi austriache e delle potenze alleate.”

 

Monaldo Leopardi


PREMESSA

 

 

Quando scelsi di frequentare il Master di I livello in “Storia Militare Contemporanea 1796-1960” all’Università Niccolò Cusano, l’impulso dominante fu quello di voler approfondire dal punto di vista militare gli avvenimenti di maggior rilievo nella storia italiana ed europea degli ultimi due secoli, e di voler in generale accrescere le mie conoscenze storiche, politiche e geografiche di un arco temporale che vede nel continente europeo la formazione degli Stati moderni ed in particolare la nascita dell’Italia unita, così come appare oggi. È per me fonte di spiccato interesse infatti il processo tanto socialmente complesso quanto politicamente articolato che ha portato la penisola italiana a divenire un’unica entità statuale. Credo ci sia molto da conoscere ancora e da approfondire sulle dinamiche politiche e sociali e sulle radici dei processi che hanno accompagnato lo sviluppo dell’idea di unità nazionale, ancor prima che il Risorgimento ebbe inizio. Bisogna partire almeno dall’età napoleonica per percepire come si siano formati i valori nazionalisti non solo sul territorio italiano ma anche in molte aree del vecchio continente, ed il bisogno per le popolazioni italiche di essere indipendenti da entità esterne che nel corso dei secoli precedenti hanno occupato la penisola militarmente, politicamente o meno direttamente guidato le scelte di regnanti locali dalle quali essi dipendevano per soggezione. Iniziando a frequentare il master, le lezioni mi hanno poi dato l’opportunità di approfondire alcune di queste dinamiche che si sono sviluppate tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, proprio nella mia terra d’origine, le Marche. Ho percepito che non è ancora sufficientemente nota la parte importantissima che hanno avuto le Marche, poste nel cuore dell’antico dominio pontificio, nella meravigliosa opera del risorgimento nazionale, soprattutto nel periodo preparatorio che è altrettanto interessante e degno di approfondimento[1]. Ed è proprio su questi limiti di spazio e di tempo in cui ho deciso di concentrarmi per lo sviluppo di questa mia ricerca, che si focalizza in particolare sull’assedio della città di Ancona nel 1799, portato da truppe di una coalizione che ha visto collaborare cristiano ortodossi russi, insieme a cristiani cattolici austriaci, e persino musulmani turchi al fine di arrestare le idee rivoluzionarie francesi che rappresentavano l’arrivo del “nuovo”. Ho strutturato questa tesi dividendola in quattro capitoli, tracciando un percorso che inizia dando un inquadramento geografico e descrivendo il quadro della situazione italiana alla fine del Settecento, per poi introdurre alcuni protagonisti dell’assedio di Ancona, descrivendo le vicende dell’evento storico anche quantificando in termini di uomini secondo quanto citato nelle fonti. La tesi termina poi con la capitolazione, tracciando alcune conclusioni e personali osservazioni. Le conclusioni citate non hanno di certo la velleità di essere esaustive, data la potenziale vastità delle ipotesi sostenibili, ma si tratta in definitiva della mia personale interpretazione di quanto accaduto. I versi che ho citato nella prima pagina di questa tesi appartengono allo scrittore Monaldo Leopardi, padre del celebre poeta marchigiano Giacomo. Il conte recanatese, vissuto tra il 1776 ed il 1847, è tra gli scrittori contemporanei più sollecitanti. Monaldo Leopardi era molto diffidente nei confronti dei gruppi di insorgenti, ed in una delle sue pagine scritte durante il periodo repubblicano distingueva tra il fenomeno dell’insorgenza, che si presentava spesso frantumato in episodi locali senza collegamenti, e lo spirito unitario e profondo che muoveva la popolazione riconducibile alla sua religiosità: “I francesi trionfavano facilmente contro le insurrezioni parziali di piccole popolazione sprovvedute di armi, di capi e di ogni altro presidio; ma non potevano domare e molto meno sopprimere lo spirito dell’insurrezione. Nell’Italia, allora assai più religiosa di adesso, l’odio contro le inumanità e le empietà della rivoluzione aveva preceduto l’arrivo delle armate repubblicane; i sacrilegi, gli spogli e le violenze degli attuali governi satelliti della Francia avevano ingrandito l’odio; e l’ira universale non era più tenuta in freno dalla paura, attese le continue vittorie che si andavano raccontando delle armi austriache e delle potenze alleate”[2].

