lunedì 21 ottobre 2013
Errata Corrige
Nel post precedente era stato erroneamente scritta la parola "Piani", con evidente allusione ad espressioni vegetali. Ce ne scusiamo.
sabato 19 ottobre 2013
Piani Operativi del 1860
Si inizia a pubblicare, nel quadro della introduzione al volume " Cialdini era in Osimo Riflessioni tecnico-tattiche sugli eventi del settembre 1860 nelle Marche", di prossima pubblicazione, nel quadro degli approfondimenti della cattedra di Storia Militare all'ISSMI da oggi si inizia ad inserire in blog post relativi ai piani delle parti in causa, Regno di Sardegna e Stato Pontificio. I commenti e le indicazioni, cordialmente richiesti, concorreranno ad un ulteriore affinamento della suddetta pubblicazione e della preparazione degli interventi di Cattedra.
1859: Piano Operativo Sardo contro l'Austria
Le predisposizioni del regno di Sardegna. Il contributi di Manfredo Fanti
Si ritiene utile, per comprendere i
piani che hanno dato corso agli avvenimenti nelle Marche del 1860, iniziare,
seppur a sommi capi, a rendersi edotti sul quadro generale della situazione
generale, dal punto di vista operativo in Italia determinatesi a seguito del
formarsi delle alleanze nel biennio 1859
e 1860. La Francia, grande potenza, voleva limitare l’influenza dell’Austria in
Italia e creare un Regno in Italia abbastanza forte che, nella sua sfera di
influenza, limitasse il predominio austriaco.
La guerra scoppiò il 26 aprile 1859 tra l’Austria e il Regno di Sardegna
a seguito dell’ultimatum, prontamente respinto, avanzato dall’Austria al Regno di Sardegna per un disarmo immediato.
L’Austria era l’attaccante e quindi scattavano così le clausole in vigore con
la Francia sottoscritte a Plombiers. Il Regno di Sardegna non aveva un piano
preciso operativo: doveva solamente assumere una funzione statica ed attendere
una quindicina di giorni in attesa dell’arivo delle forze francesi; si
appoggiava al progetto di mobilitazione redatto dal maggiore di stato maggiore
Govone che prevedeva di organizzare
contemporaneamente a bando di chiamata delle classi i depositi per ogni corpo
collegati ai magazzini d’armi e di vestiario. Da questa mobilitazione il quadro
di battaglia dell’esercito sardo era così costituito:
-
Comandante.
Il re Vittorio Emanuele II
-
Capo
di S.M.: gen. Morozzo della Rocca
-
1a
Divisione (gen. Castelborgo)
-
2a
Divisione (gen. Fanti)
-
3a
Divisione (gen. Durando)
-
4a
Divisione (gen. Cialdini )
-
5°
Divisone (gen.Cucchiari)
-
Divisione
di cavalleria: (gen. Sambuy)
Ogni divisione era composta da 2
brigate di Fanteria,3 battaglioni Bersaglieri, 1 reggimento di Cavalleria, 3
batterie di Artiglieria, 1 compagnia Genio. In totale, 56.000 uomini e 4000
cavalli
La consistenza delle forze francesi era notevole. La sua
costituzione era la seguente
-
Comandante.
Napoleone III
-
Capo
di S.M.: maresciallo Vaillant
-
I
Corpo d’Armata (Baraguay d’Hilliers) con 3 divisioni di Fanteria e 1 di
Cavalleria
-
II
Corpo d’Armata (Mac Mahon) con 2 divisioni di Fanteria e 1 brigata di Cavalleria
-
III
Corpo d’Armata (Canrobert) con 3 divisioni di Fanteria e 1 brigata di
Cavalleria
-
IV
Corpo d’Armata (Neil) con 3 divisioni di Fanteria e 1 brigata di Cavalleria
-
V
Corpo d’Armata (principe Girolamo) con 3 divisioni di Fanteria e 1 brigata di
Cavalleria
-
Guardia
Imperiale (Regnault de Saint-Jean d’Angely), 1 Divisone di Cavalleria.
Ogni divisione aveva 2 Brigate di Fanteria, 1 battaglione
Cacciatori, 2 batterie di Artiglieria, 1 Compagnia Genio.