La Tesi è presso il CESVAM Centro Studi sul Valore Militare Emeroteca

info:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org 

martedì 10 giugno 2025

Rivista QUADERNI N. 1 del 2025 Gennaio Marzo 2025

 


Nota redazionale: (massimo coltrinari, direttore)

Numero dedicato nelle sue pagine di apertura, dopo l’Editoriale del Presidente Magnani  alla Comunicazione del Nastro Azzurro, alla giornata della Donna che cade, come noto, ogni anno l’8 marzo. Si riporta i contributi e la cronaca della consegna dell’Emblema Araldico alla Signora Giovanna Paolone Piermanni, consorte della Medaglia d’Oro al Valore Militare “alla memoria” Sergio Piermanni. A sottolineare questo momento la copertina riporta la scultura “”Le Pagine del Coraggio” scultura predisposta per l’occasione, mentre la IV di copertina è ancora dedicata ad una donna ed ad un suo volume. Questo dopo aver dedicato spazio alla Giornata della Memoria ( 27 Gennaio)

Nella parte “Il mondo da cui veniamo: la Memoria”, Giorgio Madeddu, nel quadro delle ricerche dedicate alla Storia dell’Istituto del Nastro Azzurro, con ampia iconografia, riporta la cronaca della inaugurazione della Via dei Fori Imperiali a Roma nel quadro della Adunata dei Decorati al Valore Militare (28 ottobre 1933); segue in Dibattiti, Manuel Vignola che tratta dell’uso della Medaglia d’Oro come strumento diplomatico e non come ricompensa per atti eroici individuali: quindi, sempre in Dibattiti, Roberto Allegro, ricostruisce la Battaglia di Mortara del 18489, sulla base della sua tesi discussa al Master di Storia Militare Contemporanea. In Archivio, Alessia Biasiolo ci propone uno dei misteri più fitti della fine della guerra, l’Oro di Dongo. Ancora Giorgio Madeddu, dalla Sardegna, ci manda una nota sui 110 anni di esistenza della leggendaria Brigata “Sassari”, come dovuto omaggio a questa Unità delle nostre Forze Armate pregna di valore e tradizioni.

Nella Parte “Il Mondo in cui viviamo: la realtà d’oggi” tutti articoli hanno alla base la Tesi di Master discussa dagli Autori al Master di “Terrorismo e Antiterrorismo internazionale. Andrea Rota, ci parla delle fonti aperte al servizio della sicurezza del paese, Mirko Leone del “ Virtual Human Intelligence”, e Guido Andrea Caironi di un particolare aspetto aeronautico in ambito Guerra Fredda.

Le tradizionali rubriche completano questo numero

Infine, una annotazione sula politica di distribuzione della Rivista “QUADERNI”: l’Indirizzario da questo numero è organizzato su chi ne ha fatto richiesta orale o scritta e chi è impegnato nelle ricerche CESVAM, con le dovute eccezioni; vengono tolti tutti quei indirizzi che erano stati adottati per far conoscere le attività del CESVAM e quindi dell’Istituto del Nastro Azzurro. Sono anche aggiornati le condizioni di abbonamento, come pubblicato in ultima pagina. Decadono tutte le condizioni degli anni precedenti.

 

I di Copertina: Scultura “Le Pagine del Coraggio” della scultrice Paola Grizi, donata al Comune di Potenza Picena in occasione della Giornata della Donna 2025 nel quadro della consegna dell’Emblema Araldico conferito alla MOVM “Alla Memoria” Maresciallo Capo dell’Arma dei Carabinieri Sergio Piermanni alla Sig.ra Giovanna Paolone Piermanni,

IV di Copertina Monica Apostoli, Il Genio “Telegrafisti” nella Grande Guerra. 3° e 7° Reggimento Genio, Roma, Istituto del Nastro Azzurro Centro Studi sul Valore Militare, 2023

Il presente numero è stato chiuso in tipografia il 28 marzo 2025