In totale 140.000 uomini
ed 11.000 cavalli
La consistenza delle forze austriache non era da meno:
Comandante. Feldmaresciallo Giulay
di Moros
-
Capo
di S.M.: col. Kuhn
-
II
Corpo d’Armata (Liechtenstein)
-
III
Corpo d’Armata (Schwarzenberg)
-
V
Corpo d’Armata (Stadiont)
-
VII
Corpo d’Armata (Zobel)
-
VIII
Corpo d’Armata (Benedeck)
-
1a
Divisione di Riserva (Mensdorff)
-
Riserva
di Artiglieria 14 batterie
Ciascun Corpo d’Armata si componeva di due divisioni di
Fanteria, di un reggimento (o mezzo) di Cavalleria e di 1 riserva di
Artiglieria. Ogni divisione aveva 2 o 3 brigate di Fanteria ed ogni brigata 1
reggimento di Fanteria, un battaglione di Cacciatori e una riserva di
Artiglieria.
In totale 150.000 uomini e 15.000 cavalli con in più 70.000
uomini delle varie guarnigioni delle Piazzeforti.
Può apparire sconcertante, ma
l’Esercito Sardo entrò in campagna il 26 aprile 1859 senza un piano
operativo predisposto. Si preferì affidarsi allo svolgersi delle operazioni sul
terreno adottando una condotta condizionata dalle azioni del nemico.
Interessate notare che Manfredo Fanti aveva fatto giungere allo Stato Maggiore
Sardo un piano strategico[1]
ben articolato e circonstanziato. Un “piano
strategico completo,organico, veramente efficiente che era stato concepito,
studiato, ponderato ed analizzato in ogni dettaglio dal Fanti, che non lasciava
nulla alla improvvisazione o alla fortuna e che avrebbe potuto dare subito
serie preoccupazioni agli austriaci,” [2]
che non fu adottato affidandosi alla buona sorte. Del resto anche il piano di radunata delle forze sarde non vi
era un piano organico.[3]
Tutto questo sta a significare che l’esercito sardo anziché adottare
l’iniziativa contro gli Austriaci, mettendoli in difficoltà, si ridusse alla
funzione statica di aspettare l’arrivo dei francesi, affidando a loro nella
sostanza la conduzione della guerra e, quindi, assumendo un ruolo subalterno.
La campagna del 1859 iniziava, quindi, con molto entusiasmo, aperta a molte
speranze ma priva di un concetto operativo militarmente efficiente.
L’adozione del piano proposto da Manfredo Fanti, invece di
averlo confinato in un cassetto, avrebbe sicuramente dato un profilo, anche
politico, alla azione del Regno di Sardegna, che si sarebbe presentato sulla
scena internazionale non come semplice beneficiario dell’azione francese ma
anche come protagonista.
Questo Piano aveva come concetto fondamentale che le truppe
sarde, all’inizio della campagna, avrebbero dovuto trattenere gli Austriaci con
azioni di arresto temporaneo e reazioi dinamice il tempo utile per far affluire
le truppe frances; evitare sempr euna battaglia cmapale e avvolgere o svogere
azioni locali sui fianchi delo grosso austriaco. Fermo restanto che i francesi
sarebbero giunti sia via Mare, Genova, si attraverso le Alpi, avrebbero
costretto Austriaci a ritirarsi fino
all’Oglio. Il congiungimento di Sardi e Francesi, per Fanti, si sarebbe attuato
nei dintorni di Guastalla, costringendo il nimeico a ritirarsi oltre il Mincio.
Francesi e sardi avrebbero preso l’iniziativa di marciare verso i colli
Euganei, per tagliare le comunicazioni tra Verona e Venezia; intanto la flotta
fracnese avrebbe posto il blocco. Gli Austriaci, sviluppatesi questa tenaglia,
non avrebbero altra possibilità che una resa oppure combattere una battaglia
già persa in partenza.
Molto spazio in questo piano era dedicato all’uso tattico
delle ferrovie, all’uso delle comunicazioni e a quello, molto innovativo per
l’epoca, delle formazioni partigiane, o di volontari.
L’importanza di aver un piano già studiato ed elaborato
precedentemente, frutto della esperienza, è una buona base per ulteriori
iniziative. La guerra contro l’Austria era sempre possibile e tutto il piano di
invasione delle Marche e dell’Umbria è basato su questo concetto. Il vero
nemico rimaneva sempre e comunque l’Austria che, come nel 1849, poteva scendere
in campo a difesa del papa e di Roma. Fanti ha sempre un pensiero guida: quello
di controllare da vicino le mosse dell’esercito Austriaco; anche se tutte le
informazioni confermano che in quell’inizio di settembre non vi è alcun ordine
di mobilitazione, Fanti imposta il piano di invasione con una premessa
fondamentale. I due/terzi dell’Esercito sardo deve essere schierato in
Lombardia Dei 200 mila uomini che compongono l’Esercito regio, 150 mila devono
fronteggiare gli Austriaci. L’altro presupposto e che, in caso di attacco
austriaco, la Francia come l’anno prima, sarebbe scesa a difendere il Regno di
Sardegna, essendo ancora in vigore gli accordi di Plombiers. Il Regno di
Sardegna quindi poteva correre rischi calcolati. Il piano di invasione
prevedeva che la gran massa delle forze sarde fronteggiasse l’Austria, ed il
rimanente terzo poteva operare contro le forze Pontificie. In caso di attacco pontificio le masse affidate a Morozzo della Rocca,
operante in Umbria, e Cialdini, operante nelle Marche non sarebbero state perse
o abbandonate a se stesse. Quelle di Morozzo della Rocca, il V Corpo,
richiamate in Emilia dovevano andare a rafforzare le forze ivi esistenti;
quella del Cialdini, IV Corpo, avrebbe dovuto ritornare sui propri passi lungo
la litoranea adriatica e raggiungere la
Romagna, ed avrebbe rinforzato il fronte sud, sulla linea del PO, pronto ad
ogni iniziativa offensiva. Era evidente che, con un intervento austriaco, le
operazioni nello Stato pontificio sarebbero state secondarie.
Fanti, quindi, forte della esperienza del 1859, collega il
piano del 1859 con la situazione attuale. L’intervento austriaco, in cui
speravano ardentemente i Pontificio, dato per certo dall’ambasciatore austriaco
a Roma , Hubner,
non poteva essere una sorpresa; se fosse accaduto tutto era pianificato da
parte sarda per fronteggiarlo.
[1] Il piano strategico porta il titolo di “Pensieri
sul modo di combattere in Italia una guerra contro l’Austria essendo il
Piemonte alleato colla Francia”. Lo si pubblicherà in un successivo post come documento
in modo integrale, in quanto, come si vedrà, rappresenta il riferimento
dottrinale dell’azione del Fanti quando sarà al comando delle forze di invasione
nel settembre 1860.
[2]Bogliari F, Traversi C., Manfredo Fanti, Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore
dell’Esercito, Ufficio
Storico, 1980, pag 83
[3] La base dottrinale era un progetto del 1851 della
Commissione Difesa e dello Stato Maggiore dell’esercito; una memoria
topografica del 25 aprile 1853, redatta in francese dal colonnello di Stato Maggiore
Giustiniani; delle considerazioni strategiche del maggiore di Stato Maggiore
Federici sulla difesa del Piemonte verso la frontiera orientale; di una nota
francese dal titolo “Note sur les dispositions à prendre pour assurer en cas de guerre la
jonction de l’armèe fraçaise avec l’armée sarde.” Cfr. Bogliari F, Traversi
C., Manfredo Fanti, cit. pag 80
giovedì 3 ottobre 2013
Principe Paolo Borghese. Biografia
Nacque a Roma da illustre famiglia di Siena residente nell'Urbe il 13 settembre 1845 dal principe Marc'Antonio discendente dal grande pontefice Paolo V. Assieme a tanti nobili fedeli del papato prestò servizio nel battaglione Volontari romani nel 1867 e nel 1870. Altri due fratelli fecero parte in quel periodo delle forze armate pontificie: il principe don Francesco Borghese (1847-1926) anch'esso Volontario pontificio, il principe don Giulio Borghese (1847-1914) sottotenente dei Dragoni Pontifici. Si spense a Venezia il 18 novembre 1920. Era insignito di diverse onorificenze pontificie e della medaglia Fidei et Virtute
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Foto da insierire |
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